Vinitaly, tempo di novità ma anche tempo di bilanci: per Federvini, il 2017 si è caratterizzato per un cambiamento rilevante rispetto agli scorsi anni, registrando uno sviluppo sia del mercato nazionale sia di quello internazionale, una combinazione favorevole che non si verificava da anni.
Pur senza trionfalismi – la ripresa non ha permesso ancora di raggiungere le cifre pre-crisi – la maggiore fiducia nelle prospettive generali del Paese ha stimolato i consumi fuori casa, in particolare grazie alla ristorazione e al turismo, quest’ultimo particolarmente favorevole per l’Italia, non solo come presenze nelle grandi città ma anche durante tutta la fase estiva.
“Il vino oltre ad essere un richiamo importante per l’immagine del Paese, è anche un elemento fondamentale per entrare con maggiore attenzione nella realtà territoriale” – ha commentato Chiara Lungarotti, Consigliere di Federvini – “Ma se con la ristorazione il rapporto talmente solido da rappresentare molto spesso anche il migliore canale di ingresso nei mercati stranieri, il rapporto con il turismo va ancora meglio sviluppato con un legame che deve essere rafforzato con le attività legate al patrimonio culturale e ambientale: da questo punto di vista la Legge sull’Enoturismo può fare molto”.
Oltre all’attenzione sul valore dei territori, delle produzioni vitivinicole e dei prodotti bisogna accrescere l’attenzione sugli aspetti legati alla sostenibilità ambientale e sociale – sempre più rilevanti per i consumatori – e che caratterizzano sempre di più il settore alimentare. In questo caso è necessario ragionare in termini di filiera e lavorare insieme alle Istituzioni per avere tutti lo stesso programma e gli stessi obiettivi.
Sul versante internazionale il neo-protezionismo è una minaccia sempre più concreta. “Siamo un paese a fortissima vocazione all’export, non solo nel settore agro-alimentare dove il vino guida la classifica in valore. L’Italia deve sostenere con forza il mantenimento degli accordi commerciali internazionali: abbiamo bisogno di regole che aiutino gli scambi e il libero mercato, tutelando la qualità, soprattutto quando sono in gioco operatori piccoli e medi, come siamo noi tutti nella maggior parte dei casi”, ha concluso Lungarotti.
Concentrare le energie sul valore del prodotto anche nei mercati internazionali, cogliere tutte le opportunità per migliorare il sistema di promozione dei nostri vini, evitare gli errori del recente passato: questo il mantra per i prossimi anni.
PRODUZIONE SOSTENIBILE? È LA CHIAVE DI VOLTA PER LA COMPETIVITÀ TRA V.I.V.A., PEF e ‘MADE GREEN IN ITALY’
Gli italiani? Sempre più disposti ad acquistare prodotti green se di qualità. Ma quando si chiede di esplicitare cosa significa green, le risposte sono spesso generiche o non vanno oltre il tema delle emissioni di CO2. Questo il pensiero di Fabio Iraldo, coordinatore del Dipartimento di Energia ed Ambiente (IEFE) presso l’Università Bocconi di Milano. Per questo è necessario creare dei modelli riconoscibili che identificano – per stakeholder e consumatori – un percorso di sostenibilità in cui aspetti economici, sociali ed ambientali siano integrati.
Il progetto V.I.V.A. avviato dal Ministero dell’Ambiente, ha proprio lo scopo di misurare – e quindi migliorare – le performance di sostenibilità della filiera viti-vinicola attraverso 4 indicatori che identificano l’impatto socio-economico, le emissioni climalteranti, la water footprint e la gestione complessiva del ciclo di vita, dal vigneto allo scaffale.
“Il modello V.I.V.A. considera l’intero ciclo di vita del prodotto misurando l’impatto ambientale complessivo” – ha dichiarato Piero Mastroberardino, Presidente del Gruppo Vini di Federvini – “Si tratta di un approccio potenzialmente strategico sia per valutare l’impatto delle diverse fasi di lavorazione e quindi capire meglio dove andare ad investire in chiave di maggiore efficienza, sia in chiave di comunicazione verso gli stakeholder”.
Anche la Commissione Europea sta lavorando in questa direzione, favorendo virtualmente qualità e trasparenza del prodotto italiano. La PEF (Product Environmental Footprint) è la metodologia proposta da Bruxelles per misurare e comunicare al mercato l’impatto ambientale dei prodotti in commercio così da favorire, agli occhi del consumatore, quelli più “green”. Il metodo si basa sulla ben nota “analisi del ciclo di vita” (LCA).
La PEF è in via di definizione e ad aprile chiuderà la parte dedicata ad una serie di settori merceologici tra cui il vino. L’Italia ha deciso di prendere la palla al balzo cogliendo l’opportunità di applicare la PEF, primo tra i paesi EU: si tratta del progetto Made Green in Italy, che, attraverso un’etichetta specifica che fa riferimento esplicito al Ministero dell’Ambiente – partendo dalla legge sulla “Green Economy” n. 221/2015 – mira a innescare un circolo virtuoso tra competitività dei sistemi produttivi del Made in Italy e sostenibilità ambientale.
“È evidente come la qualità del prodotto, legandosi alla sostenibilità attraverso un endorser ad alto peso specifico, possa costituire una leva di marketing molto forte, partendo sempre da dati di impatto ambientale misurabili e corretti”, ha concluso Mastroberardino.
Federvini – Federazione Italiana Industriali Produttori, Esportatori ed Importatori di Vini, Vini Spumanti, Aperitivi, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti ed Affini – nasce nel 1917, aderisce a Federalimentare e Confindustria, ha un’ampissima rappresentanza dei produttori di vini, liquori, acquaviti e aceti e di Aceto Balsamico di Modena IGP. Scopi della Federazione sono la tutela degli interessi e l’assistenza della categoria in tutte le sedi istituzionali, nazionali, comunitarie ed internazionali.