1967-2017: auguri al Carema DOC

24/02/2017

Quest’anno si celebra l’anniversario di quattordici DOC italiane, molte delle quali ricadono nei territori delle Città del Vino. L’Associazione vuole festeggiare l’importante ricorrenza (“Cinquanta candeline per le DOC del 1967) con una carrellata sulla storia, le caratteristiche e gli abbinamenti di questi pregiati vini, accostandoli a prodotti e piatti tipici della cultura gastronomica regionale (i testi sono tratti dal volume “50 Doc – 50 anni di denominazioni d’origine a tutela del vino italiano in vendita presso CI.VIN. s.r.l., info@cittadelvino.com).

 

CAREMA

Disciplinare: Approvato DOC con DPR 09.07.1967 (G.U. 199 – 09.08.1967)

Regione: Piemonte

Provincia/e: Torino

Città del Vino: Carema

Tipologie: Carema e Carema Riserva.

Vitigni: Nebbiolo 85-100%, Altri vitigni piemontesi a bacca rossa non aromatici 0-15%.

Cenni storici e/o geografici: Già i Romani a Carema producevano un ottimo vino e alla fine del Cinquecento il medico Andrea Bacci, nel suo libro ‘De naturalis historia vinorum’, lo tra i vini migliori ricordandone l’ammissione alla Corte dei Savoia. Sulle rocce moreniche del monte Maletto, tra i 350 e 700 m di altitudine, la sua coltura si è sviluppata caparbiamente nel tempo grazie al duro lavoro dei vignaioli, che diverse volte hanno dovuto ricostruito la collina trasportando il terriccio, sostenendolo con opere in muratura e reimpiantando i vigneti che erano scivolati a valle. I caratteristici muretti a secco (topion) e pilastri in pietra, oltre a catturare i raggi del sole rilasciandoli poi alle viti nel periodo notturno, sono un vero e proprio vanto architettonico e da sempre garantiscono la giusta maturazione delle due varietà locali (il Picutener e il Prugnet) di Nebbiolo, forse così chiamato per l’epoca tardiva di vendemmia quando già le prime nebbie avvolgono i filari ai confini della Val d’Aosta.

Descrizione: Colore rosso rubino tendente al granato (Carema), rosso granato (Carema Riserva). Odore fine e caratteristico (Carema Riserva) e che ricorda la rosa macerata (Carema). Sapore morbido, vellutato, corposo (Carema e Carema Riserva). Titolo alcol. minimo 12% (Carema e Carema Riserva). Invecchiamento minimo di 2 anni (di cui 12 mesi in legno di rovere o castagno), 3 per la Riserva. Abbinamenti: minestre asciutte con salse rilevate, risotti con funghi, carni rosse e selvaggina, stracotto di cavallo, salumi, formaggi stagionati.

 

MURAZZANODOP

Disciplinare: Reg. CE n. 1107 del 12.06.96 (GUCE L 148 del 21.06.96)

Cenni storici e/o geografici: Originario dell’omonimo paese della provincia di Cuneo, il Murazzano è tra le più antiche robiole del Piemonte. Il suo gusto peculiare è dovuto alla rigorosa alimentazione degli ovini, principalmente dalla razza autoctona Pecora delle Langhe, e delle mucche piemontesi. Il marchio raffigura una forma di formaggio dal quale è stata tagliata una fetta a ricordo della leggenda di Giuanin di Murazzano, che secondo la tradizione popolare fu lasciato dalla madre a guardia di alcune robiole. Un corvo gliene rubò una e il giovane fu costretto ad affrontare Satana in persona per recuperare la forma di formaggio, alla quale però mancava una bella fetta.

Descrizione: Formaggio grasso a pasta fresca, prodotto in forme cilindriche di 250-400 gr, con latte ovino in purezza o misto ovino e bovino. Durante la stagionatura, dai 4 ai 10 giorni, le robiole sono lavate giornalmente con acqua tiepida, mentre la salatura è a secco. Il prodotto può anche essere conservato, per periodi molto prolungati, nelle tradizionali “burnie”, vasi di vetro con chiusura ermetica. La pasta è di colore bianco latte, morbida, leggermente consistente, a volte con alcune occhiature, finemente granulosa. La forma, priva di crosta, può presentare una leggera patina di colore paglierino chiaro nelle forme più stagionate. Il sapore fine, delicatamente profumato, ricorda il latte ovino.

 

TAJARIN AL TARTUFO BIANCO

Cenni storici e/o geografici: I tajarin sono le sottilissime tagliatelle all’uovo della tradizione culinaria delle Langhe e del Monferrato. Ci vogliono almeno 8 uova per ogni chilo di farina, ma alcuni ristoratori arrivano a 30. Si possono condire con sugo di arrosto di vitello o di selvaggina in salmì, con ragù di frattaglie di pollame e coniglio (l’antico “comodino”), con funghi e animelle di agnello (la salsa alla Vittorio Emanuele II), con la toma di Murazzano stagionata oppure con l’ingrediente principe di queste terre: il tartufo bianco d’Alba. 

Descrizione: Ingredienti (per 4 persone): 400 gr di farina, 4 uova, 60 gr di tartufo bianco, 60 gr di burro di montagna, parmigiano grattugiato, farina di meliga, sale. Preparazione: Ponete la farina a fontana e al centro mettete 3 uova intere, un tuorlo e un pizzico di sale. Lavorate a lungo l’impasto, fatelo riposare per circa due ore avvolto in un panno bianco pulito bagnato in acqua tiepida, e poi tiratelo con il matterello in sfoglie sottilissime. Fatele riposare per una decina di minuti prima di spolverizzarle con farina di meliga, avvolgerle su se stesse e, a mano libera, tagliarle in strisce larghe 3 o 4 millimetri al massimo. Stendete le tagliatelline ben aperte su un vassoio ricoperto da una salvietta leggermente infarinata, per farle asciugare. Cuocete i tajarin in abbondante acqua bollente salata per pochi minuti e conditeli appena scolati con il burro, formaggio, il pepe e il tartufo affettato in lamelle sottili direttamente sui singoli piatti.