VIII Rapporto sul Turismo del Vino - 2010 - Fabio Taiti - Censis Servizi

10/06/2020

1.     Se la prima parte del Rapporto era tutta orientata all’analisi della domanda, la seconda è stata finalizzata a capire quale fosse il “sentiment” e quali le prospettive del turismo del vino da parte dei territori che ne beneficiano.

2.     Volendo sintetizzare quelle che sono le risultanze della ricerca – tra percezioni, azioni e scenari – vanno sottolineati cinque aspetti (milestone):

·        – i sindaci dei comuni a vocazione enoica percepiscono che lo sviluppo del turismo legato al vino assumerà un’importanza sempre crescente per l’economia del loro territorio. Oggi – tra i comuni a bassa capacità attrattiva del turismo lungo gli assi tradizionali del sole, dell’arte, delle terme, della montagna – il turismo enogastronomico (compresi gli escursionisti) rappresenta quasi un terzo (con punte dell’80%-90%) del movimento complessivo, con tendenza alla crescita;

·       le risorse poste in gioco, appaiono di ridotte dimensioni, mediamente 25.000 euro annui, destinate prevalentemente al sostegno di eventi, di sagre e marginalmente all’irrobustimento delle infrastrutture;

·        – la sensibilità ambientalista-paesaggistica sembra orientare le amministrazioni locali con azioni di ripensamento degli strumenti urbanistici tesi a valorizzare territori e paesaggi in sintonia con le esigenze dei turisti, attenti certo al prodotto ma ancora di più alle quinte del patrimonio vitivinicolo;

·       – la focalizzazione sul “prodotto-vino” come elemento di forza e di competitività del proprio territorio sembra far emergere un approccio ancora elementare alle logiche ed alla cultura del marketing: l’evidenza che per attrarre segmenti di mercato del turismo enogastronomico sia indispensabile essere dotati di un buon prodotto di base (tra l’altro annoverabile come un bene fungibile), palesa un ritardo anche operativo sulla determinazione di progredire su altri fattori certamente più significanti per la domanda potenziale: la gastronomia, l’offerta di identità e di racconto, la capacità di offrire leisure, vale a dire “altre” occasioni di tempo libero;

·       – la sottovalutazione dei nuovi modelli di comunicazione appare come un fattore di rischio, da scongiurare il più rapidamente possibile. Per attrarre i nuovi consumatori è indispensabile oggi rinnovare il linguaggio ed i canali attraverso i quali comunicare. Restare ancorati alla sola comunicazione tradizionale può rappresentare un fardello pregiudizievole per gli anni a venire (come comunicare con i giovani che dovrebbero essere consumatori di domani, se non con web?).

3.     Lo sviluppo lineare e diffusivo dei microsegmenti ha contrassegnato il modello d’offerta “italiano” del turismo del vino: le strade piuttosto che i distretti o subregioni. Come spesso accade nel nostro Paese quello che nasceva da una giusta spinta locale, sollecitata dai successi di altri Paesi europei, si è lentamente ma progressivamente trasformato in un processo di tendenza consensuale al quale risultava difficile resistere.
Se non questo cosa può spiegare che in Italia esistano formalmente oltre 150 strade del vino (in Francia solo 12)? La costruzione di minipercorsi, di improbabili itinerari contrassegnati al più da una confusa segnaletica, ha percorso le regioni – anche in termini amministrativi – ed i territori. Dal 2008 al 2010 il numero delle strade è passato da 128 a 154 con un processo incrementale che molto probabilmente non crea valore ma confusione.
È certo vero che il panorama d’offerta è ampio nel virtuale e più ridotto nel concreto: molte strade esistono disegnate sulla carta, altre solo sul web, altre ancora nelle sole leggi regionali. Ma la traiettoria di questo processo di micronizzazione diffusiva sembra tutt’altro che compiuta.

4.     Su 154 strade 40 non hanno alcuno strumento di comunicazione internet (e quindi irraggiungibili dagli enonaviganti) e sulle 114 raggiunte da una mail (con richiesta di assistenza secondo la tecnica del mistery client) solo 45 hanno risposto in un arco di tempo ragionevole per poter organizzare una “gita a carattere enogastronomico”.
Anche per il turismo enogastronomico forse è giunto il tempo di capire a fondo le nuove logiche della domanda di tempo libero e i nuovi orientamenti delle strategie di competitività tra tematismi e destinazioni emergenti.