L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1969 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).
LOCOROTONDO
Disciplinare: approvato DOC con Dpr 10.06.69 (211 -19.08.69)
Regione: Puglia
Provincia/e: Bari e Brindisi
Città del Vino: Locorotondo
Tipologie: Locorotondo (anche Superiore e Riserva), Locorotondo Spumante, Locorotondo Passito, Locorotondo Verdeca, Locorotondo Bianco d’Alessano, Locorotondo Fiano.
Vitigni: Verdeca b. 50-100%, Bianco di Alessano b. 35-100%, Altri vitigni autoctoni a bacca bianca 0-15%.
Cenni storici e/o geografici: Per anni il vino è stato utilizzato dai piemontesi nella produzione del Vermout, ma a partire dal 1969 è diventato uno dei più promettenti vini bianchi di qualità pugliesi, citato anche da Mario Soldati e da Paolo Monelli insieme al Martina Franca. Il Verdeca sfrutta il terreno fresco e profondo del fondovalle della Valle d’Itria, fornendo al Locorotondo il profumo e il sapore; il Bianco d’Alessano, più rustico, vegeta e produce bene sui crinali poveri di stato coltivabile ma esposti al sole, conferendogli la stoffa e il corpo.
Descrizione: Colore giallo paglierino (Riserva e Bianco d’Alessano) talvolta tendente al verdolino (Locorotondo anche Superiore, Spumante, Verdeca) o con riflessi dorati (Fiano), giallo da paglierino intenso a dorato (Passito). Odore delicato, caratteristico (Locorotondo anche Superiore) e con leggeri sentori speziati (Riserva), delicato e fine (Spumante), persistente delicato (Verdeca) o fine (Bianco di Alessano), caratteristico, intenso (Passito) e persistente (Fiano). Sapore asciutto, armonico (Riserva) e con retrogusto leggermente amarognolo (Locorotondo anche Superiore), da extrabrut a dolce, sapido, fresco, fine e armonico (Spumante), dolce, armonico, vellutato e caratteristico (Passito), secco, equilibrato e fresco (Verdeca) o talvolta sapido (Bianco di Alessano), secco, armonico, caratteristico (Fiano). Titolo alcol. minimo 11% (Locorotondo anche Riserva, Spumante, Verdeca e Bianco di Alessano), 12% (Superiore), 11,5% (Fiano), 15% (Passito). Abbinamenti: antipasti di frutti di mare, minestre asciutte, piatti delicati a base di pesce o carni bianche, pizza, fritture e frittate.
Prodotto CANESTRATO PUGLIESE
Disciplinare: Reg. CE n. 1107 del 12.06.96 (GUCE L 148 del 21.06.96)
Cenni storici e/o geografici: La vocazione silvo-pastorale dell’Alta Murgia ha una storia millenaria che si intreccia con quella del canestrato pugliese, legato alla transumanza delle greggi da dicembre a maggio tra le montagne dell’Abruzzo e il Tavoliere delle Puglie. Tipico delle province di Foggia e Bari, deve il suo nome ai canestri di giunco, le cosiddette fiscelle, dentro i quali trascorre la prima parte della stagionatura e che sono uno dei prodotti piú tradizionali dell’artigianato locale .
Descrizione: Formaggio stagionato a pasta dura non cotta prodotto esclusivamente con latte di pecora intero proveniente da una o due mungiture giornaliere. La crosta di colore marrone tendente al giallo, più o meno rugosa dura e spessa, viene trattata con olio di oliva miscelato ad aceto di vino. Il colore della pasta è di colore giallo paglierino più o meno intenso in relazione alla stagionatura, che i protrae da 2 a 10 mesi in locali freschi debolmente ventilati. La pasta ha struttura compatta alquanto friabile, discretamente fondente, e sapore piccante caratteristico piuttosto marcato. E’ un ottimo formaggio da tavola insieme a fave, pere o verdure crude in pinzimonio e vini bianchi o rosati secchi quando è più giovane; accompagnato da sedano, cicoria, olive nere e ravanelli e servito, scheggiato dalla forma, insieme a vini rossi strutturati ed invecchiati, se è più stagionato. Ma trova la sua massima espressione, quando la maturazione non è inferiore a 6 mesi, grattugiato su piatti di pasta asciutta al ragú di carne o di involtini.
Piatto BOMBETTE AL FORNELLO
Cenni storici e/o geografici: Tipiche della zona della Valle d’Itria e della Murgia, dove si possono trovare già pronte nelle macellerie, devono il loro nome all’esplosione di sapori che si sprigiona in bocca. Sono, con alcune varianti, involtini di carne di manzo o capocollo (in alcuni casi pancetta) ripieni di carne macinata, tocchetti di caciocavallo e, a piacimento, un pezzetto di salume. Ne esiste una versione impanata con pane, formaggio e aromi. La tradizione vuole che le bombette vengano infilate in uno spiedo di ferro, messe nel forno a carbone o a legna e lasciate arrostire con il riverbero del calore, ma in alternativa va bene anche il forno di casa. Si possono servire con un contorno di insalata fresca, verdure grigliate, olive celline o lampascioni.
Descrizione: Ingredienti: 12 fettine di collo di suino tagliate sottili e battute con il batticarne, 12 fette di pancetta, 150 gr di caciocavallo tagliato a fettine sottili, 1 spicchio di aglio, prezzemolo, olio evo, sale e pepe nero.
Preparazione: Salate e pepate le fettine di carne e componete le bombette ponendo su ciascuna di esse una fetta di pancetta, il caciocavallo, prezzemolo e aglio tritati insieme. Arrotolate e fermate con uno stuzzicadenti. Disponete le bombette in una pirofila oliata e cuocete in forno preriscaldato a 200° per una trentina di minuti circa, avendo cura di azionare il grill per qualche minuto a fine cottura. Servitele ben calde.