Auguri alla Doc Ostuni

10/02/2022

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1972 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

OSTUNI   

Disciplinare: DPR 13.01.1972 (G.U. 83 – 28.03.1972)

Regione: Puglia

Provincia/e: Brindisi

Enoregione/i:  MESSAPIA E VALLE D’ITRIA

Città del Vino:  Comune di Brindisi

Tipologie: “Ostuni bianco o Bianco di Ostuni”, “Ostuni Ottavianello o Ottavianello di Ostuni”

Vitigni: Impigno, Francavilla, Bianco di Alessano, Verdeca, Ottavianello, Negro amaro, Malvasia nera, Notar Domenico, Sussumariello

Cenni storici e/o geografici: La coltivazione della vite nella zona di produzione di questa DOC comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di Ostuni, Carovigno, San Vito dei Normanni, San Michele Salentino, e in parte il territorio di Latiano, Ceglie Messapico, tutti in provincia di Brindisi. ha origini antichissime. La dominazione greca che sviluppò attività politica e culturale e la successiva espansione longobarda sono state sicuramente catalizzatrici dell’attività agricola. L’intero territorio provinciale è disseminato di testimonianze e reperti di quell’epoca che documentano la presenza della vite e l’eccellente qualità dei vini ottenuti. Nella metà dell’Ottocento sorsero moderni impianti per la pigiatura delle uve e la vinificazione in prossimità della ferrovia per agevolare gli scambi commerciali. In questo periodo e per le particolari condizioni si richiedeva un incremento della coltivazione della vite e ciò si imponeva a causa della forte richiesta di vini da parte delle regioni settentrionali costrette a rimediare alla crisi produttiva anche francese causata dalla fillossera. L’orografia del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati da nord a sud, e localizzati in zone particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-produttive delle viti. Dal punto di vista genetico i suoli della zona presentano un’elevata variabilità e sono quelli tipici delle “terre rosse”, da moderatamente profondi a profondi. Sotto l’aspetto chimico, i terreni sono sostanzialmente simili: poco pietrosi, si prestano discretamente all’esercizio dell’attività agricola. Le coltivazioni di cereale autunno-vernili, foraggiere, leguminose, olivo e vite sono quelle da sempre più diffuse. La viticoltura è praticata con maggiore successo nelle zone in cui il suolo è sufficientemente profondo per sopperire all’indisponibilità dell’acqua e l’aridità estiva. Il clima della zona rientra nell’area d’influenza in parte del clima temperato e freddo, e in parte di quello mediterraneo; l’andamento delle temperature è caratterizzato da forti escursioni, con estati calde di giorno e fresche di notte e inverni miti tipici della bassa Murgia e della Valle d’ Itria.

 

 

Prodotto: CACIORICOTTA PUGLIESE (PAT)

Descrizione: Formaggio duro salato, dal profumo delicato, che si produce da Pasqua a giugno-luglio con latte di pecora e caglio di agnello o capretto. Il peculiare processo produttivo fa seguire un riscaldamento del latte a 85° C da un raffreddamento fino alla temperatura di 37-38° C. Dopo la salatura a secco, matura in venti giorni in ambiente aerato. Di forma cilindrica, la crosta è bianca o leggermente paglierina, la pasta compatta, il sapore dolcemente pastoso. Si consuma a fette entro pochi giorni o, dopo qualche mese di stagionatura, grattugiata sulla pasta.

 

Piatto: TIELLA DI RISO, PATATE E COZZE

Descrizione: Affonda le sue radici nella dominazione spagnola del Seicento questo piatto un po’ inusuale in un territorio in cui sono i maccheroni ad avere un ruolo preponderante, tanto che proprio nel 1647 i Baresi organizzarono una rivoluzione per difenderli da una tassa sulla farina malamente imposta dagli Spagnoli. In un grosso tegame di terracotta (la tiella) si dispongono cipolle finemente affettate, pomodorini tagliati a pezzetti, una spolverata di aglio e prezzemolo tritati, pecorino grattugiato. Si copre con fettine di patate, uno strato di riso, cozze precedentemente aperte a fuoco vivace e sgusciate, ancora pomodorini e per finire patate cosparse con altro aglio e prezzemolo. Ogni strato deve essere pepato, il sale invece non va aggiunto poiché la miscela di olio e acqua filtrata di cottura delle cozze con cui si deve bagnare il tutto è già saporita. Cuoce in forno già caldo a fuoco medio per circa quaranta minuti. Di ricette della tiella ne esistono comunque tante: alcuni aprono le cozze senza cuocerle, altri lasciano una delle due valve attaccata al mollusco.