CITTÀ DEL VINO SUL CASO ‘PROSEK’: DIFENDIAMO IL NOME PROSECCO
Sul caso del Prosek croato scoppiato in questi giorni interviene l’Associazione Città del Vino a difesa del Prosecco italiano e dei relativi territori di produzione, perché c’è il rischio che il riconoscimento della menzione tradizionale Prosek crei confusione tra i consumatori internazionali e danni di concorrenza “sleale” per le bollicine italiane. “Il successo del fenomeno del Prosecco, a partire dalle tipologie Docg, è il risultato di anni di lavoro da parte dei produttori veneti e friulani sulla ricerca, sulla qualità e la promozione – premette il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon -. Di recente poi le colline vitate di Conegliano e Valdobbiadene sono state iscritte a Patrimonio Mondiale dell’Umanità e questo è solo un motivo in più per proteggere il termine Prosecco da casi che possono creare confusione nel consumatore, soprattutto straniero, a danno dei nostri territori e delle nostre imprese che con queste bollicine hanno raggiunto risultati importantissimi. Chiediamo dunque un intervento pronto e deciso da parte delle istituzioni per la difesa dell’italianità del Prosecco”.
Anche l’Unione italiana vini (Uiv) ritiene che la strada intrapresa dalla Commissione europea sia sbagliata e sostiene che “il tempo previsto dalla procedura Ue debba essere utilizzato, per opporsi, con ogni sforzo, al riconoscimento della menzione croata Prosek annunciato dalla Commissione europea”. In questi due mesi di tempo, Uiv continuerà a sostenere il Mipaaf e gli organismi di tutela del Prosecco made in Italy “per difendere il prodotto con tutte le argomentazioni giuridiche e politiche di un caso che rischia di rivelarsi un pericoloso precedente, soprattutto per la protezione in alcuni mercati internazionali, dove il nome della denominazione è utilizzato da altri produttori, indebolendo l’immagine del prodotto italiano”. “Il Prosecco – sostiene l’organizzazione italiana delle imprese che rappresenta l’85% dell’export di vino del Belpaese – è un nome geografico e pertanto la protezione dell’Ue si estende contro fenomeni di usurpazione, compresi quelli generati da sinonimi. Infine, l’Unione non può sottovalutare il rischio di confusione per il consumatore: il nome Prosek richiama inevitabilmente, per un “consumatore normalmente informato” (come ricordato dalla Corte di Giustizia), le bollicine del nostro Paese”.
Sono oltre 620 milioni le bottiglie prodotte dalle tre Do del Prosecco; di queste, 370 milioni sono esportate. Complessivamente il mercato dello sparkling tricolore più famoso nel mondo vale 2 miliardi di euro di fatturato annuo di cui un miliardo all’estero (2020), l’equivalente del 16% sul totale export italiano.
“Se la Commissione europea dovesse procedere al riconoscimento della menzione Prosek, si tratterebbe di registrare una posizione incoerente e ai limiti della follia, che andrebbe contro le denominazioni europee, anziché a tutela” afferma in una nota la Confederazione Italiana Agricoltori. “Si tratta di un fatto grave contro il quale combatteremo a difesa dei produttori di Prosecco Italiano – commenta ancora Cia-Agricoltori Italiani – e non capiamo la decisione della Commissione Ue di procedere alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Ue della domanda di registrazione della menzione tradizionale Prosek da parte delle autorità croate. Da quanto abbiamo appreso – continua Cia – la Commissione ha risposto seguendo la procedura, ovviamente l’auspicio è che la stessa non proceda. Dovremmo capire come i soggetti interessati potranno presentare obiezioni e farci eventualmente promotori. L’unico vero prosecco, conclude Cia, è quello prodotto nei nostri territori e ci batteremo su questo fronte”.
Fa sentire la sua voce anche il presidente di Origin Italia Cesare Baldrighi che da tempo chiede un maggior impegno e coordinamento della politica italiana a Bruxelles per difendere i nostri prodotti DOP IGP. “A partire dal recente caso Prosek, è necessaria una politica più attenta ai problemi reali delle filiere, un simbolo del Made in Italy che vale oltre il 25% dell’export agroalimentare italiano. Origin Italia chiede all’Europa una politica che tuteli e che promuova le Indicazioni Geografiche, mentre si assiste ad una diminuzione progressiva delle risorse sulla promozione e alla minaccia Nutriscore, una modalità semplicistica di classificare gli alimenti che va ad avvantaggiare solo le grandi industrie del Nord Europa”.
Il via libera della Commissione UE alla pubblicazione della richiesta croata di riconoscimento della denominazione di un vino Prosek (richiesta considerata “conforme ai requisiti di ammissibilità e validità”) e la notifica da parte della Slovenia di una legge secondo cui qualsiasi aceto di vino con l’aggiunta di mosto concentrato potrà essere venduto come “aceto balsamico” – ha evidenziato Baldrighi – preoccupano il mondo delle Indicazioni Geografiche e sono in profondo contrasto con le ultime prese di posizione assunta dalla Corte di Giustizia a protezione dei prodotti a Indicazione Geografica.
Ma non si tratta degli unici casi del genere, ricorda Origin Italia. Da anni i Consorzi di Tutela devono combattere in tutto il mondo da soli le usurpazioni e le imitazioni, soprattutto quelle del settore lattiero-caseario italiani, come il Parmigiano Reggiano in versione “Parmesan”, il Gorgonzola, il Grana Padano, la Fontina e la Burrata, solo per citare alcuni esempi.