Auguri alla DOC Malvasia di Bosa

19/05/2022

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1972 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

MALVASIA DI BOSA  

Disciplinare: DPR 21.07.1972 (G.U. 255 – 28.09.1972)

Regione: Sardegna

Provincia/e: Oristano

Enoregione/i:  SARDEGNA CENTRALE

Città del Vino:Comune di BosaComune di Modolo

Tipologie: Malvasia di Bosa, Malvasia di Bosa Riserva, Malvasia di Bosa Spumante, Malvasia di Bosa Passito

Vitigno/i: Malvasia di Sardegna (minimo 95%);possono concorrere fino ad un massimo del 5% le uve provenienti da altri vitigni, a bacca bianca, presenti nei vigneti, idonei alla coltivazione per la regione Sardegna.

Cenni storici e/o geografici: La millenaria storia vitivinicola della regione è la prova fondamentale della stretta connessione ed interazione tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche della Malvasia di Bosa ottenuto dal vitigno Malvasia che grazie a dei monaci benedettini è arrivato in Sardegna durante il periodo della dominazione bizantina, dalla citta’ di Monembasia che si trova in Grecia, nella regione di Morea. Esiste per questo vino una “letteratura” remota e recente, sia nella tradizione popolare e poetica in “limba” sia “culta” di viaggiatori, esperti del settore e scrittori di grande firma, come Luigi Veronelli e Mario Soldati, che al Malvasia di Bosa hanno dedicato pagine di alto pregio. Ovunque le testimonianze scritte e orali ne decantano la raffinatezza, la soavità e il valore simbolico, nel contesto di forte identità sociale e culturale della zona di produzione. Dalle genti che abitano la Planargia la Malvasia è sempre stata considerata un vino nobile ed elitario, un vino particolare da riservare per circostanze e persone speciali, perpetuando in questo modo un consolidato rituale sociale. E’ il vino della mattina, non perché leggero o di poco conto, ma perché la domenica, dopo la messa, gli uomini fanno il giro delle cantine e si scambiano pareri e saperi sulle sue qualità. La Malvasia è il simbolo

dell’amicizia e dell’ospitalità, e la si offre alle persone a cui si tiene particolarmente; è il vino della festa, e non solo per le caratteristiche organolettiche della classificazione ufficiale dei sommelier, ma anche perché privilegiata nelle ritualità festive, in cui più che altrove si esplicitano lo scambio simbolico e le relazioni di reciprocità. La Malvasia di Bosa in questo territorio è quindi soprattutto un bene sociale. Così potete stare certi che quando vi viene offerta, il gesto ha un significato che va oltre i consueti rapporti conviviali perché, come ebbe ad osservare già nel lontano 1895 Pompeo Trentin, “i proprietari difficilmente se ne privano” ma quando lo fanno vi stanno donando molto di più di un bicchiere di pregiata Malvasia di Bosa. L’area di produzione risulta in una porzione di territorio della Sardegna Centro-occidentale compresa tra il Comune di Bosa a Nord e Punta di Foghe alle foci del Rio Mannu a sud, nell’ambito della zona storicamente denominata “Planargia.” In questo areale il vitigno Malvasia è il più coltivato, prevalentemente impiantato nelle colline calcaree, a quote comprese tra il livello del mare ed i 300 metri di altezza. In Planargia la varietà Malvasia è generalmente coltivata in purezza ma, specie nei più vecchi vigneti, si ritrova insieme ad altre varietà locali tipiche del germoplasma della Sardegna, quali il Cannonau, il Vermentino, il Pascale, i Moscati, i Bovali, il Retagliadu, il Torbato e il Nasco. Le caratteristiche ambientali e i fattori climatici prevalenti dell’area, quali le temperature miti ed il costante soleggiamento che si riscontra durante l’intero anno, la presenza di piccoli apporti di precipitazioni anche durante la stagione estiva, le escursioni termiche nella tarda estate, le brezze marine, le colline calcaree che riflettono la radiazione solare, consentono una maturazione regolare delle uve ed una esaltazione degli aromi.

 

Prodotto: PECORINO SARDO (DOP)

Descrizione: Prodotto di lunghissima tradizione storica e culturale diffuso in tutta l’isola, il cui sapore caratteristico deriva dalle essenze di cui si alimentano le pecore di razza Sarda. Risalgono alla fine del Settecento, quando i formaggi erano prodotti con latte crudo o riscaldato tramite l’immersione di pietre arroventate, le prime documentazioni sulle tecniche usate per la produzione degli antenati di questo pecorino: il Rosso fino e l’Affumicato. Preparato con latte intero di pecora, salato a secco o in salamoia, ha una crosta sottile di colore dal giallo paglierino al bruno e pasta bianca o tendente al paglierino compatta ed elastica. La stagionatura va dai venti ai sessanta giorni per il tipo dolce, di breve maturazione; dai quattro ai dodici mesi e oltre per quello maturo, buono anche da grattugiare. Con il progredire del tempo il sapore inizialmente dolce aromatico o leggermente acidulo diventa sempre più pieno e gradevolmente piccante.

 

Piatto: TILICCAS DI SABA (O TERICCAS O TILICCAS DE MENDULA E MELI)

Descrizione: Dolci tipici del Logudoro e della Gallura (dove sono chiamati cucciuleddi), che anticamente venivano preparati in occasione delle feste più importanti come il Natale, i battesimi e i matrimoni. Da una sfoglia sottile di acqua, farina di grano duro, strutto e un pizzico di sale si ritagliano tanti rettangoli lunghi circa dieci centimetri e larghi tre. Su ognuno di questi si poggiano dei rotolini della lunghezza di otto centimetri, ricavati da un impasto consistente di farina di semola lasciata cuocere per un quarto d’ora circa insieme a miele, Saba sarda (mosto di prima pigiatura fatto bollire lentamente e ristretto) (PAT), mandorle o noci finemente tritate e la scorza di un’arancia privata della parte bianca e anch’essa tritata. I bordi laterali vanno richiusi lasciando la pasta leggermente socchiusa e ai cannoli così ottenuti vengono date forme diverse (fiori, cuori, spirali, ferri di cavallo, cerchi), prima di disporli su una teglia leggermente unta e infornarli a 150° C per venti minuti o fino a quando diventano leggermente dorati. Tolti dal forno e ancora caldi si possono decorare con una pioggia di confettini colorati. Si servono freddi e si mantengono a lungo. Una variante prevede che la sfoglia venga ritagliata a dischi di circa sei centimetri di diametro da farcire a due a due con il ripieno sigillandone bene i bordi e da decorare in superficie, una volta cotti, con la cappa bianca. Con lo stesso ripieno arricchito da cannella, vanillina e chiodi di garofano in alcune regioni della Sardegna si preparano i Pistiddu (PAT), focacce dalle svariate forme (cuore, fiore…) decorate da bellissimi disegni floreali di pasta fatti a mano, che si consumano in occasione dei falò di Sant’Antonio a gennaio.