Auguri al Boca

07/03/2019

L’Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di  città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche,  vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1969 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

BOCA

Disciplinare: approvato DOC con Dpr 18.07.69  (G.U. 226 -05.09.69)

Regione: Piemonte 

Provincia/e: Novara

Città del Vino: Boca, Maggiora

Tipologie: Boca, Boca Riserva

Vitigni: Nebbiolo (Spanna) 70-90%, Vespolina e Uva rara (Bonarda novarese) 10-30%.      Può essere accompagnato dalla menzione «vigna» seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale.

Cenni storici e/o geografici: Qui la vite è coltura antichissima, che risale a prima della colonizzazione romana. Già nel 1300 il cronista novarese Pietro Azario lo definì ‘rinomato sin dall’antichità’, mentre si hanno numerose testimonianze, nella storia del novarese, che citano forniture di vino Boca alle armate spagnole che dal Piemonte andavano a occupare la Lombardia. Piacque molto anche a Papa Pio X quando, ancora Patriarca di Venezia, ne assaggiò una bottiglia preso l’omonimo Santuario. La DOC deve le sue peculiarità ai terreni morenici che originano dal monte Rosa e la cui conformazione ha costretto, fin dai primi impianti, all’uso di gradoni orizzontali e di muri a secco. Qui, nonostante le correnti da nord producano potenti escursioni termiche, il riparo naturale del monte Fenera produce inverni miti, primavere temperate, estati e autunni caldi e soleggiati.

Descrizione: Colore  rosso rubino con riflessi granato (Boca) o aranciato (Riserva). Odore  caratteristico, fine ed etereo (Boca) e ampio (Riserva). Sapore  asciutto, sapido, armonico, giustamente tannico (Boca) o piacevolmente tannico (Riserva). Titolo alcol. totale minimo 12% (Boca), 12% (Riserva), 12,5% (Riserva con menzione "vigna"). Invecchiamento minimo 3 anni, di cui almeno 2 in botti di rovere o di castagno. Abbinamenti: da tutto pasto e con salumi, paniscia, ossobuco, bollito misto alla piemontese, carni bianche e rosse alla griglia o in umido, cacciagione, selvaggina, formaggi stagionati o piccanti, gorgonzola, toma, grana padano, raschera, bra.

 

Prodotto RASCHERA

Disciplinare: Reg. CE n. 1107 del 12.06.96 (GUCE L 148 del 21.06.96)

Cenni storici e/o geografici: Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Documenti storici (datati 1460-1520) parlano di concessioni ad allevatori di alta montagna che, per l’uso dei pascoli, dovevano pagare il signore locale "in natura" con "i pregievoli formaggi che ivi si producevano e che avevano sapori esclusivi". Il nome deriva dall’omonimo lago ai piedi del Monte Mongioie. La forma quadrata serviva a rendere più agevole il trasporto a valle, a dorso di mulo, dei formaggi prodotti ad alta quota, all’arrivo di condizioni atmosferiche avverse. Il territorio della provincia di Cuneo, su cui si può produrre la Raschera, è di tipo alluvionale, con terreni freschi e carichi di acqua che danno foraggi di notevole qualità e quantità. La zona di produzione del Raschera di Alpeggio, nel versante sud delle Alpi Marittime, ha invece suoli carsici, prati e boschi pascolivi ricchi di essenze botaniche che trasmettono sapori particolari al latte delle vacche perlopiù di Razza Piemontese.

Descrizione: Formaggio semigrasso, pressato, ottenuto da latte crudo. La cagliata viene sbattuta con un attrezzo caratteristico, una sorta di spino, chiamato "sbattella". Le forme – dai 7 ai 9 kg per le rotonde e fino a 10 kg per le quadrate – stagionano da un minimo di 45 giorni fino ai 3 mesi. La pasta, bianca o bianca avorio, è piuttosto consistente, elastica con piccole occhiature sparse ed irregolari. Il sapore è fine, delicato, tipicamente profumato e moderatamente piccante e sapido se stagionato. Si consuma a tavola anche accompagnato da verdure appena lessate e ripassate in padella, oppure come ingrediente di paste, risotti, gnocchetti e polenta.

 

Piatto POLENTA CONCIA

Cenni storici e/o geografici: Piatto molto nutriente, corposo, che si può trovare in quasi tutte le zone di montagna del Piemonte. Di solito costituisce un piatto unico ma si accompagna bene con contorno di verdura fresca. Una variante prevede che si dispongano strati di polenta e formaggio in una pirofila da passare in forno. La tipicità di questa ricetta, che è originaria della Val d’Aosta dove si prepara con la fontina, è legata anche all’impiego della “otto file”, una antica varietà che prende il nome dalla caratteristica pannocchia con solo otto file longitudinale di chicchi dalla forma arrotondata di colore arancio. È un mais ricco di amido, eccezionale per la polenta ma il fioretto si può utilizzare anche per i dolci.  

Descrizione: Ingredienti  (4 persone): 200 gr di farina di mais (varietà otto file), 150 gr di toma piemontese morbida tagliata a dadini,  burro. Preparazione: Preparate la polenta  in una pentola capiente  versando la farina in 1 litro di acqua in ebollizione  e  mescolando in continuazione. Qualche minuto prima della fine della cottura aggiungete il burro e la toma. Continuate a mescolare fino a quando si fondano e si amalgamino  bene e inizino a filare. Regolate di sale e di pepe. La polenta deve rimanere morbida, per essere servita  caldissima  con il mestolo nelle scodelle individuali, cosparsa di altro burro fuso. Si possono utilizzare anche altri formaggi (taleggio, bitto, gorgonzola, bra tenero, casera) separatamente o abbinati tra loro.

 

BOCA, FARA, GHEMME E SIZZANO: 50ANNI DI DENOMINAZIONI