Vignale: archeologia pubblica e produzione vitivinicola di qualità

09/04/2018

La riunione del Consiglio Nazionale Città del Vino, che si terrà il prossimo 24 marzo nella splendida ed antica cornice dell’Azienda Agricola Tenuta di Vignale a Riotorto (Piombino), e’ l’occasione per raccontare un suggestivo progetto che mette insieme produzione vitivinicola di qualità, territorio e tradizioni. I progetti in realtà sono due: il progetto di archeologia pubblica “Uomini e Cose a Vignale” e il progetto “Villa del Mosaico”. 

“Uomini e cose a Vignale. Archeologia pubblica condivisa e sostenibile”

Un’iniziativa che già nel nome racchiude la sua essenza: il progetto coinvolge infatti il Dipartimento di Scienze storiche e dei beni culturali dell’Università di Siena, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Comune di Piombino, l’associazione M(u)ovimenti e l’Azienda Agricola Tenuta di Vignale, in un’avventura che è molto più di uno studio e di una ricerca. L’obiettivo di diffondere e valorizzare il sito archeologico fonda sul presupposto che la storia divenga un bene comune, un valore condiviso da tutta la comunità locale e anche uno strumento di microeconomia sostenibile dei beni culturali del territorio. Un esempio di archeologia pubblica che si finanzia attraverso un crowdfunding e attraverso il rapporto virtuoso che si è instaurato appunto con il territorio e le comunità vicine, anche perché “il passato appartiene a tutti noi, e chi lo studia lo fa per conto della comunità”. Lo scavo, avviato nel 2003 da Enrico Zanini ed Elisabetta Giorgi del Dipartimento di Scienze Storiche e Beni Culturali dell’Università di Siena, ha per oggetto un’area archeologica a più strati nella Tenuta di Vignale e ha negli anni portato alla luce tracce di una fattoria etrusco-romana del I sec. a.C. (la datazione, ancorchè indicativa, può essere ricostruita grazie al ritrovamento di alcune monete databili tra il 211 ed il 146 a.C.), resti di epoca romana che potrebbero essere relativi tanto a una mansio (cioè a una stazione di sosta lungo la Via Aemilia Scauri) quanto a una villa (ovvero a un insediamento residenziale e produttivo, collegato con la produzioni agricole locali e con la fabbricazione di tegole e anfore da trasporto), un grande impianto artigianale per la produzione di laterizi e anfore, testimonianze di una stazione di posta di epoca augusteo-tiberiana, alcune decine di sepolture in fosse terragne che fanno pensare ad un’estesa necropoli di età compresa tra la “fine” dell’insediamento antico (VI-VII sec. d.C.?) e lo sviluppo dell’insediamento medievale sulle alture (X-XII sec.) e il prezioso mosaico pavimentale di Aiòn, il più grande dell’epoca (I sec. a.C. – almeno oltre il V sec. d.C.) della Toscana e probabilmente di tutta l’Italia centrale.

 

Progetto “Villa Del Mosaico – La storia di un territorio raccontata dai suoi prodotti”

Il toponimo “vignale”, di cui si hanno indicazioni scritte in documenti risalenti al 711 d.C., è del primo Medio Evo con evidente derivazione dal latino vinealis per l’abbondanza delle vigne che vi prosperavano. Ed è proprio da questo antichissimo legame con la produzione di vino che nel 2017 nasce il progetto “Villa del Mosaico – La storia di un territorio raccontata dai suoi prodotti”, ideato e sviluppato in compartecipazione tra la Cooperativa Sociale Fuori Schema, il progetto di archeologia pubblica “Uomini e Cose a Vignale” e l’azienda agricola Tenuta di Vignale.

Il progetto si ispira al romanzesco ritrovamento nel 2014 del mosaico di Aiòn, evidentemente già scavato e poi ricoperto da un capanno alla metà dell’800 e della cui esistenza si era in seguito persa ogni memoria tranne che per il nome del campo, a tutti noto come “Il campo del mosaico”. Durante lo scavo il capanno si è rivelato essere stato costruito sui resti di un edificio antico e la rimozione del suo pavimento rustico ha rivelato l’esistenza di una trentina di metri quadrati di tessere, prodotte da artigiani nordafricani agli inizi del IV sec. d.C., dove Aion/Saeculum – nel mondo greco-romano la personificazione del Tempo ciclico – ma anche altri particolari come l’uva e i pesci ricoprono la meritata parte di assoluti protagonisti.

Ulteriori indagini e diverse interpretazioni arrivano nel 2017: dalle ritrovate, grandi terme della villa a ridosso del mosaico, a quella che – invece di una cisterna – è una peschiera romana. La campagna di scavo si è rivelata recentemente anche un laboratorio di nuove scoperte e opportunità di scuola-lavoro per i liceali del territorio: grazie a ragazzi e docenti dell’Istituto Volta-Carducci-Pacinotti di Piombino e ai loro droni sono state, infatti, ricavate immagini di 200 scatti sequenziali, frutto di altissima tecnologia, della terma tardoantica e della “stanza” col mosaico.

Mosaico che dall’anno scorso è diventato protagonista delle etichette di due tipologie di bottiglie di vino della tenuta di Vignale Riotorto, “VILLA DEL MOSAICO – Rosso IGT Toscana” e “CAMPO DEGLI ALBICOCCHI – Vermentino IGT Toscana”. Una parte delle entrate provenienti dalla vendita delle bottiglie verrà devoluta agli scavi archeologici sotto forma di donazione. Nelle retro etichette verrà riportata la dicitura “Il vino contenuto in questa bottiglia fa parte di una storia e di un progetto. La storia è quella di un luogo straordinario, dove il vino si produceva già in epoca romana e che si chiama Vignale da più di mille anni. Il progetto è quello di conoscenza e valorizzazione integrata di questo territorio e del grande sito archeologico che lo caratterizza. Acquistando questo vino hai contribuito anche tu a sostenere il progetto di archeologia pubblica, condivisa e sostenibile Uomini e Cose a Vignale”, seguita da un QR Code che rimanderà al sito www.uominiecoseavignale.it, al cui interno sarà spiegato in modo più dettagliato il progetto.

Un altro esempio, insomma, di agricoltura multifunzionale, da divulgare e replicare per sensibilizzare giovani e adulti sui temi della protezione, della tutela e della conoscenza del patrimonio culturale e contemporaneamente rivitalizzare una produzione vinicola le cui radici affondano negli strati più profondi della storia antica. (di Alessandra Calzecchi Onesti)