Auguri al Colli Lanuvini

12/02/2021

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1971  con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

COLLI LANUVINI

Disciplinare: DPR 08.02.1971 (G.U. 182 – 20.07.1971)

Regione: Lazio

Provincia: Roma

Enoregione: CASTELLI ROMANI

Città del Vino: Comune di Lanuvio, Comune di Genzano di Roma

Tipologie: Bianchi: Colli Lanuvini, Colli Lanuvini superiore, Colli Lanuvini spumante. Rossi: Colli Lanuvini, Colli Lanuvini superiore, Colli Lanuvini riserva

Vitigni: Bianchi: Malvasia bianca di Candia e puntinata fino ad un massimo del 70%, Trebbiano (toscano, verde e giallo) in misura non inferiore al 30%; possono concorrere alla produzione di detto vino anche uve bianche provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Lazio, per non più del 15%. Rossi: Merlot in misura non inferiore al 50%, Montepulciano e Sangiovese in misura non inferiore al 35%; possono concorrere alla produzione di detto vino anche uve a bacca rossa provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Lazio, per non più del 15%.

Cenni storici e/o geografici: La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca dei Romani, che destinavano a vigneto le terre più idonee e perciò preferivano il suolo vulcanico dell’antico vulcano laziale posto a sud di Roma. I vigneti dei Castelli Romani, indicati dai Georgici tra quelli atti a produrre i migliori vini dell’epoca romana, hanno superati indenni i secoli bui del Medioevo e sono giunti fino a noi dopo essere stati ammirati ed immortalati da poeti, scrittori e pittori del Gran Tour. Gli Statuti di Genzano (Statuta Oppidi Cynthiani), emanati il 10 agosto 1565 e quelli di Civita Lavinia (Lanuvio) del 1567, contengono Capitoli che regolamentavano la coltivazione della vite e la produzione del vino. Nella Storia di Genzano con note e documenti (1797) il Ratti riporta che l’Archivio Sforza possiede “un istrumento in pergamena di una vendita di una vigna posta in territorio di Genzano nell’anno 1580” e di un altro nel 1590. Nel corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principe del territorio, fino all’attualità, come testimonia la Sagra dell’uva di Lanuvio giunta quasi alla quarantennale edizione. L’orografia collinare dell’areale di produzione, nel versante occidentale dei Colli Albani, e l’esposizione ad ovest, sudovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità. Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del Colli Lanuvini. In terreni prevalentemente di origine vulcanica, in particolare, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione. Il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni più che sufficienti con piogge estive non elevate ed aridità nei mesi estivi nella parte meno acclive, dà una buona temperatura media annuale; unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, caratterizzata nella fase finale da una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente. Grazie alle loro peculiarità numerosi sono i riconoscimenti che i vini a DOC Colli Lanuvini hanno ricevuto e continuano ad ottenere in ambito locale, nazionale e internazionale, figurando nelle principali guide nazionali.

Abbinamenti: Vino da tutto pasto, ottimo con antipasti, zuppe o primi piatti con sughi di verdura, fritture di pesce, pesce azzurro e di lago gratinato o arrosto, carni bianche alle erbe, ravioli di ricotta, piatti a base di uova e asparagi, carciofi alla romana.

 

Prodotto: CAPRINO STAGIONATO

Descrizione: Formaggio di latte crudo (di una sola mungitura) o refrigerato di capre di razza Alpina o Saanen, prodotto da febbraio a novembre nell’area di Montopoli Sabino. Preparato con fermenti lattici industriali e caglio liquido in dose molto bassa ed eventuale aggiunta di timo oppure origano, viene poi lasciato maturare in cella frigorifera per venti giorni e in seguito fatto stagionare, sempre in cella frigorifera, per un periodo che va dai venti ai sessanta giorni, necessari perché i pezzi si ricoprano di muffa. Il prodotto finito si presenta in forma cilindrica, a piramide o a cuore. La crosta è fiorita, con presenza di muffe naturali tendenzialmente verdi-bluastre su superficie bianca; la pasta è porcellanata, bianca e compatta, ma sempre morbida e cremosa e con gusto asprigno. Una volta secco il formaggio si scheggia, ma al palato si scioglie.

 

Piatto: SBROSCIA

Descrizione: La tradizione vuole che questa ricca zuppa di pesce – uno dei piatti più antichi di Bolsena – venisse preparata dai pescatori con l’acqua del lago. Protagonista assoluto è il Coregone del Lago di Bolsena, pesce bianco d’acqua dolce chiamato anche lavarello. Introdotto in Italia alla fine del XIX secolo dai laghi elvetici e oggi diffuso nei grandi bacini prealpini e in quelli laziali, ha carni molto delicate ed è ottimo anche solo arrostito alla griglia e irrorato a crudo con l’olio extravergine di oliva di Canino. In questa ricetta è accompagnato da anguille, tinche, lucci, persici reali, latterini, gamberi di lago, granchi d’acqua dolce e, se non si temono le spine, scardole. Si cuoce il tutto in una pignatta di terracotta insieme a olio, pomodori, aglio, cipolla, peperoncino, patate ed erbe aromatiche e si serve sopra fette di pane abbrustolito.