Enoregioni italiane: Messapia e Valle D'Itria

08/01/2018

Prosegue la nostra panoramica delle 92 enoregioni italiane.

Nella Regione Puglia  è possibile individuare quattro enoregioni: Tavoliere, Terra di Bari, Messapia e Valle D’Itria, Salento.

 

MESSAPIA E VALLE D’ITRIA

La Valle d’Itria, splendida conca carsica sull’altopiano delle Murge sud orientali,  è  la valle dei trulli, dei muretti a secco, piccoli vigneti, masserie e minuscole chiese rurali. Si snoda tra le province di Bari, Brindisi e Taranto, sconfinando nel Salento e arrivando a toccare le acque joniche attraverso la Messapia, il cui nome sta ad indicare proprio lo spazio “tra i due mari”. Terra di viandanti, ricca di storia, cultura e arte, da sempre votata all’agricoltura grazie anche alla tipica terra rossa, parzialmente argillosa e sabbiosa. Qui il paesaggio rurale è caratterizzato dagli impianti ad alberello e da residui boschi di querceti e leccio misti a vegetazione spontanea mediterranea. Nonostante la notevole piovosità e la buona insolazione estiva, il suolo piuttosto arido e siccitoso può rallentare la maturazione dell’uva, dando vita a prodotti freschi e di gradazione contenuta, come le doc Locorotondo e  Martina Franca, da consumare fin dalla primavera successiva alla vendemmia: le piante di verdeca sfruttano il terreno fresco e profondo del fondovalle della Valle d’Itria, fornendo profumo e sapore, mentre il bianco d’alessano, più rustico, vegeta bene sui crinali poveri di stato coltivabile ma esposti al sole, conferendo stoffa e  corpo. Dimostrano invece una particolare vocazione per le varietà a bacca nera i ripiani a bassa quota delle Murge tarantine, dove prosperano due tra i vitigni più diffusi in tutto il territorio regionale: il primitivo e il negroamaro.

Vini locali. Per anni il Locorotondo è stato utilizzato dai piemontesi nella produzione del Vermout, ma a partire dal 1969, quando ha ottenuto la denominazione di origine controllata, è diventato uno dei più promettenti bianchi di qualità pugliesi, citato anche da Mario Soldati e da Paolo Monelli insieme al Martina Franca. Disponibili entrambi anche nelle tipologie Superiore, Riserva, Spumante, Verdeca, Bianco d’Alessano, Fiano e Passito, si sposano bene con antipasti di crostacei e frutti di mare, minestre asciutte, piatti delicati a base di pesce o carni bianche, pizza, fritture, frittate e latticini freschi. L’odore  ampio, complesso, talvolta con sentore di prugna, e il sapore pieno e armonico che diviene più vellutato con gli anni della doc Primitivo di Manduria (anche Riserva) accompagna pastasciutte al ragù, zuppe corpose, piatti di carne rossa e selvaggina, grigliate e formaggi stagionati a pasta dura. Il colore intenso, con sfumature violacee in gioventù che  con l’età sfumano nel granato, la  ricchezza delle sensazioni olfattive  di frutti a bacca rossa e il gusto secco, di gran corpo e potenza ma nello stesso tempo morbido, caratterizzano il Primitivo di Manduria Dolce Naturale (prima docg della Puglia in ordine temporale), ottenuta da uve di primitivo in purezza lasciate leggermente appassire. E’ un vino da fine pasto, consigliato con formaggi pecorini stagionati dal gusto deciso, mandorle tostate, fichi, castagne e  pasticceria secca.

Piatti e prodotti tipici. Le fave, accompagnate a merenda da pecorino e pane nero, qui danno vita un piatto molto antico e comune a tutto il Mediterraneo: il purè di legumi con le verdure (cicoria, cime di rape, erbe selvatiche, broccoli o lampascioni) ripassate in padella con aglio, olio e peperoncino. Tipiche della zona della Valle d’Itria e della Murgia, dove si possono trovare già pronte nelle macellerie, le bombette al fornello  devono il loro nome all’esplosione di sapori che si sprigiona in bocca: sono, con alcune varianti, involtini di carne di manzo o capocollo (in alcuni casi pancetta) ripieni di carne macinata, tocchetti di caciocavallo e, a piacere, un pezzetto di salume. La tradizione le vuole infilzate allo spiedo e lasciate arrostire con il riverbero del calore nel forno a carbone o a legna. Tra le altre specialità da non mancare: la pampanella (freschissima cagliata, un tempo venduta nella foglia di fico accartocciata), i celebri insaccati di Martina Franca spesso impreziositi dalla presenza del vincotto locale nell’impasto (cervellata, capocollo, soppressata e pancetta), i croccanti e gonfi taralli preparati con olio e sugna, cavatelli e fettuccine ricce, orecchiette e friccidate, riso patate e cozze, maccheroni alla ricotta forte (la ricotta ‘scante  di pecora o di capra portata a una completa acidificazione dentro recipienti di terracotta), involtini di trippa, tielle di melanzane e peperoni, il galletto di Sant’Oronzo (riccamente farcito di interiora, uova, pecorino e  salsiccia e cotto al forno), pettole (polpettine fritte di pasta dolce o salata), le scarcelle pasquali (colombe, cestini, bambolotti e cavallucci impastati con olio, zucchero e farina e decorati con un uovo sodo, simbolo di nuova vita) e le castagnedde natalizie, palline di pasta di mandorle bianche macinate (magari quelle di Toritto, tutelate dal Presidio Slow Food) cotte al forno e rotolate in uno sciroppo di acqua e cacao. (di Alessandra Calzecchi Onesti)

DENOMINAZIONI:

DOCG: Primitivo di Manduria Dolce Naturale

DOC: Aleatico di Puglia, Brindisi, Colline Joniche Tarantine, Lizzano, Gravina, Locorotondo, Martina o Martina Franca, Negroamaro di Terra d’Otranto, Ostuni, Primitivo di Manduria, Terra d’Otranto  

IGT: Murgia, Puglia, Salento, Tarantino, Valle d’Itria