Auguri al Colli Albani

14/07/2020

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di  città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche,  vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1970 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

COLLI ALBANI

Disciplinare: approvato con DPR 06.08.1970 (G.U. 280 – 05.11.1970)

Regione: Lazio

Provincia/e: Roma

Enoregione/i: CASTELLI ROMANI

Città del Vino: Comune di Lanuvio

Tipologie: Colli Albani, Colli Albani Novello, Colli Albani Spumante, Colli Albani Superiore

Vitigni: Malvasia bianca di Candia, localmente nota come Malvasia rossa, fino a un massimo del 60%; Trebbiano toscano, Trebbiano giallo e Trebbiano di Soave, da soli o congiuntamente dal 25 al 50%; Malvasia del Lazio, localmente nota come Malvasia puntinata, dal 5% al 45%. Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve delle varietà di vitigni bianchi idonei per la coltivazione per la Regione Lazio, fino a un massimo del 10% del totale, con esclusione delle uve dei vitigni delle varietà Moscato.

Cenni storici e/o geografici: La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, in Provincia di Roma: si estende per circa 7.900 ettari e comprende la parte acclive ed le pendici del versante occidentale dei Colli albani. Dal punto di vista geologico i terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale.  La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca romana che destinavano a vigneto le terre più idonee e perciò preferivano il suolo vulcanico dell’antico vulcano laziale posto a sud di Roma. Le più importanti ville situate nei dintorni di Roma, nell’area dei Colli Albani, corrispondente agli odierni Castelli Romani, possedevano grandi spazi dedicati alla conservazione del vino: molti vini famosi all’epoca dei romani molti provenivano dai Colli Albani. Orazio per celebrare il Natalizio di Mecenate aprì un’anfora di vino Albano vecchio di più di nove anni, quando descrive la cena di Nasidieno vi pone l’Albano ed il Falerno ed altrove loda l’uva Albana appassita al fumo. Dionisio parlando del territorio di Albano riporta “ammirabili per l’amenità, fertilissimi d’ ogni genere di biade, di maniera che non cedevano ad alcun’ altro campo d’Italia, e particolarmente per la bontà del vino soavissìmo, propriamente chiamato Albano superiore a tutti gl’altri, ad eccezione di quello di Falerno.” Con la fine della barbarie lentamente la vita si fece più normale, e anche l’agricoltura ovviamente ricominciò a prosperare. La viticoltura nei Colli albani si diffuse nuovamente, razionalizzandosi, fino a diventare la coltura principale del territorio castellano, grazie anche alla grande richiesta di vino di Roma, sede della corte papale e teatro di un forte aumento della popolazione. Gli Statuta Vniversitatis Castri Gandvlphi, emanati nel 1588 e gli Statuti dell’antica e nobil Terra dell’Ariccia, concessi dal duca Paolo Savelli nel 1610, contengono Capitoli che stabilivano tra l’altro l’epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino. Nel corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo più importante nell’economia agricola del territorio contribuendo in modo significativo allo sviluppo sociale ed economico dell’area. Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a ottenere i vini a DOC Colli Albani sia in ambito locale, nazionale che internazionale.

Abbinamenti: Bene accompagna antipasti di mare, lumache di terra al cartoccio, salumi stagionati, primi piatti con sughi di carne, agnello alla cacciatora, fegatelli di maiale alla griglia, trippe in umido, pollame e coniglio, piatti di pesce azzurro, formaggi freschi.

 

Prodotto: COPPIETTE DI CAVALLO, SUINO E BOVINO (PAT E PRESIDIO SLOW FOOD)

Descrizione: Da sempre cibo della transumanza per eccellenza, grazie alla sua conservabilità, in diverse aree del Lazio (Ciociaria, Monti Ericini, Ariccia, Colli Albani) è ancora oggi abbastanza diffuso questo metodo di lavorazione delle parti magre di cavallo, bue, manzo, maiale e asino. Dopo una marinatura di dodici ore nelle spezie della concia (sale, pepe macinato, peperoncino, semi di finocchio e rosmarino), le striscioline di carne essiccata – larghe un centimetro, spesse due e lunghe dai dieci ai quindici – sono prima sottoposte a una doppia cottura in forno sulla teglia ricoperta da rami di vite poi all’essiccazione in ambiente asciutto, per un periodo che va dalle dodici alle ventiquattro ore. Il Presidio Slow Food tutela le coppiette prodotte nel comune di Marcellina, in provincia di Roma, con la vacca di razza Maremmana (anch’essa Presidio Slow Food), varietà antichissima e pregiata che vive solo allo stato brado in spazi ampi e incontaminati e di cui esistono ancora alcune migliaia di capi tra la Maremma e l’area dei Monti Lucretili, Prenestini, Cornicolani, Tiburtini e Sabini.

 

Piatto: CONIGLIO A BUIONE

Descrizione: Il coniglio, lasciato a bagno per qualche ora con un rametto di rosmarino in acqua fredda acidulata con aceto, viene tagliato a piccoli pezzi e rosolato in un soffritto di olio, aglio e rosmarino. Si uniscono i pomodori pelati tagliati a listerelle e due bicchieri di vino e, quando sono evaporati della metà, si prosegue a fuoco lento, bagnando se necessario con del brodo. Cinque minuti prima di togliere dal fuoco, si spruzza di nuovo con dell’aceto in cui saranno state in infusione le foglie tritate di un rametto di rosmarino. Da servire ben caldo. Nell’Alta Tuscia con questa ricetta si preparano l’agnello e il cinghiale e, a Natale, si fa il baccalà a buione, senza pomodoro ma con l’aggiunta di peperoncino e uva passa.

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