Continua il viaggio tra i vigneti in città

24/07/2018

Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta degli appezzamenti di varie dimensioni coltivati a vite in molte municipalità italiane ed europee, dalle grandi metropoli ai piccoli centri abitati. Vigne che testimoniano una parte importante della cultura e della storia cittadina e sono spesso preziosi custodi di biodiversità, in alcuni casi di biotipi rarissimi.

Maestosa e regale perché nasce nella Villa della Regina, che fu una delle residenze estive dei Savoia fino al 1864, è la Vigna della Regina a TORINO. A farla costruire insieme al grande giardino all’italiana di 12 ettari, con grotte e giochi d’acqua, boschi, orti e vigneti, fu Anna d’Orleans, nobildonna francese che nel XVII secolo sposò Vittorio Amedeo II di Savoia. Capolavoro barocco della prima fascia collinare con vista sulla Mole Antonelliana, voluta dal Cardinal Maurizio di Savoia nel 1615 e aggiornata nel Settecento da Filippo Juvarra, ospita dal 2003 una rinata attività agricola affidata dalla Soprintendenza alla Cantina Balbiano, che si è dedicata al recupero e al reimpianto della Freisa che dà vita alla Doc Freisa di Chieri ( la cui area di produzione coincide con la città metropolitana di Torino). Dal 2014 il Vigneto Reale di Villa della Regina è gemellato con il Clos Montmartre di Parigi e dal 2016 con il Castello di Schönbrunn di Vienna.

Anche MILANO ha la sua vigna urbana: in occasione di Expo 2015 è stato reimpiantato il vigneto situato nel giardino dell’abitazione che Ludovico il Moro, signore della città, aveva donato nel 1498 a Leonardo da Vinci quando questi si trovava nella capitale lombarda per dipingere l’Ultima Cena nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. Una complessa ricerca decennale intrapresa dall’Università Statale di Milano sotto la guida del professor Attilio Scienza e con la collaborazione della genetista Serena Imazio e dell’enologo Luca Maroni, ha permesso – tramite test del Dna – di individuare nei resti vegetali ritrovati scavando nell’antico giardino milanese, la Malvasia bianca aromatica dei Colli Piacentini, che Leonardo apprezzava particolarmente e che ha un’origine differente rispetto alle numerose Malvasie coltivate in Italia (sono almeno 17 quelle iscritte al Registro Nazionale).

Un documento del 1401 attesta la presenza a BRESCIA di un vigneto e dell’uva allora piantata. Oggi con i suoi 4 ettari di terreno coltivati, il vigneto Pusterla è forse la vigna urbana più grande del mondo, che nel 2007 ha tra l’altro ricevuto da Slow Food il titolo di “Patrimonio Storico della Cultura Agroalimentare e Ambientale”. Qui, infatti, nell’ultima frazione dell’area rurale della città, al posto di un fossato antico alla base del colle Cidneo, a partire dal 1996 sono state reimpiantate 2500 viti lasciate crescere con il tradizionale impianto a pergola. A ridosso del centro storico prosperano così piante di uva Invernenga o ‘mbrunesca (vitigno a bacca bianca autoctono ormai introvabile altrove, che ha la particolarità di completare la sua maturazione solo a fine ottobre) e di altre uve locali come Marzemino, Groppello, Uccellina, Schiava, Corva. A gestirlo è l’Azienda Agricola Maria Capretti, che prende il nome dall’erede della famiglia che rappresenta la proprietà storica del fondo conosciuto anche come Vigneto Capretti o Vigna del Castello.

Fino al IX secolo a TRADATE (VA) erano numerose le vigne presenti nei campi e nei ronchi cittadini, dove veniva prodotto un vino nero “leggero e asprigno, molto dissetante” chiamato Grimell. Nella seconda parte dell’Ottocento le piante furono gravemente colpite dalla filossera, il micidiale parassita giunto in Europa dall’America, ma nel 2009 l’Amministrazione comunale ha voluto recuperare la memoria storica di questa antica tradizione locale impiantando un vigneto didattico: barbatelle di Merlot sono così sono state messe a dimora in un terreno di circa 4500 mq nelle immediate vicinanze della chiesetta della Madonna delle Vigne ed hanno dato vita nel 2001 alla prima vinificazione. (di Alessandra Calzecchi Onesti)

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