Auguri al Grignolino d'Asti

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07/04/2023

 L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1973 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

Disciplinare: Approvato DOC con DPR 29.05.1973 GU 218 – 24.08.1973

Regione: Piemonte

Provincia/e: Asti

Enoregione/i:ALTO MONFERRATO, TERRE DEL GAVI E TERRE DEL MOSCATO, BASSO MONFERRATO E COLLINE TORINESI

Città del Vino: Comune di Montegrosso d’AstiComune di MoncalvoComune di Castagnole delle Lanze Comune di Agliano Terme,  Comune di Rocchetta TanaroComune di Portacomaro

Vitigno/i: Il Grignolino d’Asti deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti dal vitigno Grignolino. Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti dal vitigno Freisa nei vigneti fino ad un massimo del 10%.

Cenni storici e/o geografici: Il Grignolino è uno dei grandi vini caratteristici del Piemonte ed il suo valore viene ancor più elevato dalla limitata quantità prodotta. Il simpatico nome "Grignolino" deriva quasi sicuramente da "grignòle", termine con cui vengono indicati in lingua piemontese i vinaccioli, di cui abbondano gli acini, anche se un’altra tesi lo fa originare dal verbo "grignare" che, sempre in dialetto astigiano, significa ridere. Sebbene le prime notizie sul Grignolino risalgano alla fine del ‘700, sembra che esso fosse da tempo conosciuto e venisse utilizzato per produrre quei vini "chiaretti" già nel Cinquecento. La sua origine è senz’altro localizzata nei colli tra Asti e Casale, che tuttora costituiscono la principale zona di coltura, anche se si diffuse in altre parti della provincia di Alessandria. Un tempo il territorio del Grignolino era molto più esteso, ma il diffondersi in Europa delle micidiali malattie della vite portò come conseguenza la riduzione delle zone di coltura di molti vitigni ed in particolare del Grignolino, che di queste malattie risentì più degli altri. Il Grignolino emerge nella storia degli antichi vitigni piemontesi, e trova la sua culla d’adozione nel territorio tra Asti e Casale Monferrato. È un vitigno molto esigente in fatto di clima e terreni, difficile da coltivare e vinificare, ma regala un vino originale, imprevedibile ed estroso che accoglie appassionati consensi. 

 

Prodotto: ROBIOLA DI ROCCAVERANO DOP 

Descrizione: Tipico della zona fra Asti e Alessandria, le sue antichissime origini risalgono ai popoli liguri-celti, come attestato da testimonianze risalenti all’epoca medioevale. Il nome richiama sia la parola latina robium, con riferimento al colore rossiccio della parte esterna della pasta, sia il nome del paese nell’Astigiano dove è nato. Unico caprino ad aver ottenuto la Denominazione di Origine Controllata (e unico formaggio DOP italiano che può essere ottenuto da tre tipi diversi di latte: vaccino, caprino e/o ovino), questa robiola dal profumo delicato e corposo viene prodotta attraverso una lunga coagulazione lattico-presamica di latte crudo di vacca (in misura massima dell’85%) e di capra e pecora in rapporto variabile. La pasta è tenera e di colore bianco se fresca (cinque o dieci giorni), compatta e di colore paglierino se leggermente stagionata (anche per qualche mese, a volte come da tradizione su un letto di fieno). Il sapore delicato e aromatico con retrogusto acido è dovuto all’alimentazione degli animali, che sulle alte coste è costituita da foraggio verde cui si aggiungono timo, rovi ed erbe aromatiche selvatiche, e alla miscela di latte proveniente dalla mungitura sia serale che mattutina. Poiché il disciplinare consente di fare il Roccaverano anche con una minima o nulla quantità di latte di capra, recentemente è diventata Presidio Slow Food la Robiola di Roccaverano Classica, quella cioè che alcuni allevatori-casari continuano a produrre esclusivamente con latte crudo di capra come si faceva due secoli fa. Ottima per preparare il ripieno di pasta fresca magari con spezie ed erbette oppure così com’è, insieme a miele di acacia o lavanda o cugnà. Il tipo più stagionato è da provare con il Moscato Passito della Valle Bagnario di Stremi (Presidio Slow Food).

 

Piatto: TONNO DI CONIGLIO

Descrizione: Piatto molto conosciuto specialmente nel Monferrato, così chiamato perché la carne, macerando qualche giorno nell’olio, diventa tenera proprio come il tonno. Il coniglio viene prima lessato intero insieme a verdure e aromi (aglio, cipolla, carota, sedano, prezzemolo, salvia, rosmarino, timo, maggiorana, basilico, alloro, chiodi di garofano, grani interi di pepe nero o verde, poco sale), poi disossato con le mani e la polpa riposta a strati in una terrina alternandola a foglie di salvia, spicchi d’aglio e abbondante olio extravergine di oliva. Si tiene in luogo fresco per due o tre giorni, aggiungendo olio se la carne appare un po’ asciugata. Si può servire come antipasto insieme con un’insalata di valerianella (sarsèt nel dialetto locale) o a una mirepoix di verdure croccanti e cipolle fritte oppure come secondo piatto accompagnato da patate arrosto o con polenta abbrustolita e salsa alle acciughe.