La povertà non è abolita, e gli italiani si consolano a tavola

18/12/2018

La povertà non è abolita,
e gli italiani si consolano a tavola

 

di Vincenzo Coli

 

Un po’ ce l’aspettavamo. Per le feste di Natale, dato Confesercenti, gli italiani spenderanno il 7% in meno rispetto all’anno scorso. E’ un indicatore attendibile, quello che in assoluto testimonia meglio di ogni altro lo stato di salute dell’economia italiana. Che non se la passa benissimo. Aumentano le famiglie in povertà assoluta, il Pil ristagna e il promesso reddito di cittadinanza ancora non c’è (e non si è ancora capito a quanto ammonterà e chi e quando lo percepirà). Ci vuole poco per capire che anche quest’anno la miseria non è stata abolita, nonostante gli annunci trionfalistici dal balcone. E poi, se anche la rediviva tessera annonaria fosse già nelle tasche dei cittadini bisognosi, il business natalizio non se ne potrebbe avvantaggiare: quel benedetto aiutino dovrebbe essere speso (condizionale d’obbligo, qui è tutto un dire e contraddire) solo per generi di primissima necessità e ineccepibili dal punto di vista morale. E se è vero che Babbo Natale è il campione del politicamente corretto, i regali che distribuisce ai bambini sono un adorabile surplus, dimostrazione d’amore che si manifesta solo quando il frigorifero è già pieno.

 

Già, il cibo. Resta la buona tavola la forma di consolazione più gradita dagli italiani. Cala leggermente l’acquisto di tecnologia, che è sempre andata alla grande, flette il diagramma dei viaggi all’estero, ma per il cenone non è possibile mostrare il braccino corto, né al supermercato se s’intende festeggiare in casa, né al ristorante se si propende per la bottarella di vita. Le eccellenze agroalimentari italiane stanno sempre al top, mercato interno o estero fa lo stesso. Il nostro spumante – è notizia di questi giorni – ha sorpassato nelle vendite i blasonatissimi omologhi francesi; pasta, vino e pizza trionfano ovunque; i ristoranti tricolori vengono apprezzati dalla Svezia all’Argentina, dalla Cina all’Australia. Moda e cucina rappresentano, da decenni, l’orgoglio del Made in Italy. I governanti – passati, presenti e futuri – dovrebbero aver chiaro che la valorizzazione dei prodotti della terra ha bisogno di cure continue e sostegni economici cospicui: i finanziamenti comunitari sono stati decisivi al raggiungimento e al mantenimento di questo livello altissimo. A parte la bellezza luminosa dell’idea di un’Europa unita, vale la pena mettere a repentaglio la nostra economia seccando le fonti e avvelenando i pozzi, per affermare un orgoglio sovranista che rimanda alle pagine più buie della nostra storia?