L’harakiri enologico è iniziato in sordina qualche giorno fa. Lockdown e chiusura di bar e ristoranti hanno lasciato una valanga di vino (spesso Doc) invenduto nelle cantine italiane. E per far posto ai 45 milioni di ettolitri in arrivo con la vendemmia 2020, i viticoltori hanno scelto la strada più dolorosa: rottamare un po’ di quello rimasto in casa trasformandolo — come in un miracolo al contrario — in gel disinfettante. «Siamo stati costretti dall’emergenza, è un’extrema ratio, una cosa che non piace a nessuno», ammette Elio Pescarmona, direttore della cantina piemontese Tre secoli. I contratti però, a malincuore, sono stati firmati a inizio agosto. E 500mila ettolitri di vino (più o meno 70 milioni di bottiglie) sono in viaggio in questi giorni verso le distillerie per essere trasformati in alcol per igienizzanti, grazie a 50 milioni di aiuti di stato e regioni.
«Vede quella cisterna? Arriva dalla Puglia. Oggi ne aspettiamo altre dal Trentino» spiega sotto gli enormi serbatoi d’argento della Distilleria Mazarri a Sant’Agata sul Santerno Antonio Emaldi, direttore dello stabilimento romagnolo e presidente di Assodistil. Un tubo arancione svuota il camion e pompa centinaia di litri nei silos dell’azienda. «Bianco o rosso non fa differenza — spiega Emaldi — . Lo analizziamo e poi lo distilliamo a vapore». E alla fine del percorso, una via crucis che dura poche ore, 100 litri della bevanda di Bacco diventano dieci litri di alcol tra 92 e 96 gradi (“Compound gel mani” recita l’etichetta sulla cisterna bianca) pronti a trasformarsi in 120 flaconcini da 100 ml. di gel igienizzante. Che oggi, scherzi della pandemia, è più richiesto di una bottiglia di rosso.
L’ingloriosa fine di parte della vendemmia 2019 (il governo puntava a distillare 2 milioni di ettolitri, il 4 per cento del raccolto) è figlia dello strano andamento del mercato nei mesi del lockdown. «Le cantine che vendevano alla grande distribuzione si sono svuotate subito — racconta Davide Viglino, presidente dei viticoltori piemontesi — . Chi produce doc ha pagato caro la chiusura della ristorazione e lo stop all’enoturismo». «A marzo abbiamo chiesto subito una mano al governo — racconta Domenico Bosco, responsabile di settore di Coldiretti — . Proponendo di trasformarla in alcol, di cui all’epoca c’era bisogno e che l’Italia compra dall’estero».
Il salvagente pubblico è arrivato solo in agosto con l’uva 2020 già matura in vigna: 100 milioni di aiuti per la cosiddetta vendemmia verde (l’autoriduzione del 15 per cento della raccolta) e 50 milioni per la “distillazione di crisi”. Unico problema: il sussidio per l’”operazione gel” — 27 centesimi al litro di vino (la Francia ne ha offerti 80 per rottamare 375 milioni di bottiglie Doc) — era troppo basso. «E così il provvedimento ha funzionato solo nelle regioni come Puglia, Sicilia, Campania, Marche, Lazio e Piemonte che hanno aggiunto soldi per incentivare la distillazione», spiega Emaldi. «Noi smaltiremo un po’ di bianco Cortese e di Chardonnay, vini che i consumatori bevono giovani e per cui la vendemmia 2020 promette bene» dice Pescarmona. Il Piemonte da solo sta convertendo in alcol 42mila ettolitri di Bracchetto d’Acqui e Doc come Rosso Piemonte e Monferrato «pagato da 65 a 80 centesimi al litro», calcola Viglino.
Un po’ di amaro in bocca resta comunque anche a chi ha lavorato per questo provvedimento. «Ma non si poteva fare altro — ammette Bosco — : il rischio era di arrivare con un surplus d’offerta il prossimo anno deprimendo i prezzi». Anche la vendemmia verde («difficile da verificare» per Emaldi) non sembra aver funzionato appieno. «Sono misure di crisi anti-storiche, tamponi di emergenza — dice Simone Pallesi, ad della toscana Castiglion del bosco — . La strada maestra sarebbe stato garantire l’accesso a forme di finanziamento più evolute fondate sul magazzino». Finanziando, insomma, lo stoccaggio per l’invecchiamento. L’azienda della Val d’Orcia ha fatto da sé, con un prestito bancario innovativo garantito dal Brunello che ha in cantina. E nemmeno un bicchiere del suo vino è diventato raffinatissimo gel doc con cui, alla fine, brindano solo le farmacie.
(fonte: ETTORE LIVINI – REPUbBLICA.IT)