E’ nota l’importanza della vite del Caucaso per la storia dell’enologia. In Georgia, infatti, recenti scoperte fissano a 8000 anni fa le prime tracce di vinificazione,con uno spostamento di 600-1000 anni indietro rispetto a precedenti ritrovamenti, in particolare in Iran. Ora, i risultati di una ricerca dell’Università Statale di Milano, pubblicati su Scientific Reports del gruppo Nature, dimostrano che il germoplasma di vite di provenienza georgiana possiede caratteristiche uniche in termini di resistenza alle malattie e in particolare alla malattia più importante della vite, la peronospora.
Le ricerche, finanziate dal Piano di sviluppo della ricerca di Ateneo, coordinate da Silvia Toffolatti e Gabriella De Lorenzis, ricercatrici del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali (DiSAA) dell’Università Statalehanno portato alla scoperta di un raro sistema di difesa nei confronti della peronospora nella varietà di Vitis viniferaMgaloblishvili. La scoperta apre ora la strada alla costituzione di varietà di vite resistenti alla malattia e contemporaneamente adatte a produrre vini di qualità. Esse contribuiranno alla riduzione dell’impiego di prodotti chimici antiperonosporici i quali, ad oggi, rappresentano la fonte principale di inquinamento ambientale del comparto.
“La pubblicazione – spiegano le ricercatrici – deve considerarsi uno dei più importanti risultati ottenuti dalla collaborazione ultradecennale nel campo della tutela e valorizzazione delle risorse genetiche della vite intrapresa in più progetti internazionali, tra i quali la COST action FA1003 (East-West Collaboration for GrapevineDiversity Exploration and Mobilization of Adaptive Traits for Breeding) coordinata dal prof. Osvaldo Failla (DiSAA) tra il 2010 e il 2014.
I risultati ottenuti, inoltre, si inquadrano nell’ambito delle ricerche svolte presso il DiSAA per trovare soluzioni adatte a vincere le sfide della moderna viticoltura (sostenibilità e cambiamento climatico) e che attualmente vertono sulla ricerca di varietà in grado di difendersi da altre fitopatie, in alcuni casi, incurabili”.
Lo studio ha visto la collaborazione di ricercatori del Dipartimento di Bioscienze, degli studiosi della Fondazione Edmund Mach (FEM) di San Michele all’Adige (TN) e di David Maghradze, ricercatore dello ScientificResearch Center of Agriculture e della Faculty of AgriculturalSciences and BiosystemsEngineering della Georgian Technical Universitydi Tbilisi.
Link allo studio: https://www.nature.com/articles/s41598-018-30413-w
CONTATTI: Silvia Laura Toffolatti (02 50316776) e Gabriella De Lorenzis (02 50316557), Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali (DiSAA)