Vigneti urbani antichi e moderni: da Frascati a Pompei

12/06/2023

Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta degli appezzamenti di varie dimensioni coltivati a vite in molte municipalità italiane ed europee, dalle grandi metropoli ai piccoli centri abitati. Vigne che testimoniano una parte importante della cultura e della storia cittadina e sono spesso preziosi custodi di biodiversità, in alcuni casi di biotipi Replica Watches rarissimi.

Nel 2017 a FRASCATI (RM) è stato avviato un progetto per portare la viticoltura nel cuore del centro storico impiantando filari di Malvasia del Lazio (o puntinata) in un appezzamento di 5 ettari tra le seicentesche Villa Falconieri, Villa Mondragone e Villa Parisi, a circa 400 metri da Piazza San Pietro e presso il Parco dell’Ombrellino. L’iniziativa è stata ideata da Piero Costantini, fondatore dell’azienda Villa Simone, con il sostegno del Comune di Frascati, del Parco dei Castelli Romani e della Regione Lazio. L’obiettivo è quello di ricavare 100 quintali di uva per ettaro, destinati alla produzione di Frascati Superiore Docg. All’ingresso della proprietà sarà inoltre realizzato uno vigneto didattico con i vitigni consentiti dal disciplinare del Frascati (Malvasia del Lazio, Malvasia di Candia, Trebbiano Toscano, Trebbiano Giallo, Bellone, Greco, Bombino), le forme di allevamento della tradizione viticola frasca tana (vite maritata, alberello, conocchia, filaretti frascatani), esempi di differenti forme di potatura (cordone speronato, guyot, guyot doppio, capovolto, cazenave) e cartelloni illustrativi della storia della vite e del Frascati.

Il territorio partenopeo è al secondo posto in Europa, dopo Vienna, per numero di ettari destinati ai vigneti e con la sua provincia è una delle poche aree al mondo che conserva la coltivazione a piede franco. NAPOLI è l’unica metropoli “continuamente invasa dalla vigna e allo stesso tempo invasore del terreno naturale della vite”, che la ridisegna continuamente per un totale di sette/otto areali diversi. Posillipo, Agnano, il Vomero, Chiaiano, ospitano vigneti di Piedirosso o Perepalummo (ovvero "Piede di colombo"), Falanghina, Aglianico, Fiano, Greco, Biancolella, Coda di Volpe, Asprinio, ma anche vitigni autoctoni come la Corniola o Curnicella (discendente diretta dell’antica Tatlis cantata da Plinio), Cacamosca (una varietà di moscato) o l’Uva della Madonna. Le difficoltà per i vignaioli urbani non sono poche: dal terreno interamente vulcanico che, se da una parte caratterizza i vini con sentori di mineralità e sapidità differenti da quelli dell’area vesuviana dall’altra è difficilissimo da trattare per la sua granulosità, all’ orografia della città il cui continuo saliscendi impone di terrazzare, dalla impossibilità di utilizzare antisettici per le piante (perché anche se biologici andrebbero a finire su macchine, strade, balconi e persone) ai vincoli della Soprintendenza ai beni paesaggistici che limitano fortemente lo spostamento anche solo di una pietra o il falò di un piccolo cumulo di foglie.

E’ una città antica, ma è pur sempre una città: grazie all’impegno della Soprintendenza Archeologica, dell’Università di Napoli e dell’azienda campana Mastroberardino, dal 1996 a POMPEI alcuni vigneti sperimentali di Piedirosso e Sciascinoso (due uve native) prosperano intorno alla Domus della Nave Europa, alla Caupona del Gladiatore e di Eusino, al Triclinio estivo, nel Foro Boario e nell’Orto dei Fuggiaschi, per un’estensione di poco più di un ettaro ripartito su 12 appezzamenti di diversa estensione e per una produzione potenziale di circa 30 quintali per ettaro. Il progetto è nato dalle indagini archeologiche e dagli studi botanici che hanno confermato la coltura vitivinicola anche all’interno della cinta muraria dell’urbe, nei giardini e negli orti che ornavano le case. Determinanti sono stati i calchi delle radici, delle viti e dei relativi paletti di sostegno (gli olmi, ora sostituiti dai castagni) immortalati dalla grande eruzione del 79 d.C., insieme all’analisi del suolo, dei vinaccioli, dei resti e acidi tartarici trovati nei doli (recipienti da circa 500 litri interrati nella cella vinaria, per vinificare nel freddo come facevano greci e romani) ed alla consapevolezza che per gli antichi era più importante il terreno, l’ area di coltivazione, che le varietà. Nel 2001 si è avuto il primo raccolto significativo, seguito dalla prima vinificazione e dall’affinamento del Pompeiano Igt Villa dei Misteri, prodotto in 1.721 bottiglie vendute all’asta e il cui ricavato è stato utilizzato per sostenere il restauro della cella vinaria del Foro Boario.  (di Alessandra Calzecchi Onesti)

Vigneti urbani e cinture verdi per una riqualificazione 

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