Inediti progetti enologici alle pendici del vesuvio grazie a casa setaro

21/03/2023

Il primo progetto assoluto di zonazione vitivinicola sul Vesuvio nasce qui. A Casa Setaro, nel più piccolo borgo vesuviano: quattordici ettari vitati sulle pendici del vulcano più famoso al mondo, con le vigne a piede franco che si fanno strada tra la pietra lavica e i lapilli a un’altitudine compresa tra i 150 e i 400 metri s.l.m.

Qui inizia il racconto della famiglia Setaro che, da generazioni, si dedica alla viticoltura. E se di certo far vino autentico non è mera questione di calcoli, è pur vero che i numeri aiutano a raccontare le storie. In questo caso, aiutano anche a raccontare quello che il disciplinare non consente, come la menzione geografica dove prende vita un grande vino: “Contradae 61-37” è infatti il nome del primo Cru vesuviano, prodotto da un progetto meticoloso che vuole valorizzare le potenzialità del vulcano e dei suoi vitigni autoctoni. E così che, ricorrendo alla smorfia napoletana, 61 è il Bosco e 37 il Monaco, stanno a tradurre “Bosco del Monaco”, il nome della contrada dove viene custodito un vigneto prezioso, che già il padre di Massimo, “Don Vincenzo”, vedeva ottimale per i vini bianchi.

Nel 2019, la prima annata è stata imbottigliata da Massimo Setaro che, insieme alla moglie MariaRosaria, ha creato una nuova cantina a partire dal 2004, scavando dapprima sotto l’abitazione di famiglia. Ora, quasi pronta sia per ampliare il progetto di affinamento, sia per le degustazioni e menù di wine pairing, Casa Setaro sta per inaugurare una struttura moderna, situata proprio sotto il Vesuvio: attraverso un accurato restauro all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio, prende forma un progetto di accoglienza enoturistica di alta qualità.

Alla base di tutto, c’è sempre la volontà di preservare un territorio, i suoi vitigni a rischio di estinzione, a cominciare dal Caprettone, di cui Massimo è stato il primo a vinificare con Metodo Classico, nel “Pietrafumante”.

Il tutto con un piglio contemporaneo e di studio che si riflette tanto nelle interpretazioni identitarie delle denominazioni locali – dal Lacryma Christi del Vesuvio Doc nella linea “Munazei” fino al Piedirosso “Fuocoallegro” e al Caprettone “Aryete” affinati in anfora – che nella scelta di lavorare in biologico, salvaguardando la biodiversità, in qualche modo parte dell’eredità “naturale” della famiglia Setaro, con un occhio sempre aperto verso il futuro.