Auguri al Montecarlo

15/04/2019

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di  città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche,  vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1969 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

MONTECARLO

Disciplinare: Approvato con DPR 13.08.69 (GU 283 – 08.11.69)

Regione: Toscana

Provincia/e: Lucca

Città del Vino: Montecarlo

Tipologie: Bianco, Rosso, Rosso Riserva, Vermentino, Sauvignon, Syrah, Cabernet Sauvignon, Merlot, Vin santo, Vin santo occhio di pernice

Vitigni: Trebbiano toscano, Semillon, Pinot grigio, Pinot bianco, Vermentino, Sauvignon, Roussanne, Sangiovese, Canaiolo nero, Merlot, Syrah, Ciliegiolo, Colorino, Malvasia nera di Lecce e/o di Brindisi, Cabernet sauvignon, Cabernet franc

Cenni storici e/o geografici: Le testimonianze dell’attività nel settore vinicolo relative al territorio di Montecarlo sono molto antiche: per la zona di S. Piero in Campo, in un documento dell’anno 846 d.C., si parla di rendite livellarie in natura, consistenti anche in "vino puro, di uva pigiata tre volte secondo le regole, e poi svinata". Nei secoli successivi, soprattutto alla fine del Medioevo, la produzione di vino aumentò, grazie ai frequenti disboscamenti e alle bonifiche avvenuti nei dintorni del paese odierno, di alcuni dei quali è rimasta memoria nelle pergamene duecentesche dell’Abbazia di Pozzeveri, che parlano tra l’altro dei terreni più soleggiati del versante Sud-Est della collina di Montecarlo, noti col nome di Coste di Vivinaia, paese che precedette Montecarlo sullo spartiacque del colle. La storia del borgo si intreccia indissolubilmente con quella del suo Vivinaia, ossia passaggio della Via del Vino, che attraversava tutta la collina di Montecarlo. L’esistenza di questa Via, che ebbe notevole importanza fino al tardo medioevo, è significativa del fatto che la caratteristica preminente dì questo territorio erano le vigne, e notevole e pregiata la produzione del suo vino. In quel tempo, come per tutto l’Occidente, grande fu l’influenza che esercitarono gli ordini religiosi sulla produzione del vino; testimonianza ne fu il Monastero di Benedettini fondato nel 1200 a San Martino in Colle, che contribuì a conferire quelle caratteristiche che nell’età dei liberi Comuni vennero riconosciuto al vino di Montecarlo: "chiaro, vermiglio, puro e franco". Nel 1371 compaiono i primi nomi dei tavernieri che sigillano barili di vino Trebbiano e carri di vino rosso da vendere al minuto, o meglio nelle taverne del paese, pagando in media otto soldi di gabella per mezzo quarto. La gabella era una sorta di dazio che veniva pagato a particolari ufficiali di Lucca al momento dell’ingresso all’interno delle mura, per alcune merci di maggior consumo. Il vino di Montecarlo per tutto il XIV sec. veniva commercializzato ad Altopascio (che allora era un piccolo villaggio del Comune di Montecarlo) e mediante il lago di Bientina verso Pisa, naturalmente a Lucca e, sotto il dominio fiorentino, anche a Firenze. Si legge che sino al 1567 la comunità paesana offriva vari fiaschi di Trebbiano al Duca Cosimo I De Medici, alla cui corte "i grappoli d’uva di Montecarlo e il Trebbiano di quella comunità rallegrava i commensali". L’opera appassionata del Prof. Federico Melis ha potuto dimostrare che proprio tra il 1400 e il 1500 il vino bianco di Montecarlo raggiungeva, nelle contrattazioni sul mercato di Firenze, prezzi superiori a qualsiasi altro vino. Ma i vini di Montecarlo raggiunsero anche un’altra importante corte della cristianità, quella dei Papi. Nel 1408 il Papa Gregorio XII venne rapito dall’eccellente vino del luogo, assaggiandolo a pranzo durante una visita a Lucca, e da quel momento ordinò che le cucine pontificie se ne procurassero per imbandire le mense papali. La consuetudine che il piccolo paese aveva di onorare i personaggi di casa Medici con il suo più prezioso prodotto, proseguì nel secolo seguente, quando ogni anno veniva ordinato per la festività del glorioso San Giovanni Battista venti fiaschi di trebbiano della "Comunità di Montecarlo" (6 giugno 1626). Altro grande avvenimento fu la presenza dei vini di Montecarlo sulla tavola delle nozze reali del Principe Umberto di Savoia e Maria Josè, al Quirinale nel 1930. A quel tempo i vini della Fattoria Marchi Magnani e di altri produttori, Fattoria Pucci, Carrara, Pardocchi, De Dominicis, ottennero numerosi riconoscimenti in Italia e all’estero. Il vino allora era conosciuto da tutti come "Lo Chablis di Montecarlo". Per migliorare ulteriormente i propri vini, un illuminato ed appassionato viticultore montecarlese, Giulio Magnani, a quel tempo proprietario della Fattoria Marchi Magnani (ora Mazzini), intorno al 1870, partì alla volta della Francia per studiare i vitigni e le tecniche di vinificazione dei nostri cugini d’Oltralpe che a quel tempo producevano già dei vini apprezzati anche fuori dei loro confini. Si recò quindi nella zona di Bordeaux e da quei luoghi portò a Montecarlo il Sauvignon, il Semillon, il Merlot, il Cabernet Franc ed il Cabernet Sauvignon. Ancora, riportò dalla zona del Rodano il Roussanne ed il Syrah e dalla Borgogna i Pinot bianco e grigio. Tornato a casa, sperimentò le percentuali giuste dei vitigni da aggiungere al Trebbiano al fine di produrre un vino più elegante, morbido e profumato. Proprio questi vitigni, compresi nel disciplinare del vino DOC di Montecarlo, hanno caratterizzato profondamente l’assoluta singolarità di questi vini, che vantano oltre un secolo di felicissimo ambientamento e armonico radicamento nel territorio di Montecarlo, Altopascio, Capannori e Porcari, i quattro paesi che formano il terroir dei vini di Montecarlo. Si è realizzato così un armonico blend tra i vini autoctoni e i vitigni così detti migliorativi di origine francese, secondo le tendenze e gli orientamenti della più innovativa scienza viticola italiana e toscana.

Descrizione: Montecarlo bianco: colore giallo paglierino più o meno intenso; odore delicato, caratteristico; sapore secco, delicato, armonioso. Montecarlo rosso: colore rosso rubino vivace; odore vinoso intenso; sapore asciutto, sapido. Montecarlo rosso riserva: colore rosso rubino tendente al granato; odore vinoso intenso caratteristico; sapore asciutto, sapido vellutato. Montecarlo Vermentino: colore giallo paglierino più o meno intenso; odore delicato, caratteristico; sapore secco, delicato, armonioso. Montecarlo Sauvignon: colore giallo paglierino più o meno intenso; odore delicato, caratteristico; sapore asciutto, delicato, armonioso. Montecarlo Cabernet Sauvignon: colore rosso rubino vivace; odore vinoso intenso, caratteristico; sapore asciutto, sapido, armonico. Montecarlo Merlot: colore rosso rubino vivace; odore vinoso intenso, caratteristico; sapore asciutto, sapido, armonico. Montecarlo Syrah: colore rosso rubino vivace; odore vinoso intenso caratteristico; sapore asciutto, sapido, armonico. Montecarlo Vin santo: colore dal giallo paglierino al dorato, all’ambrato intenso; odore etereo, intenso caratteristico; sapore armonioso, vellutato, con più pronunciata rotondità per il tipo amabile. Montecarlo Vin santo occhio di pernice: colore dal rosa intenso al rosa pallido; odore caldo intenso; sapore dolce morbido vellutato e rotondo.

Abbinamenti: Il Montecarlo Bianco, Vermentino e Sauvignon è consigliato con minestre e piatti di pesce. Il Montecarlo Rosso, Cabernet, Merlot e Syrah con paste asciutte al sugo e carni bianche. Il Montecarlo rosso riserva con carni rosse e formaggi maturi. Il Montecarlo Vin Santo e Vin santo Occhio di Pernice con il dessert.

 

Prodotto: BIROLDO DI LUCCA

Descrizione: Da non confondere con il sanguinaccio o il buristo, il biroldo di Lucca è un salume prodotto con gli scarti del maiale (testa, cuore, cartilagini e altri pezzi che non vengono usati in altre preparazioni) lessati, triturati, amalgamati con una piccola percentuale di sangue di maiale,  conditi con aglio, chiodi di garofano, cannella, pepe, sale, coriandolo, pimento ed altri a seconda della ricetta del norcino e insaccati in un budello naturale. Dopo averlo bollito,  si mette a scolare e si mangia appena tiepido. Va consumato nel giro di pochi giorni.

 

Piatto:  LEPRE IN DOLCE E FORTE

Descrizione: Aristocratica preparazione di origine rinascimentale, sopravvissuta in molte ricette della cucina italiana, soprattutto di quelle laziale e toscana. Con qualche variante negli ingredienti e nelle modalità con aceto, cioccolata, pinoli e spezie si cucinano la lingua e l’arrosto di vitello, il coniglio, il cinghiale, il pollo. La carne della lepre, tagliata a pezzi e lasciata marinare per dodici ore con vino rosso e aromi vari (sedano, carota, cipolla, alloro, salvia, timo e bacche di ginepro), viene fatta rosolare in un soffritto di olio, cipolla e prosciutto. Si bagna con vino e brodo, si aggiusta di sale, pepe e peperoncino e si fa cuocere a fuoco basso per circa due ore. A metà cottura si aggiungono aceto, zucchero, cioccolata grattugiata, pinoli, uva passa e un pizzico abbondante di cannella, garofano e noce moscata. Alcuni sostengono che questo piatto è più saporito se preparato il giorno prima e fatto ribollire al momento di servire.