L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1973 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).
Cesanese del Piglio o Piglio
Disciplinare: Approvato DOC con DPR 29.05.1973 G.U. 216 – 22.08.1973, poi Approvato DOCG con DM 01.08.2008 G.U. 192 – 18.08.2008
Regione: Lazio
Provincia/e:
Enoregione/i: TERRE DEL CESANESE E CIOCIARIA
Città del Vino: Comune di Serrone, Comune di Piglio, Comune di Anagni
Tipologie: “Cesanese del Piglio” o “Piglio”, “Cesanese del Piglio” o “Piglio” Superiore
Vitigno/i: Cesanese di Affile e/o Cesanese comune 90% minimo; vitigni complementari, idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, per non più del 10%
Cenni storici e/o geografici: La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra del “Piglio” è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, che nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate fino ad ottenere i rinomati vini della DOC. In particolare, la presenza della viticoltura nella zona del “Piglio” è attestata in molti reperti dei georgici latini. Con la caduta dell’Impero Romano e la fine delle invasioni barbariche, la viticoltura in queste terre, nonostante i danni subiti, non perde la sua continuità con il passato e mantiene sempre un ruolo importante, come confermano i numerosi atti notarili inerenti i terreni vitati custoditi nell’archivio capitolare di Anagni e, in seguito, gli Statuti della Terra di Piglio (1479) che regolavano l’ordinamento della Comunità di Piglio su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Altro documento in cui viene citato il vino “Cesanese” è costituito dal Libro Mastro del 1838 conservato presso l’Archivio dell’Abbazia di Subiaco, la quale deteneva il possesso della maggior parte dei terreni della zona. Successivamente, dagli Annali della Facoltà di Agraria della R. Università di Napoli del 1942 è possibile ricostruire le vicende legate alla fama di questo vino, laddove si sottolinea come “ … i Cesanesi risultano avere l’assoluto predominio nella viticoltura della zona: il vino risulta, inoltre, molto apprezzato da tutti i consumatori, specialmente da quelli della Capitale i quali, si dice, dei Castelli conoscono ormai i soli vini bianchi e di Cesanese non apprezzano che quello di Piglio”. La combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici determina un’ottimale maturazione fenolica che, unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi, permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura con un grande equilibrio fra le diverse componenti. Indubbiamente molto del particolare “bouquet” del “Cesanese del Piglio” è dovuto a questa maturazione prolungata sulla pianta, in un clima temperato, ma caratterizzato, segnatamente nella fase finale, da una elevata escursione termica tra notte e giorno.
Prodotto: MARZOLINA (PAT E PRESIDIO SLOW FOOD)
Descrizione: Originario del territorio alle pendici dei Monti Ausoni e in seguito diffusosi anche nel nord della provincia di Frosinone, questo piccolo formaggio si produce da marzo a maggio con latte caprino di due mungiture, coagulato con caglio di capretto. La pasta viene posta a scolare nelle formelle e pressata a mano. Dalla particolare forma a parallelepipedo, non ha crosta ma una buccia dura e asciutta, pasta bianca e sapore dolce e ricco che diventa più piccante con il passare del tempo. Si può consumare sia fresca appena fatta sia dopo circa due settimane di stagionatura su graticci di legno oppure dopo qualche mese di maturazione in barattoli di vetro, magari coperta di olio.
Piatto: BAZZOFFIA
Descrizione: Zuppa di verdure e legumi di sapore antico, tipica della provincia di Latina. Sezze e Priverno, dove ogni famiglia dispone di una sua ricetta, si contendono la supremazia nella preparazione di questa minestra cucinata solo in quelle poche settimane comprese tra la primavera e l’estate in cui nell’orto si trovano cipolla, sedano, lattuga, bieta, spinaci, zucchine, fagioli, piselli, fave, cardi, germogli di zucca… Alcuni un tempo vi aggiungevano anche le lumache. Nella versione più diffusa alla cipolla rosolata nell’olio si aggiungono carciofi e lattuga tagliati a listarelle, piselli e fave fresche sgranate. Si versa abbondante acqua bollente salata, si fa cuocere, coperto, per circa un’ora e si serve direttamente nelle scodelle individuali, dove sono state precedentemente distribuite fette di pane casereccio raffermo, un uovo in camicia, una spolverata di pecorino grattugiato e, a piacere, peperoncino.