Enoregioni italiane: Colline Emiliane

11/09/2017

Prosegue la nostra panoramica delle 92 enoregioni italiane.

Nella Regione Emilia Romagna è possibile individuare cinque enoregioni: Colline Emiliane, Terre dei Lambruschi Emiliani, Colline di Romagna, Pianura Emiliano-Romagnola, Delta del Po.

 

COLLINE EMILIANE

Le due aree geografiche distinte, che da secoli confluiscono in un’unica regione, esprimono ancora oggi le loro diversità enologiche, influenzate dalla differente posizione geografica, con vini frizzanti in Emilia e vini fermi in Romagna. L’Emilia ha legato il suo sviluppo ai traffici e ai commerci che si svolgevano sull’omonima strada consolare costruita dai Romani e cui va il merito dell’introduzione della vitivinicoltura nei molti territori che attraversava, come nella valle del Secchia e del Panaro, oggi regno del Lambrusco, mentre l’area dei Colli Piacentini vanta una tradizione ancora più antica legata ai vini dei Liguri che vi si erano insidiati. Le Colline emiliane comprendono le colline di Scandiano e Canossa nel reggiano e di Castelvetro nel modenese, i Colli bolognesi, i Colli di Parma e i Colli piacentini. Da un lato dunque la nebbiosa Bassa Padana del grande fiume Po, dei suoi affluenti, dei canali e dei pioppi; dall’altro la fresca collina con le valli punteggiate da castelli e ville, a memoria degli antichi feudi e delle signorie spesso in lotta fra loro. Qui numerose strade dei vini e dei sapori attraversano incantevoli paesaggi fluviali, borghi medioevali, siti archeologici di epoca romana, antichi mulini, boschi e pinete, lungo le quattro valli principali dell’Appennino piacentino e i comuni rivieraschi del fiume Po.

Vini locali. Numerosi i vini bianchi e rossi e le sottozone (Colline di Riosto, Colline Marconiane, Zola Predosa, Monte San Pietro, Colline di Oliveto, Terre di Montebudello, Serravalle) della denominazione Colli Bolognesi. Tra questi il Pignoletto, nella versione ferma e tranquilla o frizzante: vino bianco di colore paglierino chiaro con riflessi verdognoli, odore delicato e caratteristico, gusto fine e armonico, adatto sia come aperitivo che per accompagnare culatello, mortadella e minestre leggere. Molte anche le tipologie (pure Frizzanti e Spumanti) della doc Colli Piacentini – Trebbianino Val Trebbia, Valnure, Barbera, Bonarda, Malvasia, Pinot grigio, Pinot nero, Sauvignon, Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Novello e Vin Santo – tra le quali ricordiamo il Vin Santo di Vigoleno, prodotto con una tecnica bicentenaria da un mosto densissimo e lasciato fermentare per anni in una botticella di rovere, e il Monterosso Val d’Arda, ricavato da uve di malvasia di candia aromatica e moscato bianco, trebbiano romagnolo e ortrugo, nel tipo secco (adatto a pesce, antipasti e minestre asciutte) e amabile (ottimo con frutta e dolci a fine pasto). A merenda un bicchiere di Malvasia accompagna per tradizione una fetta del più classico dei dolci piacentini, la ciambella, ottima anche a colazione. Il Gutturnio doc, vino prodotto nel territorio da antica tradizione, deriva il suo nome da un calice romano d’argento trovato nel Po nel 1878: simile al Rosso dell’Oltrepò Pavese, è a base di barbera e bonarda: dall’intenso colore rubino, ricco bouquet di profumi, gusto secco alcolico e astringente, si abbina bene a carni rosse o formaggi piuttosto stagionati (il tipo Classico anche con la coppa e i tipici pisarei con i fagioli). Nasce dall’omonimo vitigno autoctono l’Ortrugo doc, dal colore giallo chiaro tendente al verdognolo, delicati profumi floreali e fruttati, gusto asciutto che chiude con una leggera nota amarognola, perfetto con frittate, formaggi molli, tortelli alle erbette e piatti di pesce.

Piatti e prodotti tipici. Tra i sapori spiccano i prodotti della lavorazione del maiale: dal prosciutto di Parma dop e salame di Felino igp ai tre salumi (coppa, pancetta e salame piacentini) certificati dalla dop per le particolari modalità di lavorazione e stagionatura, fino alla mortadella di Bologna igp, il cui vero segreto sta nell’abilità degli stufini, gli specialisti della cottura con le caldaie a vapore. Seguono la robiola di Castel S. Giovanni, le dop grana padano e provolone Val Padana, l’aglio bianco di Monticelli in attesa di igp, le ciliegie di Villanova, mele e pere di antiche varietà, il miele della Val Tidone. In primavera si raccolgono – ma con molta attenzione perché nei prati si trovano piante mortali assai simili – i mazzetti di barba di becco o basapret le cui foglie, che ricordano quelle del porro, sostituiscono a volte le bietoline nel ripieno dei tortelli. Le umide vallette sotto i frassini, nei frutteti e nei pioppeti dell’Appennino bolognese sono tra i pochi territori dove è ancora viva la tradizione delle pregiatissime spugnole, ingredienti di grande fama nella cucina rinascimentale ma poi cadute in disuso. Nel piacentino e nella Bassa si insaporiscono i piatti con il grass pist, un trito a base di aglio bianco, lardo e prezzemolo da provare anche su crostini di pane. Altre specialità: la salsa di noci e il pesto di matrice ligure, il food street emiliano (crescentine, borlenghi, tigelle, gnocchi fritti), ciccioli (scaglie rossicce di grasso suino croccanti e saporite), anolini (pasta fresca con ripieno di carne) in brodo, bomba di riso (con polpa di piccione e grana), tortelli di zucca, pisarei e fasoi (gnocchetti di pane e farina con fagioli), tortellini in brodo di cappone o al ragù, lasagne con spugnole o spinaci, picula ad cavàl (carne trita di cavallo in umido con cipolle e peperoni), coppa arrosto, tasto (la versione piacentina della più nota cima alla genovese). Seguono zuppa inglese, spongata (burrosa frolla di origini quattrocentesche dalla ricchissima farcitura di frutta secca e spezie), torta sbrisolona (versione con mandorle e farina gialla di un antico dolce dalle lontane origini ebraiche), torta degli addobbi, chisöla (focaccia fritta), turtlìt di Carnevale, ravioli di S. Giuseppe. (di Alessandra Calzecchi Onesti)

 

DENOMINAZIONI

DOCG: Colli Bolognesi Classico Pignoletto

DOC: Colli Bolognesi, Colli di Parma, Colli di Scandiano e di Canossa, Colli Piacentini, Gutturnio, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, Modena o di Modena, Ortrugo, Reggiano, Reno       

IGT: Bianco di Castelfranco Emilia, Emilia o dell’Emilia, Fortana del Taro, Terre di Veleja, Val Tidone