Auguri al Piave Doc

23/03/2021

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1971  con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

PIAVE   

Disciplinare: DPR 11.08.1971 (G.U. 242 – 24.09.1971)

Regione: Veneto

Provincia: Treviso, Venezia

Enoregione/i: CONEGLIANO E VALDOBBIADENE, PIANURA ORIENTALE

Città del Vino: Comune di Zenson di Piave, Comune di Vittorio Veneto, Comune di Vazzola, Comune di Susegana, Comune di San Polo di Piave, Comune di Ponte di Piave, Comune di Ormelle, Comune di Montebelluna, Comune di Mareno di Piave, Comune di Godega di Sant’Urbano, Comune di Conegliano

Tipologie: Piave Rosso (anche Riserva), Cabernet (anche Riserva), Piave Carmenère, Piave Merlot (anche Riserva), Piave Raboso (anche Passito), Piave Tai, Piave Verduzzo (anche Passito), Piave Chardonnay, Piave Manzoni bianco

Vitigni: Cabernet Cabernet franc, Cabernet Sauvignon, Carmenère, Merlot, Manzoni bianco, Raboso Piave, Raboso veronese, Tocai friulano, Verduzzo trevigiano, Verduzzo friulano, Chardonnay per almeno l’85%; possono inoltre concorrere alla produzione di detti vini anche le uve di altri vitigni, a frutto di colore analogo, idonei alla coltivazione nelle rispettive province di Treviso e Venezia.

Cenni storici e/o geografici: Il nome della denominazione deriva da quello del fiume Piave che attraversa il territorio e che, sacro alla Patria, ha segnato le tappe della storia. L’intera area riconducibile all’attuale zona DOC Piave era interessata alla coltura della vite già in epoca preromana, anche se le informazioni e le antiche testimonianze sono scarse a causa delle numerose esondazioni dei corsi d’acqua e le frequenti invasioni di eserciti e di barbari. La dominazione asburgica segna una tappa importante per il rifiorire della viticoltura nella zona grazie allo sviluppo di una moderna attività di studio e sperimentazione. Ai primi del ‘900 la provincia di Treviso per consistenza del vigneto e produzione di vini era al secondo posto tra le province venete. Il rinnovo degli impianti nel periodo tra le due guerre, ha permesso lo sviluppo della viticoltura moderna: nel 1942 è diffusa su circa 161.000 ettari in provincia di Treviso e 71.000 ettari per quella di Venezia. Negli anni ‘50 i produttori della zona, prendono coscienza della qualità del prodotto e delle sue potenzialità e si riuniscono in un consorzio finalizzato alla tutela e alla gestione dei vini di qualità della zona tanto che nel 1971 viene riconosciuta la denominazione di origine. La zona di produzione ricade in una zona di media-bassa pianura che va dalla pede-collina trevigiana ai confini con il Friuli, fino al Montello a nord e alla laguna veneziana verso sud, lungo l’asse del fiume Piave. L’area è caratterizzata da un clima temperato, con estati calde e inverni mai troppo freddi. I suoli sono considerati “caldi” poiché caratterizzati da un’elevata percentuale di scheletro con elevata profondità esplorabile dalle radici, assenza di ristagni, poveri di sostanza organica, con contenuto in elementi minerali buono e ben equilibrato, in particolare di fosforo e magnesio. Le conoscenze dei produttori, uniti agli studi di zonazione avviati nel 2007, permettono di abbinare, a ciascun ambiente pedoclimatico e geologico dell’’area DOC Piave, i vitigni più adatti per ottenere i vini della denominazione. I Rossi presentano un’ottima maturazione fenolica, che, grazie anche ad un equilibrato rapporto tra zuccheri e acidi, permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti e un’elevata morbidezza al palato. Quelli di varietà a bacca bianca e aromatici, ottenuti con produzioni più elevate, presentano minori livelli di gradazioni zuccherine e tenori acidi e sono caratterizzati da profumi floreali, di frutta e di crosta di pane fresco.

Abbinamenti: Antipasti di prosciutto veneto, formaggio Piave fresco, risotti al ragù di carne o funghi, arrosti di carne di vitello. Con il Merlot: carne alla brace, cacciagione, formaggi a pasta dura ben stagionati. Con il Cabernet: secondi di selvaggina ed in particolare lepre in salmì. Con il Carmenère: “oca in tecia” e faraona al forno, formaggi e salumi di media stagionatura. Con il Raboso: primi piatti con sughi di carne, gulasch, salumi, arrosti e grigliate di carni rosse e bianche. Con lo Chardonnay: asparagi, cozze, risotto con anguilla, pasta con i bisi, pesci pregiati. Con il Verduzzo: tutti i tipi di dolce, frutta secca, formaggi.

 

Prodotto: FORMAGGIO UBRIACO (O FORMAI IMBRIAGO) (PAT)

Descrizione: Formaggio a pasta cotta preparato con latte intero vaccino di due mungiture, intero o scremato solo in parte, meglio se crudo. Dopo venti giorni di maturazione, la concia con vinacce fresche (per questo si produce solo in autunno) di Cabernet, Merlot e Raboso dura fino a 40 ore, durante le quali il formaggio viene frequentemente irrorato con vino torchiato. È già buono così com’è, ma si può stagionare fino a un anno. Si presenta in forme di circa 5 chili, alte 8 centimetri e larghe poco meno di 30, con crosta durissima di colore rosso-violaceo scuro, pasta bianca e gusto acidulo. Le origini di questo trattamento diffuso nella Marca Trevigiana, tra Conegliano e Oderzo, sono controverse: secondo alcuni nacque dall’esigenza di conservare il formaggio in condizioni igieniche e ambientali non perfette quando l’olio necessario per trattare la crosta durante la stagionatura era proibitivo per i contadini del Piave, secondo altri fu durante la Prima guerra mondiale che gli abitanti della zona impararono a nascondere il formaggio nel mosto d’uva per salvarlo dalle razzie dei soldati.

 

Piatto: MINESTRA DI FAGIOLI COL COTECHINO (O MINESTRA DE FASIOI CO’L MUSETTO)

Descrizione: I fagioli, meglio se del tipo Lamon della Vallata Bellunese, vanno prima tenuti a bagno in acqua per ventiquattro ore poi messi a bollire a fuoco basso insieme al muset trevigiano già sbollentato e scolato, con uno spiedino infilato per lungo in modo che resti intero. Si aggiungono poi un soffritto preparato con un battuto finissimo di cipolle, sedano, carote e grasso di prosciutto, un pezzo di crosta di grana e patate tagliate a cubetti e si porta a cottura. Prima di versare la pasta (ditalini), il cotechino, la crosta e la metà dei fagioli vanno tolti con un mestolo, per poter passare al setaccio il resto. Si rimette, infine, tutto insieme sul fuoco e, quando la pasta è cotta, si spolverizza con abbondante pepe macinato al momento.

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