L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1972 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).
GIRÒ DI CAGLIARI
Disciplinare: DPR 21.07.1972 (G.U. 249 – 22.09.1972)
Regione: Sardegna
Provincia/e: Cagliari, Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Oristano
Enoregione/i: SARDEGNA CENTRALE, COSTA CENTRO OCCIDENTALE, SULCIS E CAMPIDANO, CAGLIARITANO
Città del Vino: Comune di Terralba, Comune di Serdiana, Comune di Selargius, Comune di Samugheo, Comune di San Nicolò d’Arcidano, Comune di Neoneli
Vitigno/i: Girò
Tipologie: Girò di Cagliari, Girò di Cagliari Liquoroso, Girò di Cagliari Riserva
Cenni storici e/o geografici: Il “Girò” secondo il Mameli, apparterebbe al gruppo dei vitigni importati dagli Spagnoli nel periodo della loro dominazione in Sardegna. Il vitigno comunque dovette senza dubbio notevolmente diffondersi nell’Isola dopo il passaggio all’Amministrazione piemontese, a seguito della saggia politica viticola attuata (1736) dal viceré Marchese di Rivarolo, che rese obbligatoria la coltura del vigneto in alcune località persino con la minaccia della confisca delle terre. Conferma tale tesi nel suo “Rifiorimento della Sardegna” Francesco Gemelli, professore all’Università di Sassari, citando nell’anno 1776 il Girò di Cagliari “tra i più prestanti vini della Sardegna”. In Sardegna anche il Girò, agli inizi del secolo scorso, venne colpito dalla fillossera che falcidiò i vigneti sardi, i quali avevano registrato alla fine dell’Ottocento la loro massima espansione, ma si riprese successivamente con l’avvento delle nuove tecniche di coltivazione della vite innestata su piede americano. La zona di produzione, di origini antiche che risalgono al paleozoico, è assai complessa e variegata dal punto di vista geologico, pedologico e degli ecosistemi correlati. La qualità e le caratteristiche organolettiche del vino sono il risultato della coltivazione della vite sui caratteristici terreni della zona di produzione, in cui cresce fiancheggiata dalle essenze spontanee della macchia mediterranea. L’ambiente geografico, nelle sue molteplici diversità, si rispecchia nelle caratteristiche delle diverse tipologie del vino.
Prodotto: PECORINO SARDO (DOP)
Descrizione: Prodotto di lunghissima tradizione storica e culturale diffuso in tutta l’isola, il cui sapore caratteristico deriva dalle essenze di cui si alimentano le pecore di razza Sarda. Risalgono alla fine del Settecento, quando i formaggi erano prodotti con latte crudo o riscaldato tramite l’immersione di pietre arroventate, le prime documentazioni sulle tecniche usate per la produzione degli antenati di questo pecorino: il Rosso fino e l’Affumicato. Preparato con latte intero di pecora, salato a secco o in salamoia, ha una crosta sottile di colore dal giallo paglierino al bruno e pasta bianca o tendente al paglierino compatta ed elastica. La stagionatura va dai venti ai sessanta giorni per il tipo dolce, di breve maturazione; dai quattro ai dodici mesi e oltre per quello maturo, buono anche da grattugiare. Con il progredire del tempo il sapore inizialmente dolce aromatico o leggermente acidulo diventa sempre più pieno e gradevolmente piccante.
Piatto: SEBADAS (O SABADAS O SEADAS)(PAT)
Descrizione: Fra le tante specialità in occasione della Pasqua si preparano sas sebadas, ravioloni dolci solitamente di forma circolare, fatti con una pasta di semola di grano duro, acqua tiepida e strutto. Il loro nome, legato alla lucentezza conferita dal miele, deriva dal termine dialettale seu con cui viene indicato il «sego» e originariamente erano considerati un secondo piatto. Per tradizione venivano preparati in primavera dalle donne della Barbagia per festeggiare il ritorno a casa dei pastori dopo la lunga transumanza invernale. Il ripieno è composto di una crema a base di scorza di arancia finemente tritata, succo di limone, zucchero e Provoletta di latte vaccino sardo (o Peretta) (PAT), formaggio a pasta filata dalla tipica forma a pera, di gusto dolce e assai aromatico, ricavato dal latte intero di mucche alimentate esclusivamente a pascolo e fieno sulle prime pendici del Monte Limbara. In alternativa si fa cuocere a fuoco lento il Pecorino Sardo leggermente inacidito e grattugiato e, quando diventa una massa compatta filante, si aggiunge la buccia di agrume e si versa ancora caldo a cucchiaiate sopra una tavola di legno per ottenere delle forme circolari da lasciare asciugare per qualche ora girandole regolarmente. Questi dischi, dello spessore di mezzo centimetro e il diametro di sei, vanno poi adagiati sulla sfoglia tirata sottile e ritagliata in grossi cerchi. Nella zona di Fonni e Barbagia di Ollolai esiste un’altra variante ancora, che per il ripieno utilizza ricotta addolcita con lo zucchero (sebadas de recottu). Cotte al forno o fritte (meglio se nell’olio d’oliva sardo dal caratteristico aroma di cardo), le sebadas si servono ricoperte di zucchero, miele di arancia o Miele di corbezzolo (PAT), pianta sempreverde che da novembre a febbraio si copre di vellutate palline giallo-rosso e delicate campanelline bianche. Il nettare di questi fiori è molto amato dalle api, che ne trovano in abbondanza solo in Sardegna, dove l’inverno è più mite. Di colore bruno scuro e dal sapore molto aromatico e amaro con sentori di frutta matura, il miele di corbezzolo contiene sostanze utili contro l’asma ed è un ingrediente tipico della pasticceria e cucina sarda, nonché ottimo accompagnamento del pecorino e della ricotta.