Ora et Labora nel rispetto dell’ambiente e della biodiversità

21/04/2020

Prosegue il nostro viaggio tra i monasteri italiani dove da sempre si produce vino: Emilia-Romagna e Toscana

L’Abbazia San Pietro di Modena (www.monasteromodena.com), come fondazione vescovile, risale alla fine del X secolo e divenne indipendente nel 1148. Ad esclusione di una breve parentesi tra le due guerre mondiali, i Padri Benedettini sono sempre stati presenti all’interno di questa Abbazia e tutt’ora vivono in comunità. La Spezieria monastica vanta le stesse origini: inizialmente fungeva da farmacia interna, affiancata da una preziosa biblioteca con ricchi erbari, prestigiosi ricettari, trattati botanici e di farmacopea, ma nei secoli si è poi convertita in una vera e propria nicchia per la vendita di prodotti di monasteri benedettini italiani ed europei, oltre a quelli dell’Abbazia stessa. Come l’Aceto balsamico di Modena IGT qualità 3 foglie e 4 foglie, Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP 12 e 25 anni,  Glassa all’Aceto Balsamico di Modena IGT, Parmigiano Reggiano DOP 24 e 36 mesi, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC (grazie all’accurata selezione e vendemmia, rigorosamente fatte a mano, sprigiona tutti i sentori più tipici del Grasparossa tra cui sottobosco e frutti rossi maturi) e Pignoletto Emilia IGT Secco Spumante (ottimo vino da aperitivo, rilascia un gusto ricco di sentori fruttati, ideale se accompagnato a pesce e primi piatti non troppo saporiti).  

Gli studi storici dimostrano che già in epoche lontane (seconda metà del 1200 ed inizio del 1300), nei territori compresi o adiacenti alle Grance senesi (sorta di fattorie fortificate poste a capo di vaste tenute agrarie di proprietà dello Spedale di Santa Maria della Scala, in cui venivano raccolte le derrate alimentari soprattutto cerealicole), la viticoltura era ampiamente diffusa. Nel corso del Quattrocento la coltivazione della vigna assunse sempre maggior importanza. In alcune lettere ricevute da Francesco dei Malavolti monaco di Monte Oliveto si fa riferimento al vino Vermiglio prodotto dal Podere Le Piazze di Chiusure. Nel corso dei secoli la viticoltura ha subito diversi mutamenti ma ha continuando a rappresentare una delle più importanti attività locali.

Nell’Azienda Agricola dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore in Asciano (SI) (www.agricolamonteoliveto.com), la regola benedettina trova la sua espressione in un processo di agricoltura integrata, a basso impatto ambientale, rispettoso delle risorse naturali e della conservazione delle biodiversità. I principi su cui si basano le operazioni colturali consentite sono ispirati al contenimento dell’erosione e al mantenimento della fertilità del terreno attraverso rotazioni delle colture e sovesci, riducendo le fertilizzazioni con prodotti di sintesi e il diserbo chimico. Si coltivano olivi (Frantoio, Leccino e Moraiolo), farro, grano duro e tenero, orzo, avena, favino, cece e alessandrino. Sono presenti anche 40 ettari di tartufaie per la raccolta riservata dei tartufi e si producono birre, distillati, olio, miele e altre specialità. E naturalmente vino (Grance Senesi DOC e IGT Toscana Rosso, Rosso Novello, Rosato, Passito e Vermentino), che qui ha una lunga tradizione. La costruzione in mattoni “faccia a vista” della storica cantina nei sotterranei del monastero risale alla prima metà del 1300. E’ composta da due parti: un tinaio per la vinificazione delle uve e un locale per lo stoccaggio del vino in botti di legno. Lo spazio occupato dal tinaio e dalla cantina, il numero e le dimensioni dei tini e delle botti testimoniano come l’Abbazia sia stata il punto di riferimento e di raccolta non solo delle proprie uve ma anche di quelle prodotte dai contadini della zona. Dalla vendemmia del 2008 la vinificazione è stata trasferita alla Cantina di Bollano, più grande e di più agevole accesso, costruita all’inizio del 1900 sempre in mattoni “faccia a vista”. La cantina ha una superficie di 400 mq; è su un unico piano e in buona parte si trova sotto il livello del terreno. Questo consente il mantenimento di una temperatura interna costante con modeste variazioni rispetto al cambio di temperatura esterna. Tutte le operazioni di vinificazione e lo stoccaggio sono effettuati in botti di acciaio inox a temperatura controllata elettronicamente. Nella parte interamente interrata, più fresca e più umida, sono collocati i tonneaux e le barrique. L’affinamento del vino in botti di legno, se ben dosato, può conferire maggior struttura e durata nel tempo.

LA GIUSTA MISURA: UNA PICCOLA

RICOMPENSA DOPO LA FATICA

 

Secondo la Regola dell’Ordine dei Benedettini “come la verginità, così anche l’astinenza al vino è un dono che proviene dell’alto, perciò non si può imporre un obbligo ma solo proporre come sacrificio meritorio dinanzi a Dio“.

San Benedetto introdusse quindi una vera rivoluzione ammettendo il vino nei frugali pasti dei monaci in tutto l’Occidente, naturalmente nel rispetto della misura e della “discretio“.

Normale misura (intorno ai ¾ di litro che si mesceva secondo usanza all’acqua calda) che era peraltro possibile derogare per “loco necessitatis” in caso di scarsità d’acqua, di frutti o legum, in caso di “labor” per placare l’arsura derivante dalla raccolta delle messi, fienagione e vendemmia, e per “l’ardor aestatis” cioè la calda temperatura estiva.

La quantità di vino concessa ai religiosi comunque variava nelle varie abbazie e secondo la gerarchia. Pare per esempio che nel IX secolo il consumo sarebbe stato di 1132 litri all’anno per monaco, che alla fine del XIV secolo i monaci di Saint-Pierre-de-Bèze ricevevano 1 litro di vino nei giorni di festa e 1/2 litro circa normalmente e che in generale nel XIV secolo ne bevessero da 2 a 4 litri di vino al giorno.

A volte i monaci ricevevano una razione supplementare chiamata ‘vino di carità’  e spesso, nelle serate estivesi nel refettorio per bere in gruppo un sorso di vino.

La Fattoria La Poggerina, sulle colline di Figline Valdarno (FI), è la cantina vitivinicola dei Convento Parrocchia Servi Di Maria, che produce, oltre ad un ottimo olio extravergine, vini rossi e bianchi della IGT Toscana, un Chianti DOCG dal profumo delicato e intenso e sapore armonico e asciutto, e un Vinsanto del Chianti DOC, invecchiato in caratelli di castagno.

Su un alto colle che domina la valle dell’Ombrone, guardando da non molto lontano il Monte Amiata e la Val d’Orcia, vive la Comunità monastica di Siloe Monastero dell’Incarnazione, a Poggi Del Sasso in provincia di Grosseto (www.monasterodisiloe.it). Il Monastero è nato da una donazione all’Ordine dei Benedettini di un podere, “Le Pescine”, così chiamato per la presenza di una sorgente d’acqua. Nel solco della tradizione benedettina, la giornata è scandita da preghiera personale e comunitaria, lavoro per il sostentamento, studio e formazione, ospitalità ed accoglienza. Olio extravergine di oliva, peperoncini di quattordici diverse varietà, farine e cereali (farro, grano duro triticum turanicum, cece nero, lenticchie), pasta artigianale di grani antichi, miele, patè e sughi, zafferano purissimo in stimmi, tisana di foglie d’olivo e la DOC Maremma Toscana ottenuto da Ciliegiolo in purezza (dal colore rosso rubino tendente al granato, odore vinoso e delicato, sapore asciutto e vellutato) sono il frutto di un’agricoltura biologica e attenta al recupero di varietà vegetali antiche ed autoctone. Nella coltivazione delle terre il modello adottato evita lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria. L’avvicendamento colturale contribuisce a garantire la biodiversità animale e vegetale e allo stesso tempo a migliorare la fertilità del terreno perchè colture diverse rilasciano nel terreno sostanze diverse che a loro volta vanno ad arricchire il terreno a continuo beneficio della specie che verrà coltivata successivamente. I campi vengono concimati esclusivamente con materiale organico o attraverso spandimento in campo di letame animale oppure attraverso la tecnica agraria del sovescio (o interramento) che consistente nel seminare erbe mediche, trifoglio o leguminose durante l’autunno, per poi interrarle in primavera. Nel 2012 il Monastero ha ricevuto il premio “ilGolosario” con la motivazione: “Al genio di questa comunità che ha saputo reinterpretare una storia antica come quella dei mestieri del monachesimo benedettino attualizzandoli attraverso la bioarchitettura e la valorizzazione massima dei prodotti del territorio dove sono insediati”.

 

Anche la Comunità Monastica di Camaldoli (www.camaldoli.it) di Arezzo, fondata mille anni fa da San Romualdo, vive nella ricerca di Dio, nella preghiera e nel lavoro e si apre alla condivisione soprattutto attraverso l’ospitalità. Oltre a attività culturali,  un laboratorio cosmetico e un liquorificio, il lavoro contempla la gestione della Cooperativa della Mausolea, ai piedi delle verdi colline che cingono la valle del Casentino. La Grancia (il termine con cui, a volte, nei documenti del 1600, veniva indicata l’attuale azienda agricola) è un edificio tipico della cultura benedettina delle origini e che indica l’organizzazione di persone e bene economici, costituita da edifici rurali per la custodia dei prodotti agricoli e per il lavoro manuale dei monaci stessi (l’etimologia del termine è dal francese granche, “granaio”, che è dal latino granica, derivato da granum, “grano”). Oggi produce cereali biologici per mangimi, orzo e favino e, nelle cantine moderne che hanno sostituito quelle “antiche”, i vini della IGT Toscana Borbotto Rosso (da Sangiovese, Canaiolo, Malvasia nera e Merlot), Borbotto Bianco (da Trebbiano e Malvasia), Borbotto Passito (ottenuto dall’appassimento su stuoie in fruttaio delle uve Canaiolo, Trebbiano e Malvasia bianca), Passito del Camerlengo e  Rosso Arcano. TO BE CONTINUED (di Alessandra Calzecchi Onesti)

VINO E CHIESA, TRA SACRO E PROFANO

ALLA SCOPERTA DELLE ABBAZIE DEL VINO IN ITALIA

IL RECUPERO DELLE VIGNE MONASTICHE

IL VINO DA MESSA

LE ABBAZIE DEL VINO IN EUROPA

 

 

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