Alle spalle del paese, verso le vette prealpine salgono diverse vallette cosparse di “cason”, fienili e stalle, segnali tangibili delle attività a cui, per molto tempo, si sono dedicati i Mianesi: agricoltura, allevamento ed alpeggio. Più in alto, le cime dai nomi antichi e suggestivi: il monte Crep (m. 1346), la Croda Maor, Salvedela (m. 1286), il monte Corno, il Cimone (m. 1438). Da queste vette nelle giornate limpide, si può scorgere, ad occhio nudo, la laguna veneta.
Miane, antico “pagus” romano, deve forse il suo nome ad “Aemilius”, un veterano romano. La Pieve di S. Maria di Miane risalirebbe all’VIII-IX secolo, ancora prima della fondazione del monastero di Follina (sec. XII). Dalla Pieve di Miane dipendevano le cappelle circostanti di Visnà, Vergoman, Combai, Campea, Premaor e Col. Nel basso Medioevo importanti erano i rapporti socioeconomici con l’abbazia di Follina. Dal 1100 Miane fece parte del feudo della Valmareno e ne seguì gli ordinamenti fino alla caduta della Repubblica Veneta, nel 1797; durante la successiva dominazione austriaca dipese da Valdobbiadene.
Ai pesanti tributi in vite umane, stenti e distruzioni delle due guerre mondiali seguirono i duri anni dell’emigrazione a cui dovettero ricorrere molti Mianesi. Un riferimento all’anno 1956 può dare l’idea dell’importanza del fenomeno: su 3735 abitanti, quasi 1000, tra stagionali e permanenti, lavoravano all’estero. Ma con gli anni Sessanta, iniziò il lento ritorno, con la ripresa economica, le tante casa da costruire, l’avvio verso un certo benessere.