La Divina, prendila alle spalle

05/01/2018

LA DIVINA: PRENDILA ALLE SPALLE

Si scorge da lontano
risplendere il mare,
uno spettacolo indimenticabile
Heinrich von Treitschke

di Raffaele Ferraioli, Sindaco di Furore – Coordinatore regionale Città del Vino Campania

Quel turbamento, più o meno profondo, che coglie il vero viaggiatore quando s’imbatte per la prima volta in luoghi lungamente vagheggiati, viene definito "Sindrome di Stendhal", in omaggio allo scrittore francese che ne fu colpito in occasione della visita a Firenze durante il suo Grand Tour nel 1817.

Una sensazione di malessere diffuso, un’emozione grande che a volte si trasforma in un vero e proprio malore, difficilmente gestibile, può arrivare fino allo svenimento. Questo particolare stato d’animo è descritto nel suo libro “Roma, Napoli e Firenze”: “Ero giunto a quel livello di emozione dove s’incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito di cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.

Il disagio si presenta puntuale nel “viandante” che lascia a casa la propria cultura e va in cerca di luoghi da esplorare per soddisfare la sua ansia di conoscenza. Ne è esente, invece, il “gitante”. Superficiale e disattento, costui si porta dietro la sua cultura e tenta di imporla agli altri. Il vero viaggiatore, colto, consapevole, pratica il “turismo dell’anima” e ama vivere emozioni forti, non prive di conseguenze. Tutte le volte che approccia una nuova meta, da solo, in buona compagnia o, comunque, fuori dal gregge, non fa altro che trasformare in realtà un sogno a lungo accarezzato e andare alla scoperta dell’"altrimenti e dell’altrove". 

La sua identità finisce per oscillare tra perdita e ricostruzione ma, alla fine, la “satisfaction” è totale. E allora ben venga la “sindrome”, possibilmente vissuta entro limiti accettabili. Essa deve essere considerata in positivo e va addirittura auspicata, augurata a chi viaggia. Se è vero, come è vero, che le località turistiche devono vendere emozioni, questo turbamento è un vero e proprio dono, una componente essenziale dell’offerta.

Stando così le cose, le “mete” turistiche dovrebbero essere attente a trasformarsi in luoghi di contagio del malessere-benessere degli ospiti per poter offrire loro questa esperienza emotiva forte. Ma questo non sempre avviene. Regna la sciatteria, la superficialità, la scarsa considerazione delle aspettative del turista. In primis le guide, sia quelle cartacee, che quelle presenti in varie forme sul web e, ancora, quelle in carne ed ossa non tengono in alcuna considerazione tutto questo. Allo stesso modo trascurano un’altra importantissima verità: ogni luogo turistico ha il suo particolare modo di essere approcciato e visitato. Fra le diverse “porte” d’ingresso, in una città come in un borgo, c’è sempre una differenza, a volte sottile, altre volte determinante, data dal diverso livello di emozione al quale si riesce ad attingere. Sensazioni, percezioni, stati d’animo, sentimenti più o meno appassionati fanno la differenza. Sbagliare non è cosa di poco conto.

Significa, spesso, perdere l’occasione per avvertire quell’improvviso battito di cuore, quel piacevole turbamento  da sindrome di Stendhal che gli arrivi in luoghi densi di arte e di storia inevitabilmente suscitano.
Un’esempio eclatante? La Costa d’Amalfi. Novanta turisti su cento vi arrivano dal lato sbagliato: da sotto. La percorrono in senso orizzontale, la guardano dal basso in alto, con in primo piano rocce arcigne e grappoli di case inchiodate alla rupe. Senza rendersene conto, la scoprono voltando le spalle al mare che ne è il protagonista essenziale ed insostituibile. Ben altro fascino regalano le visioni dall’alto, con il mare a fare da sfondo. “Le case, sognanti la rosea vaghezza dei poggi discendono al mare in isole in ville accanto alle chiese”, canta Alfonso Gatto. Campanili svettanti sembrano emergere dalle onde. Tutto induce a ritenere che la Divina va presa alle spalle. Ma nessuno ci fa caso, nessuno lo mette in risalto, lo raccomanda, né al viandante né tantomeno al gitante.
Chi viene dall’area napoletana attraverso il valico di Agerola o dall’Agro sarnese-nocerino scalando il Chiunzi, non appena inizia la discesa, lascia il paesaggio montano, fatto di tetti sporgenti, selve e boschi e incontra, quasi all’improvviso, il mare. Percorrendo i tornanti di Furore o le svolte di Tramonti o di Ravello, si cala dall’alto nell’azzurro del cielo e del mare, quasi vi si immerge. Nuota fra le onde, ”dove risplendono come gioielli le isole del golfo”. 

Visto da quassù, il mare somiglia a un muro. Sembra una grande barriera azzurra, avvolgente, quasi protettiva. “Uno scenario che accende la sete inesauribile di ciò che qui scorre  nell’incessante fluire delle correnti della bellezza”. Che spettacolo straordinario! Che emozione imperdibile! Viene spontaneo da pensare che la grande informazione da dare al turista in arrivo nella nostra terra, nel suo stesso interesse, sia proprio questa: “La Divina: prendila alle spalle!