Cosa rende unico il Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese? E qual è la direzione intrapresa dai produttori, negli ultimi anni, nei confronti di un vitigno così potente, elegante e poliedrico? Questi i temi dell’evento "Talk ’n’ Toast – Conversazioni sul Pinot Nero: terroir a confronto dalla Borgogna all’Oltrepò”, organizzato ieri presso DaDa in Taverna a Milano, dove si è parlato dei terroir e delle caratteristiche di queste due grandi aree, da sempre vocate alla produzione di Pinot Nero.
In Oltrepò il Pinot Nero riesce, storicamente, ad esprimere con successo le sue due anime, quella importante e pregiata della vinificazione in rosso e quella della raffinata bollicina Metodo Classico: merito delle caratteristiche del suolo e del suo clima particolare, oltre che della capacità e dell’intraprendenza dei viticoltori e delle cantine – soprattutto a conduzione familiare – che guardano al futuro, ispirandosi certamente anche al mito della Borgogna, e continuando ad investire nella sperimentazione, nella sostenibilità e nella ricerca per delineare sempre più l’identità dei loro prodotti in modo che sappiano conquistare gli appassionati, esaltando tutte le caratteristiche del territorio e con un’impronta sempre più internazionale.
L’evento ha consentito di scoprire nuove sfumature attraverso la narrazione dei due terroir, in un interessante confronto tra Armando Castagno, critico e autore del libro “Le vigne della Côte d’Or” sulla Borgogna, e Filippo Bartolotta, da oltre vent’anni comunicatore del vino italiano nel mondo.
“Questi produttori stanno dimostrando che è arrivato il momento di prendersi onore e onere nell’annunciare di essere il più importante distretto del Pinot Nero in Italia. Tremila ettari di questa uva straordinaria coltivata in un terroir definito storicamente e geograficamente in modo inequivocabile: un triangolo equilatero con la base costituita dal Po e dalla via Emilia che sale a sud fino a 1700 metri. Un cuneo, nel lembo nord più estremo degli Appennini, confinante ad ovest con il Piemonte e ad Est con l’Emilia Romagna, con la Liguria che a piedi si può raggiungere attraverso la bellissima via del sale. Viticoltura di montagna con pendenze che toccano anche i 45 gradi lasciando che la vista rimanga ingannata come se fossero della stessa verticalità di un muro di un edificio. Decine di colline che sembrano le quinte di un teatro cinese. Qui il Pinot Nero ha trovato i suoi natali verso la metà dell’800 e, nel 1965, nasce il primo metodo classico italiano grazie al lavoro del Conte Vistarino e dell’imprenditore Carlo Gancia. una storia costruita da una collettività che adesso ha deciso di crederci un po’ di più e di rivelare con più decisione il lavoro svolto in questi ultimi anni”, spiega Filippo Bartolotta.
" La rivelazione dell’eccezionalità di un terroir non è un evento così anomalo: è la norma, nella storia delle zone classiche del vino mondiale, e anche l’Italia stessa ha fornito nel recente passato esempi clamorosi. Il senso del terroir, in definitiva, è del resto proprio questo: la sua definizione territoriale è il conseguimento che arriva al culmine – non al termine – di un percorso di conoscenza che la comunità umana intraprende sulle interazioni reciproche tra vari elementi del proprio ambiente”, racconta Armando Castagno. “ L’azione dell’uomo sul paesaggio, della geologia sul vitigno, dell’uomo sul vitigno, la condivisione del sapere tecnico in viticoltura ed enologia, sono elementi fondanti del terroir. Io credo che i vignaioli dell’Oltrepò, che da quasi due secoli lavorano con il Pinot Nero inseguendone i talenti straordinari – resi in declinazioni diverse – stiano marciando tutti insieme, con una coesione che è condizione fondamentale, lungo questo percorso di conoscenza. Che non sarà breve, beninteso, ma che nel suo snodo, in ogni caso, avrà rivelato qualcosa che non si conosce ancora del tutto, e sarà stato quindi preziosissimo. Ritengo che la parola che dovrà scandire questo itinerario sia “rigore": a livello associativo, di viticoltura, di produzione, di disciplinare, di comunicazione, di sostenibilità economica; in sostanza a tutti i livelli. Un rigore che fa rima, se mi passate il termine, con coerenza e con sobrietà, porta già di per sé reputazione e consenso, da critica e pubblico. Anche perché in questo caso, circostanza della quale siamo pressoché tutti convinti, è speso per conoscere e far conoscere i frutti di un territorio dalle potenzialità straordinarie ".
"Questa iniziativa fa seguito alla prima edizione di Oltrepò – Terra di Pinot Nero: un territorio, un vitigno, due eccellenze, che si è svolta con successo a settembre a Casteggio in Provincia di Pavia. L’interesse e il riscontro positivo ci confermano che la scelta fatta – di impegnarci in prima persona e di fare squadra, è quella giusta", sostengono i 23 produttori che hanno dato vita all’evento. "La promozione è importante se dà modo di raccontare tutto ciò che contribuisce a rendere unico un vino: il vitigno, il territorio, il clima, i viticoltori che lo producono con procedimenti innovativi ma in continuità con una storia che riporta alle tradizioni del luogo. Momenti come questi servono sia a noi produttori – per spronarci nell’alzare ulteriormente l’asticella qualitativa del prodotto – sia a chi deve raccontare il nostro vino, che di fatto diventa la nostra voce verso i consumatori ".
Al "talk" è seguito il "toast ", con la degustazione dei Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese e degli Oltrepò Pavese Metodo Classico delle 23 cantine partecipanti: Alessio Brandolini, Ballabio, Bruno Verdi, Cantina La Versa, Cantina Scuropasso, Castello di Cigognola, Conte Vistarino, Cordero San Giorgio, Finigeto, Frecciarossa, Giorgi, Giulio Fiamberti, La Genisia, La Piotta, La Travaglina, Manuelina, Marchesi Adorno, Monsupello, Montelio, Pietro Torti, Quaquarini, Tenuta Mazzolino, Travaglino.
“Nei calici del metodo classico si può riscontrare già una bella continuità espressiva. Nei Pinot in Rosso, nonostante qualche etichetta che da anni ormai riesce a raccontare l’Oltrepò con grande trasparenza, si percepisce che ci sono state collettivamente meno vendemmie sulle spalle. L’importante è che il viaggio ora è iniziato e tutti i produttori presenti sembrano avere la piena consapevolezza dei propri limiti e delle proprie risorse, sono sicuro che quest’anno si berrà più Pinot Nero dell’Oltrepò sulle nostre tavole di Natale”, conclude Bartolotta.
"Siamo molto soddisfatti dei numerosi commenti positivi e di essere riusciti a confrontarci su un territorio che ha ancora molto da raccontare", affermano i produttori. " Si tratta di un ulteriore passo verso il nostro obiettivo comune che è quello di impegnarci a fare sempre del nostro meglio per la crescita della reputazione di tutto l’Oltrepò in Italia e all’estero, con il Pinot Nero che diventa, per noi, un vino sempre più identitario".
Per scoprire la prossima edizione di “Oltrepò – terra di Pinot Nero” e per rivivere l’evento di settembre alla Tenuta Pegazzera: www.terradipinotnero.it.