Etichette e packaging da raspi e vinacce

12/12/2018

Troppo spesso finiamo per guardare lontano alla ricerca di persone o progetti che con le loro storie possano essere di esempio e stimolo, senza accorgerci di quello che in realtà sta facendo l’amica (o l’amico) di sempre,  proprio a un passo dal nostro naso. La storia di oggi parla di Ludovica Cantarelli che ha dato vita al progetto Wine matters. Ludovica, Lulu per gli amici, dopo la laurea triennale in Ingegneria dei materiali al Politecnico di Milano, si è laureata lo scorso luglio in Material futures alla Central Saint Martins di Londra.

«Dovevo fare il progetto di tesi del master. In realtà ho sempre voluto lavorare coi tessuti ma poi mi sono detta: perchè non provare qualcosa di diverso?» Nella scelta del ‘qualcosa di diverso’ ha giocato un ruolo fondamentale il fatto che entrambi i suoi genitori abbiano un’azienda vinicola. «Mio papà un giorno mi ha spedito a Londra delle grandi scatole piene di scarti della vinificazione (raspi e vinacce), come le ho aperte mi è arrivato addosso un odore così intenso che mi ha ricordato subito la mia infanzia passata a giocare in cantina tra le botti e che stando all’estero non sentivo da tanto, è stato veramente emozionante.» A questo si è aggiunta un’altra ‘passione’:  «Ho sempre voluto lavorare con materiali di scarto, organici e naturali ed è così che ho iniziato a giocare coi raspi e le vinacce, a sperimentare, a cambiargli forme e dimensioni, a processarli e unirli con altri materiali.»

In questa fase non sapeva ancora cosa ne sarebbe venuto fuori dal suo lavoro ma, racconta, «mi piaceva l’idea di circolarità e così ho pensato di riportare il mio prodotto nel suo settore originario, quello del vino.  Ho constatato che il mercato dei vini biologici è in crescita mentre è assente l’idea di un packaging ecologico e ho sentito il bisogno di dare coerenza a questo prodotto, ma, avendo dei limiti chimici relativamente al tappo e alla bottiglia – che devono essere realizzati con materiali che rispettino determinate normative – ho pensato all’etichetta e alle scatole.»

Le difficoltà non sono mancate, «come quando ho trovato il primo prototipo ammuffito e ho capito che, lavorando con materiali organici, uno dei primi problemi da risolvere era loro durabilità», ma per fortuna sono state compensate dalle soddisfazioni avute dopo l’esposizione finale nella sua università. È stata contattata sia da aziende vinicole che produttrici di packaging, è stata invitata a partecipare al London Design Festival ed ha esposto alla Dutch Design Week. Infine, ma non per importanza, è stata contattata dal Victoria and Albert Museum per esporre i suoi pezzi durante una mostra sul cibo che avrà luogo nel 2019.

La prossima sfida? «Portare una cosa così artigianale fuori dalla mia stanzetta-laboratorio scalando la produzione e meccanizzando il processo.»    (di Aloisia M., www.ilpolopositivo.com – © Credit immagini: Curtesy di Ludovica Cantarelli)

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