Auguri al Monica di Sardegna

08/07/2022

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1972 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

MONICA DI SARDEGNA  

Disciplinare: DPR 01.09.1972 (G.U. 309 – 28.11.1972)

Regione: Sardegna

Provincia/e: Intero territorio   della Regione Sardegna

Enoregione/i: SARDEGNA CENTRALE, GALLURA, COSTA NORD OCCIDENTALE, COSTA CENTRO OCCIDENTALE, SULCIS E CAMPIDANO, CAGLIARITANO

Città del Vino: Comune di UrzuleiComune di Uri Comune di Tissi Comune di TerralbaComune di Tempio PausaniaComune di SorsoComune di SorgonoComune di SerdianaComune di SennoriComune di SelargiusComune di Sant’Antioco Comune di San Nicolò di ArcidanoComune di Samugheo Comune di OlbiaComune di NeoneliComune di MontiComune di ModoloComune di Meana SardoComune di LurasComune di LuogosantoComune di LoceriComune di JerzuComune di DorgaliComune di BerchiddaComune di Benetutti Comune di BadesiComune di AtzaraComune di ArzachenaComune di AlgheroComune di Bosa, Comune di Usini

Tipologie: Monica di Sardegna, Monica di Sardegna Superiore, Monica di Sardegna Frizzante.

Vitigni: Monica: minimo 85%; possono concorrere altri vitigni di uve a bacca nera, non aromatici, idonei alla coltivazione nella regione Sardegna, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino fino ad un massimo del 15%.

Cenni storici e/o geografici: La zona territoriale del Monica di Sardegna coincide geograficamente con l’intero territorio della Sardegna, la seconda isola del Mar Mediterraneo. Il suo clima risente della posizione con inverni relativamente miti specie nelle zone costiere e stabilità del tempo durante la calda estate con una quasi assoluta mancanza di pioggia, notevole ventosità in tutte le stagioni, breve distanza dal mare di tutti i punti dell’Isola. La Sardegna per la sua collocazione geografica e per le condizioni ecopedologiche estremamente diversificate, presenta condizioni ottimali per la crescita della vite sia selvatica sia coltivata. Le teorie correnti presuppongono che dal Caucaso, attraverso la Mesopotamia, l’Anatolia e l’Egitto, la vite sia stata portata nel Mediterraneo occidentale; ma se fino a ieri si pensava che i Fenici avessero portato la viticoltura in Sardegna, oggi – alla luce delle scoperte degli ultimi 20 anni – tale teoria è totalmente improponibile. Si trovano tracce nel XVII secolo, quando un visitatore del re Martin Carrillo e il francescano Giorgio Aleo, alcuni anni più tardi, nel 1612 il primo e nel 1677 il secondo, parlano di vini Cañonates di particolare pregio prodotti in tutta l’isola (AA.VV. La Storia della vite e del vino in Sardegna, 1999). Nei secoli successivi, si hanno anche delle descrizioni più precise dei vitigni, come quella del Manca dell’Arca (XVIII secolo), che cita il Cannonau, e quella (XIX secolo) del Moris, ancora più accurata, che classifica il nostro vitigno come “Vitis prestans”.  Il vitigno Monica, secondo alcuni autori sarebbe stato introdotto in tempi remoti dai Mori. Questa tesi sarebbe suffragata dal nome “Uva Mora” tuttora in uso in alcune località dell’interno dell’Isola. Altri lo ritengono di importazione iberica, dovuta quindi agli spagnoli nel periodo della loro denominazione in Sardegna. Il Mameli, a sua volta, ritiene che il Monica sia da considerarsi una cultivar originatasi in loco, avendo il vitigno caratteri propri che lo diversificano da altri somiglianti, altrove coltivati. Il vitigno si diffuse nell’Isola nel periodo dell’Amministrazione piemontese, a seguito della politica viticola attuata dal viceré, il marchese di Rivarolo, che a partire dal 1736 favorì la diffusione della viticoltura nell’Isola, rendendola obbligatoria nei terreni ritenuti idonei alla vite e rimettendo in vigore integralmente le norme della Carta de Logu di Eleonora d’Arborea emanata nel 1392 e rimasta in vigore fino al 1827, durante il regno di Carlo Felice. Il vitigno Monica, a cavallo dei secoli XIX e XX, risentì degli attacchi della fillossera che falcidiò anche i vigneti della Sardegna, i quali avevano registrato alla fine dell’Ottocento la loro espansione massima. La ripresa della viticoltura nell’Isola su nuovi portainnesti ha dato nuovo slancio alla coltivazione della varietà, tanto da essere riconosciuta della denominazione di origine fin dal 1972. Con la denominazione “Monica di Sardegna” si producono vini rossi con particolari peculiari caratteristiche a seconda della zona di coltivazione del vitigno. La DOC, nelle sue diverse tipologie, si presenta dal punto di vista analitico ed organolettico come un ottimo vino rosso, non eccessivamente alcolico, secco o amabile, sapido con caratteristico retrogusto, di colore rosso rubino, tendente all’amaranto con l’invecchiamento. Profumo intenso, etereo e gradevole, si accosta a primi piatti, arrosti di carni bianche e rosse, cacciagione e salumi, ma anche con alcune preparazioni di pesce.

 

Prodotto: PROSCIUTTO SARDO (O PRESUTTU) (PAT)

Descrizione: I prosciutti sardi, salati e affumicati, possono essere di maiale, di cinghiale o di bardotto (incrocio tra i primi due). Un tempo contadini e pastori lo consumavano a tocchi insieme al pane carasau. La stagionatura – che avviene all’aria naturale dopo la salagione, la pressatura e l’aromatizzazione con pepe e aglio – va da un minimo di quattro o cinque mesi a un anno. Grazie anche all’eccezionale equilibrio climatico dei monti del Gennargentu, particolarmente buoni sono i prosciutti dell’Ogliastra e della Barbagia, ricavati da suini allevati alla macchia. A partire dai primi anni Settanta in tutta l’isola si produce anche il Prosciutto di pecora (o Presuttu ‘e brebei) (PAT), con le cosce disossate degli ovini di razza Sarda di fine carriera, salate a secco (con un composto a base di sale, pepe e noce moscata, peperoncino, aglio e prezzemolo), sottoposte a manipolazioni per un totale di quattro settimane poi lasciate maturare in celle statiche a temperatura costante di circa 15° C e umidità intorno al 70% per sei mesi. I prosciutti stagionati possono essere ulteriormente affumicati al fumo di legna non resinosa e foglie di mirto. I residui secchi dei prodotti particolarmente stagionati vengono grattugiati, amalgamati a olio d’oliva e utilizzati per condire la pasta o il pane carasau.

 

Piatto: ZUPPA DI PESCE (O SA CASSOLA DE PISCI)

Descrizione: Piatto di origini spagnole (il nome si riferisce appunto al termine cacerola con cui in Spagna è indicato il recipiente dove tradizionalmente viene cotta), tipico della zona di Cagliari. Il misto di pesce (polpi, gronghi, scorfani, capponi, San Pietro, palombo, saraghi, sgombri, pagelli, una piccola aragosta ecc., ma si può preparare anche solo di anguille), pulito e tagliato a pezzi, cuoce per circa un quarto d’ora in un sugo di olio, aglio, cipolla, pomodori secchi, peperoncino sbriciolato o a pezzetti, prezzemolo tritato e vino bianco secco, meglio se Vernaccia. A fine cottura si aggiusta di sale, si cosparge di basilico e prezzemolo e si serve caldissima sopra fette di pane casereccio tostato. Con il sugo lasciato leggermente addensare si possono condire gli spaghetti; allungato, invece, con altra acqua può essere utilizzato per cucinare la minestra di fregola.