Questo ridente paesino, sorto sulle rovine dell’antica lombardo-massa ha origini albanesi. Nel 1478, il feudatario di Ripacandida assegnò quel luogo dirupo e selvaggio ad una cinquantina di famiglie scuteriane perché vi si trasferissero e vi edificassero le loro case e chiese; sorge su un colle dal dolce pendio, tra distese di oliveti sempre verdi e querceti annosi.
Il nome del paese deriva dalla pianta di ginestra, abbondantissima lungo i pendii del suo territorio.
Come comune libero e indipendente è molto giovane: ha avuto la sua autonomia soltanto nel 1965.
Anteriormente parte di Ripacandida, prima come suo casale e poi come aggregato e dipendente.
Negli usi e tradizioni ancora oggi gli anziani a Ginestra parlano la lingua dei loro avi, retaggio prezioso ed inalienabile che li tiene legati alla loro terra d’origine, ai loro monti e alle valli selvose dove i loro antenati vissero, difendendole palmo a palmo contro gli invasori musulmani.
Mentre però la lingua degli avi e i canti popolari rivivono ancora oggi a Ginestra, come negli altri paesi albanofoni, purtroppo molti sono i riti e le tradizioni ormai scomparsi.
Uno dei motivi fondamentali di questa perdita è sicuramente da ricercare nella sospensione del rito ortodosso da parte dell’allora Vescovo Diodato Scaglia nel lontano1627.
Fu allora che Ginestra abbandonò il rito dei padri e si unì alla chiesa di Roma.
Gli abitanti si chiamano Ginestrini.