L’Associazione dà il benvenuto ad una nuova Città del Vino, il Comune di Verrayes nella Provincia di Aosta. Il toponimo potrebbe derivare da "Verus Aer " (aria pura) o "Vervactum" (terra a riposo), ma più plausibilmente dal patois locale "Ve-ayes" (verso le acque), in francese antico.
I primi insediamenti sul suolo di Verrayes risalgono alla preistoria, almeno al III millennio a. C. Alcuni reperti risalgono all’Età del Rame, tra il 2200 e il 2000 a.C. Si ritiene (Mezzena 1995) che vi siano evidenti affinità culturali e cronologiche con il sito di Saint-Martin-de-Corléans. Si ritiene che vi sia una continuità dei diversi culti delle diverse religioni in alcuni punti particolari del territorio (cappella di Marseiller, Gremey e Rapy). Ad avvalorare questa tesi, vi è soprattutto la coincidenza topografica tra l’insediamento preistorico e la primitiva chiesa nel cosiddetto Plan de la Vieille Eglise (secondo la tradizione questa cavità naturale, una sorta di porta di accesso alla terra di mezzo, ospita una fata che conosce anche i destini dell’uomo e li annota con enigmatici segni). Abbiamo in questo modo, accanto alla continuità dei riti e del sacro, elementi di fantastico e meraviglioso. Due testimonianze ci autorizzano a dire che il comune fosse abitato anche in epoca romana. La prima riguarda il ritrovamento di una pietra con dedica ad Apollo nelle immediate vicinanze della cappella di Marseiller (ancora un esempio di continuità nel culto): il testo epigrafico risalirebbe al I-II secolo d.C. La seconda ci porta invece a Diémoz con il rinvenimento di un sarcofago romano che fungeva da bacino di fontana. Il toponimo Diémoz rimanda a una “mansio”, luogo di sosta attrezzato lungo la via, ad Decimum (ab Augusta lapidem). La lunga oscurità medievale, allo stato delle conoscenze attuali, non ha lasciato particolari tracce. La chiesa di Dièmoz era in origine considerata alla stregua di una cappella della parrocchia di Chambave fino al 1207, anno in cui una bolla papale di Innocenzo III rendeva autonome le parrocchie di Diémoz e Saint-Denis. La parrocchia di Verrayes ha sicuramente una origine molto remota; tuttavia le prime notizie documentate risalgono al 1184 e essa viene indicata come dipendente dal priorato di Sant’Orso. Gli aspetti più importanti sotto il profilo di una migliore sopravvivenza in una terra arida, perennemente prosciugata dai venti provenienti da ovest, sono da ritrovarsi nei tre importanti rus (il “ru” è un piccolo canale irriguo costruito in ambiente alpino per portare l’acqua dai torrenti delle valli laterali ai terreni agricoli da irrigare sui pendii aridi della valle centrale): il Ru de Joux (1250) prende le sue acque nella Saint-Barthélemy per irrigare il territorio nella parte alta e nei terrazzamenti a ponente del comune; il Ru de Chavacour (1350), oggetto di continui scontri e rivendicazioni con gli abitanti di Torgnon, nasce dal torrente omonimo e serve i prati a levante del Comune, assieme al terrazzamento del capoluogo; il Ru de Marcillier (1423) origina dal torrente Marmore, attraversa Saint-Denis ed arriva sino a Marseiller. Accanto alla lunga tenebra storiografica medievale, dobbiamo aggiungere le ancora scarne notizie degli albori dell’età moderna sino al XX secolo. Una dura esistenza di lavoro contadino fatta di ristrettezze, lotta per le acque, malattie (la peste del 1630 e l’epidemia di colera del 1867 sono emblematiche) e devozione, come testimoniano le numerose cappelle e oratori sparsi sul territorio. L’organizzazione feudale doveva concludersi di fatto in Valle d’Aosta solo nel XVIII sec. e, per il Comune di Verrayes, i nuovi confini così come oggi appaiono sono sanciti dalla Royale Délégation nel 1782 con la riorganizzazione dei mandamenti di Nus, Cly e Châtillon. Tra il 1767 e il 1773 il cosiddetto Cadastre Sarde fornisce interessanti notizie sulle famiglie contribuenti, sulla demografia e sull’antroponimia. Pierre-Louis Vescoz viene riconosciuto come il più importante tra i Verrayons: religioso, erudito, storiografo, geografo, botanico, naturalista, cartografo, agiografo, fondatore e divulgatore di riviste scientifiche. Ispiratore della nuova chiesa parrocchiale (1877), ha realizzato un bellissimo arboreto con oltre 10.000 piante non indigene tra il 1905 e il 1908 ed è stato autore di testi fondamentali per la comunità di Verrayes. In passato nell’area comunale erano attive due miniere di rame, in località Vencorère. Importante era anche l’attività estrattiva del marmo, come nella cava tra Ollian e Marseiller, oggi dismessa. Il XX secolo porta profonde trasformazioni. A partire dagli anni ’70, il territorio vede una urbanizzazione e un’antropizzazione più importante sul fondo valle o nelle frazioni più basse: nascono aziende artigianali, commerciali, fabbriche e le nuove generazioni trovano impiego anche nel settore terziario.
Tra le occasioni per una visita la Féta de la sarieula, in patois verrayon La sagra del timo, a metà maggio in località Rapy.
Il vero gioiello storico-architettonico è la casa-forte di Marseller, la cui costruzione risale al XV sec. ed è opera dei Saluard, una famiglia di notabili provenienti dalla Tarentaise a servizio dei signori di Cly. Così come è conservata, è in realtà un insieme di diverse costruzioni che hanno purtroppo subito un’intensa attività di demolizione e ricostruzione nei secoli successivi a causa di mutate esigenze ed incendi. Pertanto, il patrimonio artistico è gravemente compromesso. Gli affreschi raffiguranti soggetti cavallereschi e stemmi nobiliari sono attribuiti a Giacomino d’Ivrea, così come il ciclo di affreschi presenti nella Cappella dedicata a San Michele, sempre eseguita dalla famiglia Saluard e consacrata nel 1441. Il territorio, di rara e inaspettata bellezza, è costellato di ambienti naturali e paesaggistici come l’Arboretum Pierre-Louis Vescoz e la Riserva naturale dello stagno di Lozon. La Via Francigena attraversa il Comune nelle sue frazioni più basse, coincidendo con il Chemin des vignobles (francese per "Cammino dei vigneti"), per raggiungere Chambave.