Colline

13/09/2019

Colline

di Caterina Cutugno

Da quando mi sono trasferita al nord ho preso molti treni. Aiuta la contemplazione, dà il tempo di riflettere durante gli spostamenti che dal punto A portano al punto B, e soprattutto permette di capire quanto il paesaggio cambi. Nessun mezzo di trasporto te ne dà la possibilità tanto quanto il treno. Guardando fuori dal finestrino mi sono accorta di quanto il paesaggio cambi, riflettendo su come sia stato proprio l’abituarmi ai cambiamenti dei paesaggi che mi ha accompagnata nell’abituarmi ai cambiamenti nella mia vita.

Dalla Sicilia al Piemonte il paesaggio è molto diverso. Le colline, ad esempio, sono una cosa che mi colpisce sempre. Mi colpisce forse perché partendo dall’immaginario infantile composto da tre semicerchi (due colline e il sole che tramonta), le cose viste dal vivo sono molto diverse. Diverse anche dall’immaginario fangoso che Beppe Fenoglio e Cesare Pavese hanno disegnato nella mia testa nel corso dell’adolescenza. Il crinale di una collina può ricordare molte figure: il dorso di un animale (un cavallo, un dinosauro, un gatto che inarca la schiena), un corpo nudo, le onde del mare in alcuni disegni armoniosi. Mentre sono sul treno che da Torino mi porta ad Alba, penso a tutte queste forme: semicerchi, animali, corpi nudi e mareggiate.

La prima volta che metto piede all’Istituto Enologico Umberto I di Alba è ottobre 2018, piena vendemmia. Gli studenti più grandi sono tutti impegnati. Il Professor Bruno Morcaldi, che mi fa da guida, mi spiega che gli studenti seguono la produzione del vino dal primo passaggio (coltivazione e manutenzione delle viti) all’ultimo (imbottigliamento, etichettamento), passando per il laboratorio chimico, per controllare la composizione. Dopo il quinto anno, hanno la possibilità di proseguire gli studi per un altro anno, per prendere la qualifica di enotecnico.

La loro concezione di paesaggio è molto diversa dalla mia. Lo è a livello quasi atavico. Quello che per me è stato sempre e solo un paesaggio, qualcosa che si ha sotto gli occhi, che fa da cornice, che può essere bello o brutto, persino familiare, qualcosa che fa bene agli occhi e all’anima, per loro è invece storia. È una storia che per alcuni di loro ha avuto origine moltissimi anni fa, con antenati che hanno fondato aziende che a loro modo hanno contribuito ai cambiamenti paesaggistici.

Le colline che circondano Alba sono state scenario di alcune delle pagine più belle della letteratura del dopoguerra, raccontate da Beppe Fenoglio attraverso gli occhi dello schivo Johnny o dell’innamorato Milton. Il paesaggio raccontato da Fenoglio è fangoso, freddo, le colline sono terreno di guerra costante fra partigiani e nazisti, nascondiglio e arena. Un paesaggio che da terreno di guerra si trasforma di nuovo in paesaggio del vino, dal dopoguerra in poi, per diventare il paesaggio familiare di questi ragazzi, qualcosa che conoscono bene, di cui hanno studiato il cambiamento e che vedranno cambiare ancora. Niente a che vedere con semicerchi, dinosauri, corpi nudi e mareggiate. O almeno, non ancora.

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