1967-2017: auguri al Gattinara DOCG

10/03/2017

Quest’anno si celebra l’anniversario di quattordici DOC italiane, molte delle quali ricadono nei territori delle Città del Vino. L’Associazione vuole festeggiare l’importante ricorrenza (“Cinquanta candeline per le DOC del 1967”) con una carrellata sulla storia, le caratteristiche e gli abbinamenti di questi pregiati vini, accostandoli a prodotti e piatti tipici della cultura gastronomica regionale (i testi sono tratti dal volume “50 Doc – 50 anni di denominazioni d’origine a tutela del vino italiano in vendita presso CI.VIN. s.r.l., info@cittadelvino.com).

 

GATTINARA

Disciplinare: Approvato DOC con DPR 09.07.1967 (G.U.200-10.8.1967), poi Approvato DOCG con DPR 20.10.1990 (G.U. 59-11.03.1991)

Regione:  Piemonte

Provincia/eVercelli

Città del VinoGattinara

Tipologie: Gattinara e Gattinara Riserva, con una delle «menzioni geografiche aggiuntive» alle quali può essere aggiunta la menzione «vigna» seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale.

Vitigni:  Nebbiolo (Spanna) 90-100%; Vespolina e/o Uva Rara 0-10%

Cenni storici e/o geografici: Nel territorio dell’Alto Piemonte, ai piedi del Monte Rosa, dove il Nebbiolo trova uno straordinario luogo di elezione, la coltura della vite venne introdotta durante l’Impero di Augusto, ma si ritiene fosse già praticata dai residenti Liguri prima della dominazione Romana. Negli archivi vescovili di Vercelli si trova scritto che fin dai tempi di Carlo Magno sulle colline di Gattinara prosperavano le vigne. Nel 1518 Il cardinale Mercurino Arborio ne divulgò la fama alla Corte del Re di Spagna e presso la nobiltà europea, offrendolo quale efficace mezzo di trattativa diplomatica. Nel 1972, vista la qualità dei vini, fu qui istituita la prima stazione enologica sperimentale.

Descrizione: Colore rosso granato con leggere sfumature aranciato (Gattinara) o tendente all’aranciato (Gattinara Riserva). Odore fine, gradevole, speziato con lievi sentori di viola (Gattinara), fine che ricorda quello della viola, specie se molto invecchiato (Gattinara Riserva). Sapore asciutto, armonico, con caratteristico fondo amarognolo (Gattinara e Gattinara Riserva). Titolo alcol. volumico 12,5% (Gattinara), 13% (Gattinara Riserva). Invecchiamento minimo 3 anni (di cui almeno 2 in legno), 4 per la Riserva. Abbinamenti:  primi piatti salsati piemontesi, umidi e arrosti di carne, selvaggina (capriolo e lepre) e formaggi a pasta dura o anche come vino da meditazione.

 

TOMA PIEMONTESE DOP

Disciplinare:   Reg. CE n. 1107 del 12.06.96 (GUCE L 148 del 21.06.96)

Cenni storici e/o geografici: La produzione e il consumo di formaggio nell’area pedemontana trova le prime attestazioni certe fin dal sec. XI, quando i formaggi particolarmente piccanti erano detti "dei poveri" poiché ne bastava una piccola quantità a dare gusto a grosse porzioni di pane o a sostituire il sale e il condimento nelle minestre. La storia dei caseus modicativus, cioè dei vari tipi di latticini dal sapore intenso e piccante riconducibili al Toma, è legata alle tradizioni della transumanza e  dei  margari, comuni a tutto l’arco alpino piemontese. Particolarmente rinomate sono la Toma della Valsesia e la Toma del Maccagno.

Descrizione: Formaggio semicotto prodotto con latte vaccino intero per il tipo a pasta morbida e parzialmente scremato per il tipo a pasta semidura. La crosta è in genere poco spessa, di aspetto rustico e colore dal paglierino carico al bruno rossiccio. La pasta bianco paglierino ha occhiatura a distribuzione regolare con occhi piccoli e poco numerosi. Il sapore è dolce e gradevole, di aroma delicato nella Toma grassa, intenso ed armonico, di aroma fragrante che diviene piú caratteristico con il progredire del tempo nella Toma semigrassa. La stagionatura avviene nelle caratteristiche "crote" (le vecchie cantine) e può variare dai 15 ai 60 giorni a seconda della grandezza delle forme. E’ ottimo a tavola, da provare in accompagnamento a noci e nocciole, con vini bianchi leggeri se giovane o rossi di media struttura se affinato, ma si adatta a molte preparazioni della cucina locale, come crocchette, polentine, carne all’albese, cotechini con il purè, risotto o rustia.

 

BOLLITO MISTO PIEMONTESE CON CUGNÀ

Cenni storici e/o geografici:  Profumato e fumante il gran bollito misto alla piemontese si compone di 7 tagli di bue grasso (tenerone, scaramella, muscolo di coscia, stinco, spalla, fiocco di punta, cappello del prete), cappone o gallina e a volte maiale, ed è sempre accompagnato da salse come l’agliata, il bagnet vert o russ, la salsa al rafano o quella chiamata mostarda d’uva nel Monferrato alessandrino e casalese e cognà nell’astigiano e nel cuneese, la cui ricetta risale al Medio Evo. 

Descrizione:  Ingredienti (per 8 persone): gr 500 di muscolo di manzo, una coda, gr 500 di culaccio di manzo, alcuni salamini, 1 lingua di vitello, gr 500 di testina, 1 cotechino, 1 gallina, 1 cipolla, 2 carote, 2 coste di sedano, 1 manciata di prezzemolo, sale grosso. Per la cognà: 5 l di mosto d’uva, 300 gr ciascuno di fichi, mele cotogne o renette e pere Martin sec, zucca (facoltativa), 500 gr fra gherigli di noce, nocciole e mandole sbucciate, cannella e garofano, scorzetta di limone. Preparazione: Mettete a bollire sul fuoco, in abbondante acqua salata, le verdure lavate e tagliate grossolanamente e il prezzemolo legato in mazzetto. Unite i pezzi di manzo e dopo un’ora vitello e gallina. Lessate ciascuno separatamente la testina, il cotechino e i salamini. Quando tutte le carni sono pronte, sistematele a pezzi interi su un piatto di servizio tenuto in caldo. Per la salsa, che deve avere consistenza densa e colorazione scura, addensate il mosto a fuoco dolce fino a ridurlo almeno della metà. Aggiungete la frutta a pezzetti e cuocete per un’ora abbondante, prima di unire tutti gli altri ingredienti e cuocere ancora per un quarto d’ora. Mettete sotto vetro quando è ancora bollente e servitela anche con formaggi freschi e stagionati o con la polenta.