Sviluppo locale e rigenerazione urbana: tagli o incentivi all’agricoltura?

13/06/2018

In considerazione della propostadi bilancio per il periodo 2021-2027 recentemente presentata dalla Commissione europea che prevede tagli del 7% alla Politica Agricola Comune e del 5% alla Politica di Coesione, le Città del Vino rivolgono alcune riflessioni all’attenzione dei nuovi ministri delle Politiche agricole e dei Beni Culturali  e agli Europarlamentari impegnati nella Commissione Agricoltura. 

Nel corso degli ultimi anni il dibattito sullo sviluppo urbano si è focalizzato sul concetto di "rigenerazione urbana" che implica non solo la tutela e il recupero di un patrimonio edilizio pre-esistente, ma anche l’intervento sul tessuto sociale, culturale ed ambientale adottando un approccio basato sulla sostenibilità, sull’inclusione sociale e sull’innovazione. Pensare quindi alle città come ad ecosistemi funzionali in cui si sviluppano relazioni economiche, sociali ed organizzative condivise tra tutti gli attori (istituzioni, imprese, associazioni, cittadini) che li abitano. Ma in un paese come l’Italia, nel quale i centri al di sotto dei 5000 abitanti rappresentano il 70% circa delle amministrazioni locali e pochi sono gli spazi “vuoti” tra una città e l’altra, appare prioritaria l’esigenza di ripensare, ridefinire e riqualificare non solo i grandi centri urbani ma anche quegli spazi “di mezzo” in cui si intersecano, secondo regole e modalità non predefinite dai piani, le reti infrastrutturali, i tessuti della aree agricole, gli insediamenti produttivi, le trame della residenzialità diffusa (anche a carattere stagionale) e le nuove strutture turistiche di agriturismo e di turismo rurale. Tale intreccio di relazioni ha cambiato il senso della fruizione degli spazi pubblici e privati e delle interdipendenze tra le funzioni dei servizi urbani e dei servizi produttivi alla campagna. In questo contesto assume un ruolo fondamentale la centralità dell’agricoltura e dei Comuni come unici strumenti utili per un efficace controllo del territorio sotto vari di vista: urbanistico, ambientale, produttivo, sociale.

L’agricoltura è oggi l’attività produttiva che riesce meglio di altre a presiederne il territorio e a darne un forte senso economico, è sempre il settore più attivo anche in un ciclo di crisi ma ha bisogno di nuovi scenari e progetti. Per secoli in Italia è stata una pratica economica delle aree interne, una parte rilevante delle quali ha subito negli ultimi decenni un forte processo di marginalizzazione segnato da calo della popolazione, riduzione dell’occupazione e dell’utilizzo del territorio, offerta locale calante di servizi pubblici e privati, riduzione del suolo agricolo, dissesto idro-geologico e degrado del patrimonio culturale e paesaggistico. Dati, studi e ricerche continuano però a documentare come in questa ampia parte del Paese esista un forte potenziale di recupero e di crescita che è possibile sostenere, con l’aiuto dei fondi e dei programmi comunitari disponibili, intervenendo nella tutela del territorio, nella valorizzazione delle risorse naturali e culturali e turismo sostenibile, nel rafforzamento dei sistemi agro-alimentari, nel risparmio energetico e nelle filiere locali di energia rinnovabile, nel saper fare e nell’artigianato. L’agricoltura è quindi uno dei settori chiave della transizione alla green economy (che in Italia  è una delle poche reali possibilità per sostenere una ripresa stabile e durevole) e fonte di occupazione “decorosa” per molti giovani. Anche la rigenerazione urbana e la riqualificazione del patrimonio esistente sono importantissimi strumenti per superare la crisi attraverso la conversione ecologica dei centri abitati, la messa in sicurezza rispetto ai rischi idrogeologici e sismici, il miglioramento delle prestazioni energetiche dei fabbricati, l’azzeramento del consumo di nuovo suolo, l’incremento del capitale naturale urbano e peri-urbano. Così come lo è il potenziamento di un turismo sostenibile che soddisfi la crescente domanda di risorse culturali, paesaggi, momenti esperenziali e prodotti agroalimentari di qualità.  Piccoli o grandi che siano tutti i centri urbani devono oggi affrontare queste nuove sfide con un elevato spirito di resilienza e una grande propensione ad accettare cambiamenti di paradigmi.

E’ evidente allora la delusione nell’aver appreso che la proposta di bilancio per il periodo 2021-2027 recentemente presentata dalla Commissione europea prevede tagli del 7% alla Politica Agricola Comune e del 5% alla Politica di Coesione, giustificandoli con i costi aggiuntivi della Brexit e la necessità di implementare le risorse per le nuove priorità dell’Ue (tra le quali l’immigrazione, la sicurezza e la ricerca). La CE ha comunque voluto porre l’accento sull’ambiente, sul clima, sulla transizione verso un settore agricolo più sostenibile e lo sviluppo di aree rurali dinamiche, sul sostegno delle piccole e medie aziende agricole. Ma numerose voci autorevoli della politica e delle associazioni agricole italiane si sono levate a contestare tagli niente affatto banali e a sollecitare invece un riallineamento alla richiesta del Parlamento europeo che aveva puntato ad un più ambizioso contributo degli Stati membri.

Un altro punto dirimente è quello della banda larga nelle aree urbane e rurali, in un mondo le cui mappe sono sempre meno disegnate dalla geografia classica e sempre più dalla connettività. Nelle campagne una banda larga efficiente è uno strumento di supporto forte e sostenibile alle comunità rurali, soprattutto per le applicazioni digitali connesse all’agricoltura di precisione (che peraltro consente di ridurre ulteriormente l’uso di prodotti chimici nei campi), per l’erogazione online di prestazioni destinate a migliorare la qualità della vita nelle zone extra-urbane, per l’aggiornamento e lo scambio di buone pratiche, per la compravendita di prodotti e servizi. La CE ha destinato oltre 6 mld (di cui oltre 1 miliardo solo in Italia) a servizi di consulenza alle autorità locali e regionali. Attualmente però la realizzazione di una società basata sulla conoscenza attraverso la diffusione delle infrastrutture e dei servizi di telecomunicazione presenta ancora forti criticità nel nostro Paese, dove tra l’altro solo il 40% delle famiglie rurali italiane ha accesso ad una connessione di nuova generazione, rispetto al 76% delle famiglie totali dell’Ue. E questo divario non rappresenta solo uno squilibrio in termini di tecnologia, ma anche di opportunità. Forte è, infine, la richiesta l’esigenza di una maggiore semplificazione delle procedure di accesso ai contributi comunitari e la riduzione di quei costi eccessivi (quale, ad esempio, l’audit sulle rendicontazioni)  che incidono notevolmente sui finanziamenti quasi a suggerire che la bontà di un progetto non sia l’obiettivo finale, ma la prassi ragionieristica.