di Maria Teresa Manuelli (fonte: www.ilsole24ore.com)
Italiana, ecosostenibile e vegetale al 100% è la pelle creata dagli scarti della vinificazione. L’idea ha vinto il primo premio da 300mila euro conferito dalla seconda edizione del Global Change Award, contest lanciato dalla H&M Foundation.
Grape Leather è il team – composto da Giampiero Tessitore, Francesco Merlino e Valentina Longobardo e guidato da Rossella Longobardo – creatore dell’innovativa pelle vegetale, realizzata a partire dall’uva e dagli scarti della produzione del vino. Un’innovazione che garantisce il benessere degli animali ed elimina la necessità di petrolio usato per produrre la pelle sintetica.
“Ci rallegra profondamente – ha dichiarato durante la cerimonia di premiazione Rossella Longobardo – che una Fondazione così prestigiosa abbia riconosciuto il valore della nostra innovazione e abbia fortemente creduto in essa. Il nostro primo obiettivo sarà di concentrarci nel passaggio da un progetto pilota a una produzione su scala industriale del nostro tessuto e di iniziare una rivoluzione verde, cruelty-free all’interno del settore della pelletteria”.
Un anno di consulenza della H&M Foundation
Il Global Change Award, giunto alla sua seconda edizione, aveva stanziato una somma di 1 milione di euro da suddividere tra i primi cinque classificati, scelti attraverso una votazione online che si è svolta dal 27 marzo al 2 aprile. La premiazione è avvenuta il 5 aprile presso la City Hall di Stoccolma. Ora per i team premiati inizia un anno d’incubazione e di consulenza fornito dalla H&M Foundation, in collaborazione con Accenture e Kth Real Institute of Technology di Stoccolma. Il programma aiuterà i vincitori a sviluppare le loro idee, concentrandosi su tre aree principali: economia circolare, innovazione e network nell’industria della moda.
Gli altri vincitori
Manure couture – Tessuto dal letame bovino. Estrarre e utilizzare la cellulosa contenuta nel letame di bovino per creare un tessuto biodegradabile con una riduzione significativa di rilascio di gas metano e di sostanze inquinanti del suolo, dell’acqua e dell’aria.
Denim-dyed denim – Denim usato per tingere nuovo denim. Tritare il denim usato in particelle fini e trasformarlo in una polvere colorante per tingere nuovo denim o creare stampe su altri tessuti. Un metodo che riduce sia l’acqua sia l’energia utilizzate per la produzione e riutilizza il denim usato evitando che venga gettato.
Solar textiles – Tessuto dall’energia solare. Utilizzare solo acqua, rifiuti vegetali ed energia solare al posto del petrolio per la produzione di nylon biodegradabile. Inoltre, il nylon trattiene i gas serra all’interno del materiale.
Content thread – Filato digitale per sapere cosa stiamo indossando. Intessere all’interno del capo un minuscolo filato Rfid con una ‘lista degli ingredienti’ digitalizzata per rendere il processo di riciclo più efficiente e senza sprechi grazie all’evidenza della composizione del tessuto.
Sono diverse ormai nel mondo le start up per produrre pelle e tessuti vegetali, riciclando gli scarti alimentari: Orange Fiber è l’idea di Adriana Santanocito ed Enrica Arena, due giovanissime catanesi, che hanno sviluppato il progetto del tessuto d’arancia in collaborazione con il Politecnico lombardo (dipartimento di Chimica dei materiali), presso il quale hanno anche depositato il brevetto.
A Rotterdam un gruppo di studenti, designer e ricercatori della Willem de Kooning Academie, ha creato un materiale vegetale dal recupero e dalla trasformazione di bucce di albicocche, mele e arance non più utilizzabili. L’ispirazione l’hanno presa dagli chef: ovvero, hanno schiacciato e cucinato la frutta fino a ottenere un composto, Fruit Leather, altamente flessibile e adatto alla produzione di diversi oggetti come borse e vestiti.
Ananas Anam, start up del Regno Unito ha ripreso e migliorato un’antica tecnica filippina per ottenere dalle foglie di ananas Piñatex, un materiale simile alla pelle. Una soluzione rispettosa degli animali e dell’ambiente, dal momento che le foglie sono un materiale di scarto da smaltire durante la raccolta dei frutti.
Per non dimenticare, tornando in Italia, la carta prodotta da Favini e ottenuta da scarti di frutta, cereali, mandorle, nocciole e caffè.