Comune di Lamezia Terme

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Intorno alle origini di questa Città, c’è, dunque, tutta una fioritura di leggende, di tradizioni e di congetture più o meno attendibili. Studiosi locali e storici di riguardo, l’hanno fatta sorgere ora a colonia ellenistica, ora a colonia etrusca, ausonia, enotria, se non addirittura a Città fondata nel 33 dell’era cristiana col nome di Lissania.

È certo che, se Nicastro è una Città di fondazione bizantina, è fra queste una delle più antiche della Calabria.

Nel 1638 Nicastro, come altre Città della Calabria, fu distrutta dal terremoto che uccise gli Ottimati, raccolti nella Chiesa di San Francesco, per la celebrazione della vigilia delle Palme. Altri gravi danni ebbe a soffrire la Città nel 1727 e nel 1782, per le alluvioni del torrente Piazza, che fece anche numerose vittime, e per il terremoto del 1873.

Nel 1550, Ferdinando Caracciolo, fondò il monastero dei Padri Cappuccini, sotto il titolo della Madonna dell’Assunta e degli Angeli ed i monaci vi passarono da uno ospizio che tenevano dietro la chiesa della Vetrana o Veterana, la più antica chiesa di Nicastro, come attesta lo stesso nome. Il monastero, non ebbe a soffrire danni dal terremoto del 1638 e ciò fu attribuito a miracolo di Sant’Antonio, la cui immagine si venerava su un altare della chiesa. Crebbe tanto la devozione per questo Santo, ci dice il Muraca, che vi si fece apposita cappella adorna di tredici lampade d’argento e di numerosi altri voti di valore, ed il superiore dei Cappuccini, ottenne dal Vicerè di Napoli, apposito diploma, che dichiarava Cappella Regia quella di Sant’Antonio di Nicastro. Nel 1746, Carlo Borbone, confermò la concessione e dichiarò il Santo, protettore della Città.

Nel 1799, Nicastro aderì al governo repubblicano di Napoli e fece sorgere nella piazza del mercato, l’albero della libertà. Ma, all’annunzio dello sbarco del Cardinale Ruffo, la plebe, che non aveva mai visto di buon occhio i Francesi, abbatté l’albero e malmenò il vescovo ed altri del ceto elevato.

Nel 1806, è ancora la plebe che partecipa all’insurrezione contro i Francesi di Giuseppe Buonaparte e, successivamente di Murat, in favore dei Borboni. Ma nel 1848 è la parte più eletta della cittadinanza che partecipa ai moti insurrezionali contro i Borboni, specie ad opera di Francesco Stocco, che riportò l’unico successo della infelice rivoluzione calabrese, nel fatto d’armi dell’Angitola. E nel 1860, doveva proprio Francesco Stocco, capitanare attraverso la nostra regione, le schiere vittoriose delle Camicie Rosse Calabresi, accorse a liberare il Regno di Napoli dal giogo Borbonico.

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