Auguri al Cannonau di Sardegna

01/02/2022

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1972 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

CANNONAU DI SARDEGNA

Disciplinare: DPR 21.07.1972 (G.U. 248 – 21.09.1972)

Regione: Sardegna

Provincia/e: Intero territorio della Regione Sardegna

Enoregione/i: SARDEGNA CENTRALE, GALLURA, COSTA NORD OCCIDENTALE, COSTA CENTRO OCCIDENTALE, SULCIS E CAMPIDANO, CAGLIARITANO

Città del Vino: Comune di Urzulei, Comune di Uri , Comune di Tortolì, Comune di Terralba, Comune di Tempio Pausania, Comune di Sorso, Comune di Sorgono, Comune di Serdiana, Comune di Sennori, Comune di Selargius, Comune di Sant’Antioco, Comune di Sant’Anna Arresi, Comune di San Nicolò di Arcidano, Comune di Samugheo, Comune di Quartu Sant’Elena, Comune di Olbia, Comune di Neoneli, Comune di Monti, Comune di Modolo, Comune di Meana Sardo, Comune di Luras, Comune di Luogosanto, Comune di Loceri, Comune di Jerzu, Comune di Dorgali, Comune di Cardedu, Comune di Bonnanaro, Comune di Berchidda, Comune di Benetutti, Comune di Badesi, Comune di Atzara, Comune di Arzachena, Comune di Alghero, Comune di Usini

Tipologie: Cannonau di Sardegna Rosso e Rosato; Cannonau di Sardegna Rosso Riserva; Cannonau di Sardegna Passito; Cannonau di Sardegna Liquoroso; Cannonau di Sardegna classico

Vitigni: Cannonau: minimo 85%; possono concorrere altri vitigni di uve a bacca nera, non aromatici, idonei alla coltivazione nella regione Sardegna, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino fino ad un massimo del 15%. Per il tipo “Classico” Cannonau: minimo 90%.

Cenni storici e/o geografici: La zona territoriale del Cannonau di Sardegna, coincide geograficamente con l’intero territorio della Sardegna, la seconda isola del Mar Mediterraneo. Il suo clima risente della posizione con inverni relativamente miti specie nelle zone costiere e stabilità del tempo durante la calda estate con una quasi assoluta mancanza di pioggia, notevole ventosità in tutte le stagioni, breve distanza dal mare di tutti i punti dell’Isola. La Sardegna per la sua collocazione geografica e per le condizioni ecopedologiche estremamente diversificate, presenta condizioni ottimali per la crescita della vite sia selvatica sia coltivata. Le teorie correnti presuppongono che dal Caucaso, attraverso la Mesopotamia, l’Anatolia e l’Egitto, la vite sia stata portata nel Mediterraneo occidentale; ma se fino a ieri si pensava che i Fenici avessero portato la viticoltura in Sardegna, oggi – alla luce delle scoperte degli ultimi 20 anni – tale teoria è totalmente improponibile. Si trovano tracce nel XVII secolo, quando un visitatore del re Martin Carrillo e il francescano Giorgio Aleo, alcuni anni più tardi, nel 1612 il primo e nel 1677 il secondo, parlano di vini Cañonates di particolare pregio prodotti in tutta l’isola (AA.VV. La Storia della vite e del vino in Sardegna, 1999). Nei secoli successivi, si hanno anche delle descrizioni più precise dei vitigni, come quella del Manca dell’Arca (XVIII secolo), che cita il Cannonau, e quella (XIX secolo) del Moris, ancora più accurata, che classifica il nostro vitigno come “Vitis prestans”.  Il Cannonau è il vitigno rosso più diffuso in Sardegna, è presente in ambito regionale con una percentuale pari al 24%, ma arriva al 62% nella provincia di Nuoro. Proprio per questa ragione il vino omonimo è il vino sardo più noto e può essere considerato veramente, così come afferma il Vitagliano, il vino dei sardi. E come tale ha goduto di un’ampia letteratura che va dalle citazioni del Gemelli che inserisce il “Canonao” tra i vini abboccati, al La Marmora che parla della “gagliardia dei vini di Ogliastra”, per finire con l’ode al “nepente di Oliena” scritta da Gabriele D’Annunzio La DOC è riferita a diverse tipologie di vino che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

 

Prodotto: FIORE SARDO (DOP)

Descrizione: Prodotto tradizionale di antichissime origini, legate alle popolazioni nuragiche che abitavano la Sardegna in epoche precedenti la conquista romana. Il nome si richiama all’antico coagulante di derivazione vegetale, oggi si utilizza invece caglio d’agnello o di capretto. Conosciuto in molte parti d’Italia anche con il nome di Gavoi poiché la maggiore produzione si ha a Gavoi, nel Nuorese, oggi è destinato perlopiù ai mercati pugliesi. Ottenuto da latte intero di pecora di razza Sarda, è un formaggio a pasta dura, cruda, dal sapore deciso e tendente al piccante con il passare del tempo ma senza eccessiva sapidità. La maturazione, che dura dai dieci ai quindici giorni, prevede una leggera affumicatura con arbusti e legni della macchia mediterranea, come il mirto e il lentisco. La stagionatura, che generalmente supera i sette mesi, avviene nelle cantine fresche, umide e ben aerate delle case della Barbagia di Ollolai costruite in granito a circa settecento-mille metri di altitudine. Per fargli conservare freschezza e profumo viene unto d’olio d’oliva appena raggiunge una certa maturazione e manipolato e rigirato continuamente. La forma stagionata può pesare dai tre ai quattro chili, ha crosta variabile dal marrone al verde scuro, pasta di colore paglierino compatta e consistente, facilmente scagliabile. Quando è molto giovane si può utilizzare come formaggio da tavola oppure fritto, arrostito e fuso, abbinato a fave fresche o come ripieno per i ravioli, sul pane frattau, sulle anguille in umido e nelle polpette di carne o, appena fatto e non ancora salato, nelle Sebadas (PAT). Il tipo stagionato può essere grattugiato su pasta, minestre o polenta, ma è ottimo anche accompagnato da patate arrosto, salumi, pomodori freschi, cipolle. Viene, inoltre, tradizionalmente indicato come il pecorino ideale per la preparazione del pesto alla Genovese (PAT). Il Presidio Slow Food tutela con il nome Fiore sardo dei pastori la caseificazione artigianale degli allevatori di alcuni piccoli comuni della Barbagia, che producono latte crudo intero senza l’utilizzo di innesti liofilizzati e con cappatura naturale e caglio autoprodotto.

 

Piatto: SU GHISADU

Descrizione: Il nome di questo spezzatino è di origine catalana (dallo spagnolo guisado, «umido di carne»), ma è un piatto tipico del Montiferru, l’area della Sardegna storicamente dedicata all’allevamento del Bue Rosso della Razza Sardo Modicana (Presidio Slow Food), nata dall’incrocio tra i bovini rossi di una razza podolica locale e quelli di una razza importata nel 1870 dalla provincia di Ragusa. La carne del Bue Rosso si presta alla preparazione di molte ricette tradizionali: bollita e profumata con menta e finocchietto (petza in brou), in polpettine da consumare fritte o in brodo (bombas), a spezzatino con patate e piselli (petza a cassola), sullo spiedo (petza arrustida) servita con un leggero velo di miele amaro, macerata nel vino rosso con alloro, ginepro, timo, rosmarino e origano (petza imbinada). Ma la preparazione ottimale è il ghisadu: la polpa tagliata a pezzetti viene soffritta in olio caldissimo su un letto di cipolle e aglio, bagnata con vino rosso e lasciata cuocere lentamente, aggiungendo del brodo di carne. Quando il liquido di cottura è evaporato, si uniscono i pomodori spellati e privati dei semi, sale, pepe, alloro e prezzemolo e si porta a cottura per altri dieci minuti. Per tradizione con il sugo e una spolverata di pecorino stagionato si condiscono i Malloreddus (PAT) o gli Andarinos (tipica pasta artigianale di semola fine di grano duro dalla forma simile a un piccolo fusillo), mentre lo spezzatino si serve come secondo accompagnato da spesse fette di Civraxiu (o Civàrxu o Chivarzu) (PAT), grossa pagnotta tonda dalla crosta spessa e croccante e la mollica morbida e piuttosto elastica, preparata con su fromentu (impasto di acqua, farina, semola e lievito di birra).