Auguri alla DOC Colli del Trasimeno

01/02/2022

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1972 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

COLLI DEL TRASIMENO O TRASIMENO

Disciplinare: 13.01.1972 (G.U. 84 – 29.03.1972)

Regione: Umbria

Provincia/e: Perugia

Enoregione/i: COLLI PERUGINI

Città del Vino:  Comune di Magione

Tipologie: Colli del Trasimeno o Trasimeno Bianco (anche nelle tipologie Frizzante e Vino santo o Vin santo), Bianco scelto, Rosso (anche nelle tipologie Frizzante e Novello), Rosso scelto, Rosso riserva, Rosato, Spumante metodo classico bianco e rosé, Grechetto, Merlot, Cabernet sauvignon, Gamay, Merlot riserva, Cabernet sauvignon riserva, Gamay riserva.

Vitigni: Grechetto, Merlot, Cabernet sauvignon, Gamay, Trebbiano, Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio, Pinot nero, Sauvignon, Riesling italico, Vermentino

Cenni storici e/o geografici: Nel XIV secolo la coltivazione della vite nel territorio perugino era già ampiamente diffusa, come testimoniano le mappe catastali dell’epoca. Il vigneto specializzato, così come si conosce oggi, era raro se non proprio inesistente. Anche se le viti erano disposte a filari, esse erano comunque coltivate in promiscuità con altre colture come cereali, leguminose, ecc. Al di là dell’aspetto legato alla tecnica di coltivazione, occorre sottolineare come, nel panorama colturale della zona del Trasimeno, la vite abbia rivestito un ruolo non certo trascurabile fin dall’antichità. Infatti già nella Tabula cortonensis, un documento in lingua etrusca rinvenuto a Cortona, sembra si faccia esplicito riferimento alla presenza di questa coltura. Questo spiega in termini inequivocabili il perché di una tradizione consolidata fin dal periodo immediatamente successivo al Mille quando in documenti dei secoli XI e XII, si fa esplicito riferimento a vigne e terreni vitati. Nel XIII secolo si può individuare il momento di svolta per la coltivazione della vite nell’intera area del Trasimeno dato che nel 1252 il comune di Perugia promosse la piantagione di viti nell’attuale territorio castiglionese. Il territorio, dal punto di vista pedoclimatico e delle scelte varietali, consente di raggiungere elevati valori dei descrittori della tipicità, e che il fattore umano in cantina cerca di mantenere e trasferire tale potenziale ai vini corrispondenti. Tra le tante tipologie di questa DOC troviamo spumanti di grande qualità frutto della interazione fra territorio, l’ambiente pedo-climatico ed un’attenta tecnica colturale. Altro prestigioso prodotto è il Vinsanto DOC (vino dolce della tradizione) che nasce dalla vinificazione di uve a bacca bianca (Trebbiano minimo 40%). I migliori grappoli raccolti vengono messi ad appassire appendendoli a ganci o coricandoli su stuoie, ad appassimento avvenuto le uve vengono pigiate ed il mosto ottenuto viene trasferito su “caratelli” a cui viene subito aggiunta la madre del vinsanto ottenuta dalla “feccia” della passata produzione; i caratelli vengono poi posti in soffitta in quanto le forti escursioni termiche giovano alla fermentazione ed ai sentori del vino.

 

Prodotto: FAGIOLINA DEL LAGO TRASIMENO (PAT E PRESIDIO SLOW FOOD)

Descrizione: Originaria dell’Africa e conosciuta fin dall’epoca etrusca (quindi molto prima dell’arrivo dall’America delle altre varietà oggi più diffuse), la fagiolina (Vigna unguiculata) è sempre stata coltivata con successo intorno al lago Trasimeno grazie alla presenza di terreni particolarmente umidi. Nel secondo dopoguerra è andata però progressivamente scomparendo, restando confinata ad alcuni orti familiari, sia perché è stata via via sostituita dai fagioli di origine americana assai più produttivi sia per le faticose e ancora manuali modalità di semina e battitura. Essendo la maturazione scalare, i baccelli devono infatti essere raccolti ogni giorno per due settimane. Negli ultimi anni è stato dato nuovo impulso alla sua coltivazione grazie all’impegno di alcuni agricoltori, della Facoltà di Agraria e della Comunità Montana Trasimeno-Medio Tevere. Nella banca del germoplasma costituita dalla provincia e dall’Università di Perugia sull’isola Polvese sono custoditi i semi di diciassette ecotipi di questo minuscolo fagiolo: il più diffuso è quello bianco con l’occhio, ma ne esistono anche di color salmone, verdognolo, nero e marrone, oppure senza l’occhio, di color panna o con diverse colorazioni (anche una ventina!) all’interno di un’unica pianta. Appartiene allo stesso ceppo la risina di Spello, dal seme color avorio piccolo e ovale come un chicco di riso, oggi anch’essa piuttosto rara ma la cui presenza nella cucina italiana già nel Settecento è documentata in un libro di ricette del Leonardi, cuoco delle case reali. Della fagiolina, che in bocca è tenera e burrosa, si consumano sia i semi sia i baccelli freschi (i «cornetti»). Quella essiccata non richiede di essere messa a bagno per una notte come tutti gli altri legumi e ha tempi di cottura brevi. È ottima al naturale con un filo di Olio extravergine d’oliva Umbria (DOP), uno spicchio d’aglio e una spolverata di sale e pepe, con le cotiche come usavano gli antichi romani, ripassata in padella con un soffritto di cipolla e lardo oppure di cipolla, pomodoro e rigatino, o in una zuppa insieme ai gamberetti.

 

Piatto: FRITTELLE DI SAN GIUSEPPE  

Descrizione: Appartengono alla composita famiglia dei dolci che si preparano il 19 marzo in onore di San Giuseppe, considerato il santo delle frittelle perché secondo la tradizione popolare di secondo mestiere faceva il friggitore. Zeppole, bignè e frittelle, pur variando nella ricetta da regione a regione, arrivano un po’ ovunque a interrompere per un giorno l’astinenza della Quaresima. In Umbria, così come in Toscana, le frittelle si preparano con riso (precedentemente cotto in un tegame antiaderente insieme a latte, sale e scorza di limone), zucchero, cannella e uvetta. Si trasferisce il composto su un piatto largo a raffreddare e se ne ricavano delle polpette poco più grosse di un uovo e leggermente schiacciate, da passare nell’uovo e nel pangrattato e friggere in olio bollente finché non appaiono leggermente scurite. Si servono ancora calde.