Auguri al Friuli Colli Orientali

26/05/2020

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di  città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche,  vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1970 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

FRIULI COLLI ORIENTALI

Disciplinare: approvato con DPR 20.07.1970 (GU 247 – 30.09.1970)

Regione: Friuli-Venezia Giulia

Provincia/e: Udine

Enoregione/i: COLLI ORIENTALI FRIULANI

Città del Vino: Comune di TorreanoComune di PrepottoComune di PremariaccoComune di NimisComune di ManzanoComune di Corno di RosazzoComune di Cividale del FriuliComune di Buttrio

Tipologie: Bianco, Rosso, Dolce, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Ribolla Gialla, Riesling, Sauvignon, Friulano, Traminer Aromatico, Verduzzo Friulano, Cabernet, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Pignolo, Refosco dal Peduncolo Rosso, Pinot Nero, Tazzelenghe.

Vitigni: Pinot Bianco, Pinot Grigio, Ribolla Gialla, Riesling, Sauvignon, Friulano, Traminer Aromatico, Verduzzo Friulano, Cabernet, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Pignolo, Refosco dal Peduncolo Rosso, Pinot Nero, Tazzelenghe.

Cenni storici e/o geografici: Friuli Colli Orientali, da sempre terra di vini: un’affermazione che trova non solo una conferma nella realtà socio-economica del suo vivere, ma che affonda le proprie radici nelle lontane parole di Erodiano (170-240 d.C.) che racconta come i coloni latini inghirlandassero duemila anni or sono la campagna friulana con tralci di vite, o dello storico greco Strabone (58 a.C.-21 d.C.) che ricorda il rumoroso andare dei carri carichi del vino generoso trasportato oltralpe. Già allora Cividale del Friuli (il cuore dei Colli Orientali) – con il nome di Forum Julii che in seguito avrebbe indicato l’intero territorio della regione Friuli-Venezia Giulia – costituiva uno dei municipi romani nella X Regio Venetia et Histiria ed era il maggior centro della zona. Le più importanti testimonianze però sono quelle del ducato longobardo che presenta il suo momento più significativo nel Tempietto Longobardo del 760 circa, in cui architettura, scultura e pittura si fondono in un insieme di forte suggestione e dove la decorazione a stucco esalta nelle Sante in altorilievo del registro superiore e nell’elegante tralcio di vite a spirale con grappoli e pampini racchiuso entro doppia cornice curvilinea sopra la porta d’ingresso. In versione moderna, Giacomo Meneghini da Nimis – meglio conosciuto come Jacun Pitor – lascia all’inizio del novecento i suoi poveri affreschi sui muri delle case rurali da Monteaperta a Savorgnano del Torre, da Prepotto a Corno di Rosazzo, a uso di genti dal gusto semplice e dalla fede profonda, in una casa nobilare di Spessa di Cividale del Friuli dipinge un Bacco che troneggia con brocca e bicchiere in mano, seduto su una botte e affiancato dalla scritta: “Viva Bacco, il vino e la legria, ogni onesto scherzo vale fatto in buona compagnia”. Arrivando ai giorni nostri è proprio in una cantina dei Colli Orientali che è nata l’idea dei “Superwhites”, una definizione questa che ha iniziato a girare nel mondo ma che è fatta apposta per far venir fuori l’orgoglio dei produttori friulani e di quelli dei Colli Orientali in particolare, gente che è più brava a produrre che a vendere, più ad agire che a parlare. Con il Decreto del Presidente della Repubblica del 20 luglio 1970, è stata riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata dei vini “Colli Orientali del Friuli” ed è stato approvato il relativo disciplinare di produzione che definisce i principali aspetti produttivi dei vini, dopo una serie di modifiche successive si è giunti fino al Decreto del 14 ottobre 2011 che sancisce la ridefinizione del nome della denominazione in “Friuli Colli Orientali”.

Abbinamenti: Gli abbinamenti variano a seconda della tipologia: dall’asìno (o formaggio salato) con il Rosso, il Pignolo e il Tazzelenghe, al brodetto alla gradese con il Ribolla Gialla, dai cjalzons di timau o la frittata alle sette erbe con il Riesling alla gubana con il Verduzzo, dal gulasch a la triestina con lo Schioppettino alla jota con il Cabernet Franc, dal montasio fresco con il Merlot e il prosciutto di cormons con il Tocai Friulano allo strucolo in straza con il Ramandolo.

 

Prodotto: PROSCIUTTO DI CORMONS (PAT)

Descrizione: Preparato con carne proveniente da maiali di grossa pezzatura alimentati in modo rigorosamente naturale (preferibilmente con una dieta a base di cereali secchi), ha gusto dolce e leggermente affumicato, con un sentore di erbe appena percettibile. Dopo una prima salatura seguita da un periodo di riposo, le cosce – pepate, massaggiate con il sale e passate in pressa – sono lasciate affumicare per circa due giorni, in una camera stretta e alta, sopra un pentolone pieno d’acqua con piante aromatiche del luogo (ginepro, alloro, rosmarino ecc.) appeso su un fuoco di legna autoctona (ciliegio, vite, alloro). Segue una stagionatura naturale di dodici mesi, in apposite sale dove è assicurata la circolazione di aria fresca. Al sesto mese i prosciutti vengono sottoposti a rifilatura e stuccatura a mano con una miscela di sugna e spezie la cui ricetta è rimasta inalterata da decenni.

 

Piatto: GUBANA (PAT)

Descrizione: Nasce dalle Valli del Natisone questo dolce dalla tipica forma a chiocciola (gubat in sloveno significa “avvolgere”), che la tradizione voleva fosse fatto in casa durante le festività natalizie e pasquali e in occasioni speciali come un matrimonio, da dare in dono agli invitati. La preparazione è molto complessa, sia per la ricchezza degli ingredienti sia per le tre lievitazioni. Con un po’ di lievito naturale, farina, latte fresco intero, sale e zucchero, si prepara una pasta assai molle che deve riposare per circa venti minuti. Si uniscono poi altro zucchero, uova, burro fuso e farina e si lascia lievitare ancora un’ora. Si aggiungono di nuovo farina, burro fuso, uova, scorza di limone grattugiata, vaniglia naturale, zucchero, rhum e latte, e la pasta, che deve acquistare elasticità, riposa per altre tre ore. Si stende, si cosparge con il ripieno – un composto di noci, uva sultanina, pinoli, arancia e cedro canditi, mandorle, nocciole, cioccolato fondente, cannella, scorze grattugiate di limone e arancia, vino di Malaga e pangrattato – e abbondante burro e zucchero e si richiude il tutto a formare un cilindro, da arrotolare su sé stesso e cuocere a temperatura costante in forno per circa un’ora. Molte le varianti, tutte molto popolari: la gubana alla cividalese preparata con pasta sfoglia non lievitata, la putizza di origine slava che si fa solo a Trieste e ripropone un’analoga preparazione con qualche differenza nel ripieno e il presnitz, creato all’inizio dell’Ottocento da una pasticceria triestina in occasione della visita dell’imperatrice d’Austria e Ungheria Sissi (il nome del dolce sarebbe, infatti, l’abbreviazione del titolo di Preis Prinzessin – Premio Principessa – che gli fu conferito).

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