Auguri alla Doc Parrina

05/05/2021

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1971 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

PARRINA

Disciplinare: DPR 11.08.1971 (G.U. 246 – 29.09.1971)

Regione: Toscana

Provincia: Grosseto

Enoregione: MAREMMA TOSCANA

Tipologie: Parrina Bianco, Parrina Rosato, Parrina Rosso (anche Riserva), Sangiovese (anche Riserva), Cabernet Sauvignon, Merlot, Vermentino, Chardonnay, Sauvignon e Vin Santo

Vitigni: Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Merlot, Vermentino, Chardonnay, Sauvignon

Cenni storici e/o geografici: La tradizione viticola di questo territorio la possiamo far risalire già al tempo degli Etruschi, i quali avevano appreso la tecnica della coltura della vite attraverso i loro contatti con le civiltà mediterranee dei fenici e dei greci, pratiche che vennero successivamente imparate e diffuse dai romani. Il vino della zona della Parrina, ed in particolare quello bianco, era conosciuto ed apprezzato soprattutto nel luogo d’origine, dove era consumato sfuso ed accompagnava con successo piatti a base di pesce tra i quali le anguille marinate ed affumicate, che venivano prodotte nella laguna di Orbetello. Il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata venne concesso nel 1971. Da questo momento in poi i vini della denominazione Parrina iniziano ad essere commercializzati e conosciuti in vari paesi d’Europa. Le uve devono essere prodotte nella zona di produzione che comprende parte del territorio comunale di Orbetello. Per la tipologia "Parrina" rosso riserva e “Parrina” Sangiovese riserva è obbligatorio l’invecchiamento di almeno 2 anni di cui almeno un anno in botti di legno e almeno tre mesi di affinamento in bottiglia.

 

Prodotto: CAPACCIA (O CAPOFREDDO O SOPPRESSATA TOSCANA) (PAT)

Descrizione:  Conosciuto in altre regioni come salame o coppa di testa, questo grosso insaccato, il cui diametro può superare i venti centimetri, viene preparato con testa e lingua del maiale, cotenne e ritagli vari – bolliti in acqua per un tempo variabile fra le due e le cinque ore, disossati e tagliati a tocchetti regolari – conditi con aromi e spezie varie (fra cui cannella e noce moscata, aglio, pepe, scorze di limone e arancia, a volte prezzemolo e peperoncino) e pressati dentro un involucro di pesante tela da sacchi, legato alle due estremità. Lasciato raffreddare in appositi locali per circa venti giorni, va consumato al massimo entro due settimane. Il sapore dell’impasto, gelatinoso e molto profumato, si esalta con il pane toscano e i funghi (cimballi e lardaioli) sott’olio.

 

Piatto: ZUPPA DI FARRO DELLA GARFAGNANA

Descrizione: Il Farro della Garfagnana (IGP) è coltivato da tempi immemorabili nell’omonima regione della provincia di Lucca compresa tra le Alpi Apuane e l’Appennino Tosco-Emiliano, dove è ingrediente di zuppe, torte salate o dolci, biscotti, paste alimentari secche (soprattutto tagliatelle) e anche del particolare Pane di patate della Garfagnana (o Pane garfagnino) (PAT e Presidio Slow Food). Il farro in chicchi, tenuto a bagno per qualche ora, cuoce per circa trenta minuti in un brodo preparato con un osso di prosciutto (precedentemente tenuto a bagno in acqua tiepida per due ore poi passato per qualche minuto in acqua bollente), pomodori, carote, sedano, timo e basilico. Si lascia intiepidire e si serve con olio extravergine, una macinata di pepe e pecorino grattugiato. Un’altra versione di questa ricetta – detta gran farro – prevede l’aggiunta di un passato di fagioli insaporito con soffritto di lardo e odori (cipolla, aglio, carota, sedano, maggiorana, salvia e rosmarino), noce moscata, cannella e chiodi di garofano.

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