Diamo il benvenuto al Comune di Sesto al Reghena

26/01/2022

L’Associazione dà il benvenuto ad una nuova Città del Vino, il Comune di Sesto al Reghena (PN). L’origine di Sesto deve essere ricondotta all’epoca pre-romana, come ci confermano i numerosi reperti archeologici rinvenuti nel territorio. La romanità di Sesto è ribadita dal suo stesso toponimo: Sesto era infatti una "statio", ossia un posto militare collocato al sesto miliario della strada che collegava Concordia con il Norico. Conobbe un significativo sviluppo con la dominazione longobarda, ma fu poi piegata dalle scorrerie degli Ungheri. Nel Medioevo visse un periodo di grande splendore con l’annessione dell’Abbazia e dei suoi territori al dominio feudale del Patriarcato di Aquileia fino a quando, Venezia, invase militarmente il Friuli nel 1418. Con il trattato di Campoformido, nel 1797, si pose fine alla vita della Repubblica Veneta e nell’Ottocento il territorio di Sesto si intrecciò con le vicende del Regno Lombardo-Veneto fino all’annessione al Regno d’Italia. L’attuale denominazione di Sesto al Reghena risale appunto al 1867, quando il Friuli venne annesso all’Italia e fa riferimento al fiume Reghena che attraversa il paese. Ma il nome Reghena da dove viene? Una delle ipotesi vuole che la radice sia “reca” che significa torrente, corso d’acqua. Via Levada non si riferisce ad una distanza, ma al tipo di percorso, sollevato rispetto all’area circostante; così fanno riferimento ad aspetti e caratteristiche ambientali Bagnarola “luogo paludoso”, Gleris “Ghiaie” e Versiola “svolta di un torrente o di una strada” e Ramuscello, posto sulle rive di un ramo antico del Tagliamento; ad altri tipi di rami, e precisamente a quelli del vinciar, si fa risalire il nome del fiume Venchiaredo. All’organizzazione del territorio rimandano altri toponimi: Giai viene da gahagi e significa “terreno o bosco riservato”: e così anche Banduzzo, che viene dal termine germanico Bandvjan “terreno bandito”, e Braidacurti. Vissignano e Marignana, infine, come tutti i nomi che terminano con il suffisso – ano, – anu – acu, derivano dal nome del padrone o del possessore del fondo.

Tanti i monumenti e i luoghi d’interesse di Sesto al Reghena, uno dei Borghi più belli d’Italia in Friuli Venezia Giulia!

L’Abbazia di S. Maria in Sylvis (così denominata perché allora immersa in una estesa selva, dal latino "silva") venne fondata intorno alla prima metà dell’VIII sec.; nel 762 ricevette la donazione di tre nobili longobardi Erfo, Marco e Anto alla quale seguirono numerose altre. Nell’899 subì la devastante invasione degli Ungheri che la distrusse quasi completamente, ma tra il 960 e il 965 l’abate Adalberto II iniziò l’opera di ricostruzione e l’abbazia accrebbe la sua potenza non solo sul piano religioso, ma anche civile, tanto da assumere l’aspetto di castello medioevale con il suo sistema difensivo formato da torri e fossati. Con il diploma del 967 Ottone I donò al Patriarcato di Aquileia l’Abbazia di Sesto che più tardi, nel 1420, passò sotto la dominazione della Repubblica Veneta che la affidò, nel 1441, a prelati secolari che non vi risiedevano. Soppressa la Commenda, i beni e le proprietà dell’abbazia vennero messe all’asta. Dopo varie vicende la giurisdizione religiosa passò alla diocesi di Concordia (1818) e nel 1921 la Santa Sede le riconobbe di nuovo il titolo di "Abbazia". Si accede alla piazza dell’abbazia sottopassando un robusto torrione, unico superstite dei sette che difendevano le mura, detto del ponte levatoio, oggi sede della Biblioteca Civica; di fronte appare la massiccia torre vedetta scandita da lesene (1050 ca.), trasformata in campanile; a sinistra l’antica cancelleria abbaziale (ora scuola materna); a destra la residenza degli abati (oggi sede municipale), costruzione di impianto rinascimentale sulla cui facciata si conservano gli stemmi affrescati di cinque abati commendatari. A sinistra di quest’ultima l’entrata e il corpo dell’abbazia. La facciata d’ingresso, risultato di modifiche avvenute lungo i secoli, è aperta da un semplice portale sopra il quale ci sono degli affreschi datati XI-XII sec. (Arcangelo Gabriele, entro lunetta; S. Benedetto) sovrastati da trifore; a sinistra una loggetta affrescata nelle pareti interne con una Scena cavalleresca e una Investitura, in quella esterna con S. Cristoforo, Madonna col Bambino e i SS. Pietro e Battista; del XIV sec., a destra una scala balaustrata conduce al salone, un tempo coro notturno per i monaci oggi adibito a manifestazioni culturali. Varcando il portone si accede al vestibolo interamente affrescato (nelle pareti il ciclo allegorico dell’Inferno a sin., del Paradiso a destra e di S. Michele, nella facciata interna) del 1450 circa, attribuito ad Antonio da Firenze e allievi.

Il Palazzo del Comune, già Residenza Abbaziale, si erge sul lato est di Piazza Castello e forma un prospetto continuo con la loggetta a due piani e con il portico di accesso al vestibolo della Chiesa di Santa Maria.

Nella frazione di Ramuscello si trova l’antico borgo di “Ramuscello Vecchio”, all’interno del quale c’è la Villa Freschi, già Attimis, bellissimo esempio di villa veneta settecentesca. Un viale di pioppi precede un cancello con lo stemma della famiglia oltre il quale si apre l’ampio cortile con in fondo l’abitazione padronale, una costruzione elegante con stucchi attorno alle finestre, portale bugnato e timpano centrale curvilineo; ai lati si protendono le due barchesse. La villa, di proprietà privata, non è visitabile.

La Fontana di Venchieredo è uno dei più noti luoghi letterari del Friuli, celebrata da Ippolito Nievo e riscoperta da Pierpaolo Pasolini. Così Nievo la descrive nel quarto capitolo delle sue "Confessioni di un italiano": "C’è una grande e limpida fontana che ha anche voce di contenere nella sua acqua molte qualità refrigeranti e salutari. Ma la ninfa non credette fidarsi unicamente alle virtù dell’acqua per adescare i devoti e si è recinta di un così bell’ orizzonte di prati di boschi e di cielo, e d’un ombra così ospitale di ontani e saliceti che è in realtà un recesso degno del pennello di Virgilio questo ove piacque di porre sua stanza". La bellezza e la suggestione di questo luogo, ricomposto paesaggisticamente con le specie arboree autoctone e la flora tipica degli ambienti di risorgiva, lo hanno reso il luogo di incontro di molti innamorati di un tempo e di oggi.

La Chiesetta campestre di San Pietro di origine medioevale (datata probabilmente intorno al XI – XIII sec.) è costituita da un’aula rettangolare terminante con una piccola abside semicircolare a catino. L’attuale aspetto dell’edificio è dovuto all’opera di recupero e restauro, terminato nel 1997, che ha ridato dignità a questo caratteristico e antico luogo sacro. L’opera di consolidamento è stata preceduta da un’indagine archeologica che ha permesso il rinvenimento dei resti di alcune sepolture del XII – XV sec. e dei due strati pavimentali. Le pareti vennero affrescate in epoche diverse, ma oggi purtroppo poco rimane della decorazione originaria; si conserva un affresco quattrocentesco con la Vergine, il Bambino e S. Sebastiano. Disseminate nel territorio si trovano numerose chiesette votive. Nella frazione di Marignana si trova la Chiesetta di S. Urbano che risale al 1600, ma che presenta rifacimenti effettuati negli anni 1936-37; al suo interno la pala con il santo omonimo dipinta da A. Pascotto (1893). In località Braidacurti c’è l’Oratorio di S. Chiara, costruzione settecentesca, più volte modificata, con all’interno un coevo altare ligneo e la pala con Madonna e Bambino, S. Francesco di Sales e S. Margherita di Alacoque, ora nella Sala delle Udienze in Abbazia. A tre chilometri da Sesto, in località Banduzzo, al centro di un gruppo di abitazioni rurali circondate dal verde, sorge la ottocentesca Chiesetta di S. Antonio eretta dai proprietari del luogo con coeva pala raffigurante i SS. Giovanni Battista e S. Antonio da Padova

E’, infine, possibile effettuare un itinerario paesaggistico-naturalistico che abbraccia le principali valenze naturalistiche ed artistiche del territorio e che potrà rilevare ad un attento osservatore un paesaggio particolarmente interessante per la varietà della flora e fauna autoctone e per la presenza di numerosi corsi d’acqua e olle di risorgiva, tipicità questa delle aree umide della bassa pianura friulana. Partendo dal centro storico di Sesto, lasciata l’Abbazia alle spalle, si svolta a destra per via Giotto di Bondone; quindi arrivati al canale Reghena si accede ai Prati Burovich di proprietà della Provincia di Pordenone, memoria dell’antico bosco planiziale e testimonianza delle sistemazioni agrarie tra Sette e Ottocento; suggestivo il percorso che si può effettuare a piedi oppure in bicicletta, attraverso le “stanze” dei prati stabili. Ritornati in centro, da piazza Aquileia si prosegue per via Zanardini, si percorre via Levada per ca. 1,2 km. e si svolta a sinistra in via Piave, imboccando a destra dopo circa 300 m. una strada campestre ciclabile e pedonale, memoria di un’antica strada romana, finché si giunge al guado sulla roggia Versiola oltrepassato il quale appare la chiesetta di S. Pietro. Si percorre via S. Pietro, si attraversa la strada e si prosegue in via Stalis superando il ponte sul fiume Lemene che, diramandosi, lambisce un isolotto dov’è ubicato l’antico Mulino di Stalis. Si continua percorrendo la strada bianca fino alla Fontana di Venchieredo, area attrezzata per una sosta in mezzo alla natura. Da qui si riparte verso la località Casette, fiancheggiando il lago Paker; all’incrocio si svolta a sinistra, si prosegue per ca. 1 km. fino a trovare sulla sinistra via Siega. In questo borgo si trova uno dei rari esempi di antica segheria (XVIII sec.) che conserva, tutt’oggi, al suo interno le originarie attrezzature per la lavorazione del legno. Si prosegue immettendosi in via Borgo di Sotto e svoltando a destra si arriva al centro della frazione Bagnarola dove si trova la Chiesa di Tutti i Santi. Il percorso si conclude nella frazione di Ramuscello che si raggiunge percorrendo via Monte Santo e via Piramidi, fino a giungere all’incrocio con la Strada Statale, attraversata la quale si imbocca via Freschi che porta alla Villa omonima.