Auguri alla DOC Rossese di Dolceacqua o Dolceacqua

17/02/2022

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1972 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

Rossese di Dolceacqua o Dolceacqua

Disciplinare: DPR 28.01.1972 (G.U. 125 – 15.05.1972)

Regione: Liguria

Provincia/e: Imperia

Enoregione/i:  RIVIERA DI PONENTE

Città del Vino: Comune di Dolceacqua

Tipologie: “Rossese di Dolceacqua” o “Dolceacqua”, anche nella tipologia “Superiore”

Vitigno/i: Rossese

Cenni storici e/o geografici: Nella seconda metà del XIII secolo, i vigneti, consociati sovente ai ficheti secondo il sistema dell’“aggrego”, costituiscono ormai l’elemento predominante del paesaggio agrario nelle valli intemelie tracciate dai corsi d’acqua Roia, Nervia e Verbone. Documentazione commerciale tra il centro di Ventimiglia e il porto di Geova, risalente al 1258-59, cita quantità notevoli di vino rosso “Vermiglio”, certamente il primitivo modello dell’attuale Rossese, di cui si farà menzione nei secoli seguenti. A cavallo di Medioevo ed Età Moderna, al rosso “Vermiglio” si affiancano il “Rocesio” o Rossese bianco e soprattutto il Moscatello o Moscato bianco, che rivaleggia con quello celeberrimo di Taggia. Nei secoli XVII-XVIII l’espansione dell’olivo ridisegna il paesaggio agrario; tuttavia, l’incidenza della vite rimane molto forte nel territorio del Marchesato dei Doria di Dolceacqua, dove si assiste al declino del Moscatello, che cede di fronte al considerevole afflusso di vini d’oltralpe o spagnoli di maggiore qualità, e all’impianto del Rossese a bacca nera, di probabile origine francese. Nel corso dell’Ottocento i vigneti si spostano in posizioni d’altura ben esposte al sole, radicandosi nei luoghi che costituiscono le attuali “indicazioni geografiche” del Dolceacqua. La zona geografica di riferimento ricade nell’estrema parte occidentale della Regione Liguria in Provincia di Imperia, a Dolceacqua e comuni limitrofi. I vigneti sono situati per la maggior parte in media – alta collina in versanti terrazzati. I substrati litologici dei rilievi collinari del ponente ligure imperiese maggiormente rappresentati sono sedimenti marini a prevalente composizione arenacea, in minore misura si rileva la presenza di marne. L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra lo 0 e i 2100 m s.l.m. con quota prevalente compresa tra 200 e 500 mt, pendenza tra il 35 e il 50. La temperatura media è pari a circa 13°C. I vini si distinguono per il fatto di possedere acidità contenute, colori intensi, profumi fini ma intensi e persistenti, gusto armonico e persistente.

 

Prodotto: PECORINO LIGURE DI MALGA (PAT)

Descrizione: Formaggio a pasta semicotta, prodotto con latte di pecora intero nell’entroterra savonese e ligure. È presente nelle versioni fresco da tavola, di sapore dal dolce all’amarognolo leggero (stagionatura da quindici a sessanta giorni), e stagionato, ideale per il Pesto alla genovese (PAT) e il marò (stagionatura da trenta giorni a un anno). Dopo la coagulazione della cagliata, si procede alla rottura del coagulo con l’apposito attrezzo, sino a ridurre i grumi della grandezza di una nocciola per il tipo fresco e dolce e di un chicco di riso per quello stagionato. La salatura è a secco su entrambe le facce, rivoltando il formaggio giornalmente, finché non si sia asciugato, o in salamoia, immergendolo in una soluzione salina dalle quindici alle ventiquattro ore.

 

Piatto: CONIGLIO ALLA LIGURE (PAT)

Descrizione: Piatto da sempre molto popolare nella zona del Ponente ligure, in particolare nelle province di Imperia e Savona da dove provengono gli ingredienti tipici di questa pietanza. Il coniglio tagliato, salato, pepato e infarinato viene messo a rosolare nell’olio insieme a un trito di cipolla e sedano, alloro, rosmarino e salvia. Si bagna con vino rosso Ormeasco o Rossese di Dolceacqua, si fa evaporare e si porta a cottura a fuoco moderato, versando di tanto in tanto un cucchiaio di brodo. Verso la fine si aggiungono delle olive taggiasche in salamoia e, pochi minuti prima di togliere dal fuoco, il fegato del coniglio battuto nel mortaio con gherigli di noce o pinoli.

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