Auguri al Nasco di Cagliari

31/03/2022

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1972 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

NASCO DI CAGLIARI  

Disciplinare: DPR 21.06.1972 (G.U. 220 – 24.08.1972)

Regione: Sardegna

Provincia/e: Cagliari, Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Oristano

Enoregione/i:SARDEGNA CENTRALE, COSTA CENTRO OCCIDENTALE, SULCIS E CAMPIDANO, CAGLIARITANO

Città del Vino: Comune di TerralbaComune di SerdianaComune di SelargiusComune di Sant’AntiocoComune di San Nicolò di Arcidano, Comune di SamugheoComune di NeoneliComune di Dolianova

Vitigno/i: Nasco

Tipologie: Nasco di Cagliari, Nasco di Cagliari Liquoroso, Nasco di Cagliari Riserva

Cenni storici e/o geografici: Tra i più vecchi e rinomati vini dell’Isola, ottenuto da un vitigno di grande pregio e rara finezza, il Nasco di Cagliari si produce da epoche remote in un’area oggi ricadente in tutto o in parte nelle province di Cagliari, Medio Campidano, Carbonia-Iglesias e Oristano. La zona di produzione è assai complessa e variegata dal punto di vista geologico, pedologico e degli ecosistemi correlati. Il nasco è fra i vitigni più anticamente coltivati in Sardegna. Ancora allevato in prevalenza con il classico alberello latino, la sua coltivazione è oggi prevalentemente diffusa nei terreni calcarei ed assolati situati nell’entroterra del litorale cagliaritano e nel Basso Sulcis. Il suo nome, che in origine era “Nascu”, deriverebbe a sua volta dal latino “Muscus” avente il significato di “muschio” e dal quale la parola vernacola sarda “Nuscu” sarebbe una corruzione. Tale tesi sarebbe confermata dal leggero aroma che gli esperti sentono nell’uva un po’ appassita ed anche dal profumo di fiori di prato appena sbocciati percepito dai degustatori del vino. Secondo i più noti autori l’origine del vino sarebbe ignota; si dovrebbe pertanto concludere che esso costituisce un ecotipo, cioè una varietà originatasi in loco in tempi remoti. Come tale, senza dubbio il Nasco si ritiene abbia dovuto seguire attraverso i secoli le alterne vicende della viticoltura sarda almeno dal tempo dei Giudicati (sec. XV) fino ai nostri giorni. Ed il vitigno omonimo doveva essere di certo abbondantemente presente nei vigneti sardi all’epoca della massima espansione viticola, toccata alla fine dell’Ottocento, se il Nasco era presente all’Esposizione Universale di Vienna del 1873 come valido rappresentante dei vini tipici della Sardegna e se lo troviamo citato nelle “Notes sur l’Industrie et le Commerce du vin en Italie” del 1889 della Societé Generale des Viticulteurs Italiens a Roma. Il vino può presentarsi con un elegantissimo e caldo colore di ambra e topazio, la consistenza spessa, i profumi straordinariamente intensi e avvolgenti di miele, frutta stramatura, datteri, fichi, arancia candita con finale di assolate essenze di macchia mediterranea e muschio. Al palato è denso, dolce e vellutato. Secondo lo studioso Sante Cettolini il Nasco di Cagliari ha il diritto di essere il re dei vini liquorosi nei quali il profumo, insito nel vitigno, è legato alle reazioni chimiche che avvengono fra i componenti del vino. Anche il Pettini, capocuoco di Vittorio Emanuele III, ebbe a dire: “Il Nasco è il vero, l’unico vino liquoroso per signore aristocratiche; il suo posto d’onore è nei ricevimenti di giorno e nei trattenimenti danzanti”.

 

Prodotto: S’ARANZADA (O ARANCIATA NUORESE O SU CUNFETTU) PAT

Descrizione: Antico e raffinato dolce della Gallura e del Nuorese, la cui produzione casalinga un tempo era legata a particolari ricorrenze come battesimi e cerimonie nuziali. Ancora oggi si dice che un buon matrimonio si riconosce dalla qualità de s’aranzada e a Balnei nell’Ogliastra, dove viene chiamato su cunfettu, è tradizione offrirlo in occasione dei matrimoni. Le scorzette delle arance, tagliate in julienne sottilissima e immerse in acqua per uno o più giorni cambiandola tre volte al giorno, sono affogate nel Miele di asfodelo (PAT) o di lavanda sciolto in una casseruola di rame o in uno sciroppo di zucchero e miele e lasciate cuocere per circa 30 minuti, avendo cura di rimestare in continuazione. Prima di togliere dal fuoco si aggiungono le mandorle intere pelate e tostate (scorze d’arancia e mandorle a volte vengono, invece, tritate). Si versa il tutto a 2 cm di spessore, cercando di pareggiare la superficie, su un piano oleato o in una teglia rivestita di carta stagnola e, quando diventa tiepido, si taglia a forma di piccoli rombi o tronchetti da decorare con sa trazea (minuscoli confettini di zucchero multicolori) e servire su foglie di limone o di arancia ben lavate. Si conserva a lungo in frigorifero o in luogo fresco. Il colore è aranciato, il profumo di agrumi molto intenso, la consistenza tenace e un po’ gommosa ma elastica. Esiste un dolce simile preparato con la Pompia (Presidio Slow Food), ibrido naturale sviluppatosi da incroci tra agrumi locali, appartenente alla famiglia dei cedri: giallo come un limone, con la buccia grossa e bitorzoluta divisa a spicchi, polpa immangiabile perché molto acida. La scorza lessata può essere candita cuocendola per tre o quattro ore nel miele millefiori, lasciata intera (Pompia intréa, PAT, o anche pompia prena se a fine cottura è riempita di mandorle tritate) o tagliata a listarelle (pompia aranzada) e conservata dentro vasi chiusi di vetro, ceramica o terracotta, ricoperta dallo sciroppo di cottura.

 

Piatto: BRUGNOLUSU DE ARRESCOTTU (O BRUGNOLI DI RICOTTA O ORROBIOLOSO) PAT

Descrizione: Sono tipicamente carnevalizi questi piccoli dolci fritti, delle dimensioni di una noce e colore bruno-rossastro intenso. Da un impasto ben amalgamato di farina, ricotta o formaggio fresco, uova, scorza grattugiata di arance o limoni, qualche filo di zafferano sardo (magari quello di San Gavino Monreale, Presidio Slow Food), acquavite (Filo e ferru, PAT) e vaniglia dolce, con l’aiuto di un cucchiaio si ricavano delle palline da immergere nell’olio bollente. I brugnolusu vanno serviti freddi spolverizzati di zucchero semolato (in questo caso si conservano anche per due giorni in luogo asciutto) o ricoperto di miele. Una variante della ricetta prevede, invece, che si impastino insieme patate lessate ridotte a purea, farina, uova e limone grattugiato.