Diamo il benvenuto a Uri

05/05/2021

L’Associazione dà il benvenuto ad una nuova Città del Vino, il Comune di Uri (SS). Il toponimo, di probabili origini preromane, è di etimologia incerta, dato che contiene la base paleosarda Ur, comune a molti nomi sardi, ed è confrontabile con il basco Ur, ossia Acqua, e Urium ossia acqua fangosa, per le caratteristiche del terreno dove il paese è sorto.

Le prime tracce della presenza umana nel territorio risalgono alla preistoria, nell’età nuragica, come è testimoniato dalla presenza del nuraghe di Santa Caterina, proprio nel centro del paese, e dal fatto che nel territorio di Uri vi sono più di quaranta nuraghi. Successivamente vengono realizzati alcuni insediamenti riferibili al periodo della Roma repubblicana e imperiale. Nel periodo medioevale, in seguito alla costituzione dei quattro regni indipendenti, Uri fa parte del giudicato di Torres, nella curatoria di Coros, e la sua storia è strettamente legata a quella della baronia di Osilo e poi di quella di Usini, poi trasformata in contea.

Uri sorge su un’area collinare ricca di calcari, basalti e trachiti, attraversata da affascinanti vallate. L’antico cuore del paese è rappresentato dall’area archeologica di Santa Cadrina (Caterina), un complesso costituito dal nuraghe e dal suo villaggio, frequentato anche nelle epoche successive. Il nuraghe del tipo complesso, trilobato, comprende una torre centrale, il mastio, alla quale sono state aggiunte davanti altre due torri secondarie, collegate da bastioni rettilinei realizzati con blocchi di calcare e trachite, che delimitano un piccolo cortile interno a pianta trapezoidale, nel quale è ubicato un pozzo. La camera della torre centrale è collegata al cortile da un corridoio. Lungo il perimetro interno della camera centrale sono presenti quattro piccole nicchie sopraelevate, e nella parte nord ovest della torre centrale si trovano i resti di un grande forno, probabilmente utilizzato come fucina. Anche la torre di sinistra presenta una camera circolare che si conserva per un’altezza su due filari. Attorno al nuraghe sono presenti i resti di un grande villaggio del quale sono state riportate alla luce alcune capanne circolari. Il villaggio nuragico è contornato da numerosi nuraghi minori, come tanti satelliti che gravitavano intorno al nuraghe centrale, con il compito di fare da guardia al nuraghe maggiore. Il sito è ancora in fase di scavo, e questi scavi hanno già permesso di evidenziare resti di murature nuragiche, romane e medievali, un altro pozzo utilizzato ancora oggi, una macina e reperti litici e ceramici.  All’inizio di via Roma si trova la Chiesa di Santa Croce, che sarebbe stata edificata in stile romanico con il nome di chiesa di Santa Maria nell’undicesimo secolo, sotto il regno del giudice Gonnario de Salanis detto anche Comita I o del suo successore Barisone I, e che molto probabilmente apparteneva a una Congregazione monastica, forse quella delle monache benedettine di San Pietro. È stata la chiesa parrocchiale forse fino a tutto il quindicesimo secolo. Nel tempo ha subito varie trasformazioni, ed in seguito è stata utilizzata dalla Confraternita omonima, della quale rimangono documenti scritti a partire dal 1683, conservati nell’archivio parrocchiale. Si presume che il tetto originale fosse in legno a capriate, e nei primi anni del diciannovesimo secolo è stato sostituito da una volta in muratura ad arco ribassato. La facciata ha una forma a capanna, il portale rotondeggiante è di recente costruzione, ed il campanile, a vela, che sovrasta la facciata, è ad arco. Proseguendo lungo la via Roma, troviamo sulla destra la piazza Vittorio Veneto, chiamata Carrela ‘e cheja, dove si trova la cinquecentesca Chiesa di Nostra Signora della Pazienza (Santa patrona del paese), che è stata la chiesa parrocchiale fin dalla sua fondazione. Il titolo di Nostra Signora della Pazienza, del quale si ignora l’origine, le venne imposto intorno al diciottesimo secolo. All’interno, la chiesa ha una navata centrale con il pavimento in marmo grigio, la volta a botte e le pareti intonacate e ricoperte da marmi. Ai lati della navata centrale ci sono le cappelle dedicate alla Madonna di Paulis, alle Anime, al Santo Sepolcro ed a Sant’Antonio, e nella chiesa si trova anche la cappella del Battistero. La facciata della chiesa è coperta da intonaco e da trachite a vista, ed il campanile è di forma ottagonale. Tutto l’edificio è stato riadattato e modificato tra il 1948 ed il 1950. Sotto la chiesa si trova la Cripta, una piccola cappella sotterranea dove, sin dai tempi antichi e fino al 1840 circa, si muravano le spoglie dei religiosi defunti. Altre sepolture si trovavano sul lato destro della chiesa, chiamato per questo tzimitoriu, e sul suo lato sinistro, dove in seguito è stata costruita la casa parrocchiale. Intorno al 1870 è stato costruito l’attuale cimitero di Uri nel quale, da allora in poi, sono stati seppelliti i defunti. Via Santa Maria di Paulis ci porta nella piazza omonima, dove si affaccia la Chiesa di Santa Maria di Paulis, nuova chiesa parrocchiale dedicata alla Madonna di Paulis, per la quale nel paese si ha grande devozione. Nei dintorni di Uri sono stati portati alla luce i resti del protonuraghe Peppe Gallu; dei nuraghi semplici Montemesu, e Sa Curdiola; dei nuraghi complessi Attentu, e Santa Caterina; ed anche dei nuraghi Alzola Sa Codina, Bilianu Pinna, Budigiola, Bunnannuru, Colzolu, de Cossos, Marroso, monte Ladu, Nieddu, Rappasale, Sa Mandra, Sa Pigalva, Sa Pigalva II, s’Adde Cadavedere, s’Altaruzzu, Sanajolo, Scala, Scala Cavalli, Sos Aghedos, Sos Aghedos III, Sos Iscrabitados, su Crastu Ruju, su Cuttu, su Igante, su Labiolu, su Vezzu de su Padre, Teriu, tutti di tipologia indefinita. Da Uri una strada sterrata ci porta ai resti dell’Abbazia di Nostra Signora di Paulis, che si trova nel comune di Ittiri ma appartiene alla comunità di Uri. Fatta realizzare nel 1205 in stile romanico dal giudice di Torres Comita II, è stata donata ai monaci Cistercensi che la hanno utilizzata sino al quindicesimo secolo. Crollato parzialmente alla fine del diciannovesimo secolo, il complesso, ormai ridotto a rudere, è in fase di restauro.

Il Lago del Cuga è un lago artificiale prodotto dalla costruzione, nel 1975, di una diga, per realizzare l’irrigazione della pianura della Nurra. Ha una capacità di circa 30 mln di metri cubi, ed una superficie di poco più di 3 kmq, a cui corrisponde una profondità media di 10 mt. Il bacino imbrifero non è sufficiente per portare a riempimento il lago, e quindi, attraverso condotte sotterranee, il Lago Cuga è stato dunque collegato con il Lago Temo, nel comune di Monteleone Rocca Doria. La qualità delle acque non risulta adatta per usi potabili nè per la balneazione, ma vi viene praticata l’attività di pesca sportiva ed è possibile pescare il persico trota. In prossimità delle sue sponde si trovano numerosi nuraghi: il Sa Curdiola, l’Attentu, il su Cuttu ed il Bilianu Pinna. Le acque hanno interamente sommerso il nuraghe Chesseddu, ed hanno parzialmente sommerso il nuraghe Alzola Sa Cudina, un nuraghe monotorre del quale, nei periodi massimo invaso, affiora appena la parte superiore dalle acque, mentre nei periodi secca affiora l’intera penisola, nella quale è presente anche una tomba ipogeica, ed il nuraghe è raggiungibile da terra. Hanno anche parzialmente sommerso il nuraghe Pigalvedda, un nuraghe apparentemente monotorre scavato d’urgenza negli anni ’50 del Novecento, prima della realizzazione della diga del Cuga, che, nei periodi massimo invaso, risulta interamente sommerso. É anche sommerso il nuraghe Peppe Gallu, le cui strutture inducono a considerarlo uno pseudonuraghe piuttosto che un nuraghe vero e proprio, che rimane sommerso per gran parte dell’anno, ed è visibile solo quando il Lago si trova in secca. Prima della realizzazione del lago, è stata interamente smontata la Chiesa di San Leonardo, ricostruita con scrupolosa fedeltà e con le stesse pietre poi più a monte, sul lato destro della SS131 di Carlo Felice/bis proveniente da Alghero. Una strada costruita sopra l’importante sito archeologico della Domus de Janas di Badde Dejana rischiava di fare perdere un importante pezzo di storia del territorio. Il sito è costituito da una domus de Janas che, grazie al gruppo di ricercatori denominato ArcheoUri Vagando, è venuto alla luce in tutto il suo splendore, ma è a rischio di distruzione. La domus de Janas è infatti localizzata sotto la strada di penetrazione agraria che si imbocca nella zona del bivio che da Uri porta a Putifigari e che conduce alla necropoli di Monte Siseri, detta anche di s’incantu, un sito archeologico di grande valore situato appunto in territorio di Putifigari. La domus de Janas ha un ingresso posto a tre mt di profondità, a cui si accede tramite uno scavo quasi verticale che rischia di interrarsi in poco tempo se non salvaguardato. L’imboccatura di ingresso è parzialmente interrata e si accede alla domus strisciando. L’interno è ovviamente buio, appena accesa la torcia si è presentato un ambiente trachitico scavato nella roccia in cui si vedono travi e tutto quello che era la capanna, la casa, degli abitanti del tempo. La cavità è piena di detriti per almeno metà del volume, questo perché non è stata mai scavata, i pavimenti delle stanze laterali sono di banchi di argilla nera, che in tutta la zona di Badde Dejana non si trova, esiste solo li dentro. La volta è sorretta da due pilastri di cui uno è staccato e riverso sul pavimento, l’altro è rimaneggiato e sta per raggiungere il primo. Al suo interno sono presenti volte scolpite e colorate di rosso, che sono in pericolo di crollare se non si troveranno soluzioni.

L’economia del paese si basa sull’agricoltura, sull’allevamento ovino e sull’artigianato. Il patrimonio viticolo di Uri è uno dei più estesi del nord-ovest della Sardegna. In base ai dati Istat del 2019 la superficie vitata è così suddivisa: 25 ettari di Vermentino, 7,49 ettari di Cannonau, 17 ettari di Cagnulari e 41,36 ettari di altri vini. Infine Uri fa parte dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio, che ha tra i suoi compiti principali quello di divulgare la cultura dell’olivo e dell’olio di oliva di qualità, tutelare e promuovere l’ambiente ed il paesaggio olivicolo, diffondere la storia dell’olivicoltura, garantire il consumatore attraverso la valorizzazione delle denominazioni di origine, l’organizzare eventi, l’attuazione di strategie di comunicazione e di marketing mirate alla conoscenza del grande patrimonio olivicolo italiano. Le Città dell’Olio in Sardegna sono ad oggi ben 34.

Ad Uri sono attivi il Gruppo Folk Uri, l’Associazione Culturale e Folkloristica Santa Rughe di Uri, l’Associazione Culturale Folkloristica Coro di Uri, nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale del paese. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Uri vanno segnalate la seconda domenica di marzo la Sagra del carciofoFesta della Madonna di PaulisFesta patronale di Nostra Signora della Pazienza. La prima edizione della Sagra del carciofo ha avuto luogo nel 1990 e ogni anno si celebra il prodotto più famoso della zona. Si tratta di una due giorni intensa di eventi di carattere gastronomico, incentrata sulla promozione e valorizzazione del prodotto, oltre ad una serie di manifestazioni collaterali che attirano un pubblico sempre più numeroso. La Festa della Madonna di Paulis si svolge sino dal 1584, prima presso l’Abbazia che sorgeva nei dintorni di Uri, ed anticamente vi partecipavano anche gli abitanti di Ittiri ed Usini, che però non riuscivano mai, sempre secondo la leggenda, a raggiungere l’Abbazia prima degli uresi. Oggi la Festa si svolge il primo martedì dopo la Pentecoste a Uri, presso la nuova chiesa di Santa Maria di Paulis. Dal 2010 è organizzata dall’associazione omonima la manifestazione “Sa die de su Inu” (“La giornata del Vino”).