Mettere al centro agroecologia e giustizia sociale

08/11/2021

Secondo Slow Food, che ha seguito i lavori della due giorni dedicata alla natura e all’uso del suolo, la Cop26 non ha centrato un approccio corretto sulla produzione agricola: parlare di agricoltura sostenibile senza considerare l’intero sistema alimentare non permette infatti di avere una visione complessiva e veritiera sui problemi. Le proposte emerse sembrerebbero andare in due direzioni diverse presentate come complementari: da un lato la riforestazione e dall’altro le nuove tecnologie in agricoltura.


In realtà a essere riproposto è un vecchio modello, secondo il quale il cibo è considerato come un insieme di merci prodotte su larga scala, con monocolture assistite da tecnologie futuristiche che non faranno altro che far dipendere i contadini sempre di più dalle multinazionali e dai loro brevetti.

Marta Messa, direttore di Slow Food Europa, commenta: «Uno degli eventi di oggi alla Cop26 riguardava la transizione verso un’agricoltura sostenibile e giusta. Per noi di Slow Food una transizione giusta deve basarsi sulla biodiversità, l’agroecologia e la giustizia sociale e non sulle innovazioni tecnologiche proposte dalle grandi multinazionali, lontane dalle innovazioni reali che le comunità locali sviluppano. Il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità dovrebbero essere affrontati insieme, in quanto facce della stessa medaglia collegati dai medesimi problemi».

Shane Holland, Executive Chairman of Slow Food in the UK aggiunge: «La produzione industriale casearia e di carne è responsabile di una ampia parte delle emissioni, eppure importanti gruppi in questi giorni hanno proposto l’allevamento intensivo come la salvezza. Dall’altro lato abbiamo ascoltato anche la testimonianza di chi è convinto della necessità di aumentare la produzione agricola come riserva contro i raccolti scarsi. Questa visione è inaccettabile, specialmente se consideriamo che già oggi il 30% del cibo prodotto per il consumo umano è sprecato, e questo non fa altro che esacerbare la crisi climatica. Sembra che i governi non siano in grado di fuggire dall’influenza delle multinazionali e che siano incapaci di fare scelte davvero sostenibili, che esistono già ma che andrebbero promosse e supportate su larga scala».

 

 

Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, la Cop26 dovrebbe abbracciare la via della transizione verso sistemi alimentari agroecologici, che mantengono il carbonio organico nel terreno, supportano la biodiversità, ricostruiscono la fertilità del suolo e garantiscono una vita dignitosa agli agricoltori e diete sane a tutte le persone. 

«Dalla produzione, distribuzione e consumo di cibo possono venire soluzioni importanti, ma serve un cambiamento di passo che vada a scalfire consolidate abitudini e vecchi interessi. Bisogna spingere perché si finanzino le alternative all’agricoltura industriale, a quella che si fonda su monoculture, pesticidi e fertilizzanti chimici, brevetti e sfruttamento dei suoli. Occorre indirizzare gli sforzi per il consolidamento di un’agricoltura attenta alla biodiversità, alla fertilità dei suoli e al rispetto delle persone e dell’ambiente. Le risposte ci sono: lotta allo spreco, agricoltura di piccola scala, riduzione della produzione e del consumo di carne da allevamenti intensivi, difesa dei suoli e soprattutto diffusione di metodi agroecologici» sottolinea Federico Varazi, vicepresidente di Slow Food Italia commentando i lavori della Cop 26.

 

«L’agroecologia è uno strumento centrale per affrontare le molteplici crisi del sistema produttivo, inclusa quella climatica: è la strada che si deve intraprendere se si vogliono davvero ricostruire le relazioni tra agricoltura e ambiente, tra sistemi alimentari e comunità, e rappresenta un elemento fondamentale se si vuole davvero assicurare a tutte le persone uguale accesso alle risorse economiche e alla proprietà della terra. Se ne parla tanto a tutti i livelli ma poi nel momento in cui si devono prendere decisioni prevalgono le solite logiche che guardano solo agli aspetti quantitativi – più che qualitativi – delle produzioni, senza tener presente la complessità economica, sociale e ambientale legata al sistema agricolo e alimentare. Diventa urgente procedere verso sistemi alimentari agroecologici, che mantengono il carbonio organico nel terreno, supportano la biodiversità, ricostruiscono la fertilità del suolo e garantiscono una vita dignitosa agli agricoltori e diete sane a tutte le presone. Quindi Slow Food chiede che la questione agricola e quelle legate alle produzioni alimentari vengano prese in considerazione nelle decisioni della Cop26 e di tutti gli incontri che hanno come focus la neutralità climatica e la giustizia sociale. Speriamo che da questa Cop26 arrivino incoraggianti soluzioni in questa direzione» conclude Varazi.

 

 

Slow Food e Slow Food in the UK, presenti a Glasgow per seguire i lavori della Cop26, hanno lanciato già nei mesi scorsi la propria Dichiarazione Climatica.

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