Auguri al Lison-Pramaggiore

01/03/2021

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1971  con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

LISON-PRAMAGGIORE

Disciplinare: DPR 04.06.1971 (G.U. 244 – 27.09.1971)

Regione/i: Friuli-Venezia Giulia, Veneto

Provincia/e: Pordenone, Venezia, Treviso

Città del Vino: Comune di Annone Veneto, Comune di Latisana, Comune di Portogruaro, Comune di Pramaggiore

Enoregione/i: PIANURA FRIULANA, PIANURA ORIENTALE

Tipologie: Bianco, Rosso (anche Riserva), Chardonnay, Sauvignon, Verduzzo (anche Passito), Merlot (anche Riserva), Malbech, Cabernet, Carmenère, Cabernet franc, Cabernet Sauvignon, Pinot grigio Refosco dal peduncolo rosso (anche Riserva e Passito), Spumante.

Vitigni: Chardonnay, Pinot grigio, Sauvignon, Verduzzo (da Verduzzo friulano e/o Verduzzo trevigiano), Merlot, Malbech, Cabernet (da Cabernet franc e/o Cabernet Sauvignon e/o Carmenère), Cabernet franc, Cabernet Sauvignon, Carmenère, Refosco dal peduncolo rosso.

Cenni storici e/o geografici: L’area DOC Lison-Pramaggiore, situata nella pianura a pochi chilometri dal litorale veneziano, fra i fiumi Tagliamento e Livenza, è da sempre testimone della coltivazione della vite a garanzia della tipicità e della peculiarità dei vini del territorio. Il clima dell’area è definito “temperato” grazie alla vicinanza del mare, alla presenza di aree lagunari e alla giacitura pianeggiante che favorisce l’esposizione dei vigneti ai venti della zona. I suoli dell’area sono caratterizzati dalla presenza di alti contenuti di elementi minerali soprattutto “caranto” (carbonato di calcio), potassio, calcio e magnesio, da un’equilibrata dotazione di sostanza organica e da una buona capacità di riserva idrica. Questi fattori danno vita a vini di ottima struttura, buon equilibrio acido, profumi intensi di frutta fresca e spiccata personalità. La Denominazione prende il nome dal borgo romano di Lison e dal paese di Pramaggiore a testimonianza che la coltivazione locale della vite era già viva all’epoca dei romani. Nel Museo Nazionale di Portogruaro sono conservati numerosi contenitori di origine romana utilizzati proprio per la trasformazione e la conservazione del vino. Tuttavia è solo con l’avvento dei monaci benedettini nel XII secolo d.C., che la zona scopre lo sviluppo di una viticoltura razionale. La coltivazione della vite ebbe un importante sviluppo ai tempi della Repubblica Veneziana quando Pramaggiore con il borgo di Belfiore fu considerata il Vigneto della Serenissima. Negli ultimi cinquant’anni si è sviluppata una viticoltura altamente specializzata e professionale grazie ai produttori delle aziende di maggiori dimensioni e prestigio, che hanno abbandonato la viticoltura promiscua dei filari fra gli appezzamenti, a favore della coltivazione in vigneti specializzati anche al fine di migliorare gli aspetti qualitativi delle produzioni. Tale professionalità dei produttori ha permesso di sviluppare, grazie anche ai risultati della zonazione dell’area DOC e alla collaborazione con l’università, dei protocolli di vinificazione specifici per le varietà autoctone Refosco e Lison, in modo da esaltare le caratteristiche organolettiche e legarle indissolubilmente al territorio di produzione. L’evoluzione storica e la qualificazione della viticoltura nell’area hanno permesso, già nel 1971, di riconoscere la Denominazione Lison per tutelare il Tocai di Lison e successivamente la Denominazione Pramaggiore per tutelare il Merlot e Cabernet della zona. Nel 1974 le due Denominazioni vennero fuse nella DOC Lison-Pramaggiore. A Pramaggiore già dal 1947, viene organizzata presso la Mostra Nazionale vini la “Fiera Campionaria dei Vini” – diventata dal 1961 il “Concorso Enologico Nazionale” – a testimonianza dello storico e profondo legame del territorio con il mondo del vino. Oggi la DOC Lison-Pramaggiore grazie anche alla promozione della Strada Vini della DOC, è tra le realtà più importanti e vive del Veneto Orientale con vini che valorizzano i territori di produzione.

Abbinamenti: Antipasti con frutti di mare, insalata con gamberi, risotto al nero di seppia, baccalà mantecato, carni bianche e rosse, stufati di vitello e di pollame, carni alla griglia, formaggi freschi, duri o a media stagionatura.

 

Prodotto: BONDIOLA PORDENONESE (o SAÙC)

Descrizione: Le bondiole sono insaccati di carne di maiale dalla forma tondeggiante che appartengono da secoli alla tradizione alimentare patavina, estense e vicentina. Hanno lo stesso impasto del cotechino (carni, cotica, parti muscolari più dure e lardo macinati grossolanamente) insaporito con sale e pepe, cannella, chiodi di garofano e vino rosso, ma il sapore è più speziato e leggermente piccante. Creata per utilizzare tutti gli avanzi della lavorazione di altri prodotti, la bondiola può essere insaccata nei ritagli residui del budello di vacca, nelle vesciche di vitello o di suino o nel gozzo del tacchino, ponendo molta attenzione a evitare che eventuali bolle d’aria restino all’interno. Segue un’asciugatura di qualche giorno in stanze ventilate e la conservazione, per trenta giorni al massimo, in luoghi freschi e umidi. Si mangia, dopo averla lessata dalle due alle quattro ore, insieme a purè di patate, cren, radicchio o verdure al burro. Variante del cotechino friulano (muset), la bondiola che si produce nel Pordenonese è nota anche col nome di saùc, appellativo dialettale del Monte Cavallo, cima posta al confine con la provincia di Belluno. Prodotto tra settembre e giugno, il saùc è consumato soprattutto nel periodo natalizio. I tagli utilizzati sono la cotenna di pancia, i muscoli gelatinosi, la lingua, la gola e le carni di testa. Muscoli e lingua, tagliati o macinati, sono messi in infusione nel vino rosso (Refosco o Cabernet). Il tutto è conciato con sale, pepe e varie spezie tra cui coriandolo e noce moscata. Una volta insaccato, va consumato entro 60 giorni. La cottura (lunga, in acqua) è pressoché identica a quella del cotechino, ma la si lega a un cucchiaio di legno appoggiato al bordo del tegame. Ne esistono alcune varianti anche in Veneto: la bondiola col lengual del padovano (l’impasto è avvolto intorno alla lingua salmistrata del maiale) da consumare per tradizione il giorno dell’Ascensione; la bondiola di Castelgomberto; la bondiola al sugo d’Este che tra gli ingredienti annovera un vino dolce come il Colli Euganei Moscato o il Marsala; la bondiola affumicata del basso Polesine.

 

Piatto: ANGUILLA AL TEGAME (O BISATO IN TECIA)

Descrizione: In tutto il Veneto, ma in particolare nell’area tra Venezia, Treviso e Pordenone, le anguille di acqua salata – del delta del Po, del Livenza, delle Valli da pesca venete – sono molto apprezzate: con aglio, cipolla, vino rosso e passato di pomodoro (alla sampolese); con aromi, pomodori e vino bianco (alla veneziana); con crema di latte, limone e pepe verde sopra fette di pane abbrustolite (alle ortiche); con le amarene, vino rosso e cannella (con le marinelle); cotta con scorza di limone e arancia in una teglia di terracotta (sull’ara); con aglio, cipolla, aceto e poca acqua (brodeto de bisato); allo spiedo con alloro e salvia, alla brace, fritte, con il riso. Per preparare il bisato in tecia, detto anche anguilla alla Vallesana, si lascia marinare il pesce pulito e tagliato a pezzi per circa trenta minuti in una terrina con aceto e foglie di alloro, poi si passa nella farina e nel pangrattato e infine si fa rosolare in olio, burro, cipolla, prezzemolo e aglio tritato, sale e pepe. Si bagna con il liquido della marinata e si lascia cuocere a fiamma moderata. Un’altra versione della ricetta esclude la marinatura e immerge i pezzi di anguilla direttamente dentro un brodetto di vino rosso, acqua, odori finemente tritati e foglie di alloro, poi aggiunge olio e conserva di pomodoro. La cottura può essere al forno, a temperatura media, o sul focolare, tra la cenere e la brace. Ottimo l’abbinamento con polenta bianca morbida.

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