Roma torna Caput Vini e ritrova sua cultura vinicola

24/02/2017

Roma tornerà Caput Vini. In autunno le varietà autoctone di vite di tutte le regioni italiane, in particolare 154 vitigni selezionati tra quelli idonei a produrre vini tipici di territorio e conosciuti ai più, saranno impiantati all’Orto Botanico di Roma, oasi di verde nel centro storico della capitale tra il panoramico Gianicolo e il rione Trastevere, per formare il "Vigneto Italia", una collezione del patrimonio di biodiversità che offrirà al visitatore di questo museo ampelografico la fotografia di un Paese leader per quantità varietale e leader qualiquantitavo mondiale della produzione con circa 50 milioni di ettolitri nel 2016.

Le viti saranno piantate nell’autunno del 2017 ad alberello, il sistema di potatura più antico, e la prima vendemmia si otterrà nel 2019 con una micro-raccolta stimata a 750 Kg che potrà confluire in una Igt, con nome ancora da identificare, perché il disciplinare della Doc Roma non prevede tanta varietà.

L’idea di una sorta di simbolica "arca" con tutte le varietà di vite di 20 regioni, dal Tintore di Tramonti (Campania) alla Cococciola d’Abruzzo, dalla Granaccia ligure al Mayolet della Valle d’Aosta, è di Luca Maroni, analista sensoriale al quale già si deve il ritrovamento e il reimpianto della vigna originale di Leonardo da Vinci in Milano, presentata a Expo. Una proposta subito accolta positivamente dalla Direttrice dell’Orto Botanico, Loretta Gratani, e votata all’unanimità, con destinazione di 624 mg tra le Mura Aureliane e le serre del bambù, dal consiglio di amministrazione dell’Università Sapienza di Roma cui spetta la gestione autonoma del Museo Orto Botanico. Che poi ha trovato la concreta collaborazione della Vcr, Vivai Cooperativi Rauscedo, leader mondiale nel campo della vivaistica viticola, che ha aderito entusiasticamente al progetto, fornendo gratuitamente tutte le barbatelle e i portinnesti per il primo impianto. Il vigneto sarà impiantato e condotto con tecniche di agronomia biodinamica, quindi con impatto ecologico-inquinante-chimico pari a zero, da Leonello Anello, responsabile agronomico dell’impianto. 

"Da romano – racconta Luca Maronisono fortemente dispiaciuto di vedere come la capitale abbia perso la secolare identità vitivinicola. Eppure a Testaccio il Monte de’ Cocci testimonia come l’antica Urbe sia stato il più grande mercato del vino dell’Impero. Oggi però a Vigna Clara e Vigne Nuove le case hanno preso il posto dei filari e anche nei Giardini Vaticani sono state espiantate le viti. Lo stesso Orto Botanico, in passato ricoperto di vigneti, oggi ne è privo. A livello regionale, ad esempio da Fazio in Sicilia, esistono collezioni private di colture locali ma questa è l’unica nazionale e riporta la viticoltura al centro di Roma, in un luogo di ricerca attiva di una università prestigiosa".