Diamo il benvenuto a Barengo

10/05/2021

L’Associazione dà il benvenuto ad una nuova Città del Vino, il Comune di Barengo, in provincia di Novara (Piemonte). Il nome, di origine longobarda, significa probabilmente "villa" o "vicus" del Barone. L’ipotesi è sorretta dal fatto che, fra gli attuali centri di Barengo e Vaprio d’Agogna, sorgeva un villaggio, ancora documentato negli anni in cui il vescovo Amidano resse la diocesi novarese (1343-1355), detto "guado del Barone", con la rettoria di Santa Maria.

Seguendo quanto scrivono gli storici la storia più antica del paese si sovrappone a quella del suo Castello, struttura simbolo della famiglia feudataria dei Tornielli. Per il periodo più lontano si segnalano i diplomi di Ottone I che indicano come il borgo fosse sottoposto al dominio di Ingone di Bercledo e di Ribaldo di Suno. Successivamente Enrico I confiscò le terre delle due famiglie e le donò al vescovo di Novara e ai canonici della Cattedrale che le affittarono ad alcune importanti famiglie novaresi: i Brusati, i Boniperti, i Tettoni. Nel 1449 venne investito del feudo Giovanni Zanardo Tornielli. Fu questa famiglia che dominò il borgo fino al 1731. Le profonde trasformazioni che si susseguirono incessantemente durante questi due secoli sul piano sociale, economico, politico e territoriale interessarono, senza comunque dar luogo a notevoli episodi caratterizzanti di modernizzazione, anche questo piccolo abitato. Pur trattandosi di un arco temporale piuttosto breve, con le travagliate e dolorose parentesi dei conflitti mondiali e l’incendio doloso che nel 1922 distrusse la sede del municipio, sono andate perdute per sempre tutte le sue più importanti fonti documentarie.

Senza dubbio nell’Ottocento si vide mutare progressivamente l’assetto del territorio di Barengo, la cui vocazione agricola produsse una sostanziale riorganizzazione nel sistema di distribuzione e bonifica delle acque, nella costruzione dei campi e delle vie di trasporto e comunicazione. Nello spazio di questo secolo, in pianura la coltivazione del riso assunse via via una forte rilevanza economica e i grandi proprietari delle terre costruirono e ampliarono cascine come Solarolo, Bischiavino, Quincia, Rinalda per potervi ospitare la manodopera, il bestiame ed i raccolti; in collina si andò invece rapidamente diffondendo la coltura della vite, con la quale, in seguito all’affrancamento degli usi civici, l’estesa e rigogliosa piana collinare denominata "Pianone", venne riorganizzata secondo una regolare frammentazione a scacchiera di strade e appezzamenti. Uno dei più importanti metodi a disposizione per poter determinare i caratteri di sviluppo e l’entità delle trasformazioni urbanistiche di un luogo è quello costituito dal raffronto delle sue storiche carte di rappresentazione territoriale. A partire dalla preziosa mappa Teresiana del 1723 per passare alla mappa Rabbini redatta nella seconda metà dell’Ottocento e concludere con i recenti fogli catastali degli anni Cinquanta, si nota come l’abitato di Barengo sia stato interessato da una lenta e contenuta espansione che ha mantenuto pressoché inalterato il nucleo edificato intorno alla metà dell’Ottocento. Naturalmente anche i dati demografici comunali rifletterono questo andamento: la popolazione fece contare nello stesso periodo i 1400 abitanti, toccando il numero massimo nel primo decennio del Novecento con 1535 residenti, per poi andare incontro ad un calo progressivo. Con gli anni del "boom" economico, il territorio di Barengo continuò ad apparire, così come testimoniato anche da alcune fotografie d’epoca, come un rigoglioso giardino, con i suoi orti, i vigneti collinari, le vaste distese di prati e campi di grano, specchio di quella sapienza contadina che, per secoli, ha saputo utilizzare le risorse della terra senza alterare quegli equilibri naturali e quella memoria dei luoghi oggi troppo spesso dimenticati e che invece si dovrebbero imparare a rispettare. Tra i punti di interesse: le cicogne sul Campanile Parrocchiale, il Monumento ai Caduti, l’Ospedale Bellini (Sec. XVIII), il Castello (Sec. XIV) sulla collina che sovrasta il Centro abitato, la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta (Sec. XIV), l’Oratorio di San Clemente (Sec. XII), l’Oratorio di San Rocco (Sec. XV) in Località Baraggiolo, l’Oratorio di Santa Maria di Campagna (Sec. XIII) e l’ara Romana (c/o cimitero comunale), l’Oratorio Madonna della Neve (Sec. XVII) in Località Pizolo.

Il paese è noto per l’organizzazione di uno spettacolare evento, la “Caccia alla Volpe”, un lungo e impegnativo percorso di campagna a cavallo che in autunno richiama moltissimi spettatori per ammirare uno spettacolo ottocentesco di intrepidi cavalieri in giacca rossa o nera galoppare o trottare su campi e sentieri, fino a sfidarsi nella tradizionale contesa della "presa".

Da non mancare, naturalmente, una degustazione dei vini della Doc Collline Novaresi, i vitigni sono coltivati sulla dorsale morenica alle spalle dell’abitato, e le specialità gastronomiche locali.