Alla scoperta di Maschito, paese delle tradizioni arbëreshë e degli spiritelli

30/05/2018

Incastonato nell’area nel Vulture Alto Bradano, caratterizzata da paesaggi inviolati in cui predominano cultura e storia, Maschito (Mashqiti in arbëreshë) (PZ) sorge in territorio collinare, prevalentemente utilizzato per la coltivazione di vite, ulivo e grano. Il paese è sviluppato in una parte centrale e più antica (il centro storico), risalente alla fine del Cinquecento e nella periferia, sviluppatasi nel secondo dopoguerra. Tra gli stretti e attraenti vicoletti si scoprono gli angoli più suggestivi del paese arbëreshë, le tre pregevoli chiese (originariamente erano una quindicina le chiese anche di rito bizantino e con liturgia professata in lingua greca sino al XVII secolo), i palazzi signorili e la fontana Skanderbeq. La Chiesa del Caroseno fu costruita dai greci-albanesi di Corone, rinomata per un pregevolissimo affresco della Madonna del 1558, riportato alla luce nel 1930 durante i lavori di restauro della chiesa, e per due grandi quadri relativi alla Pentecoste e alla Presentazione di Gesù al Tempio entrambi risalenti alla fine del Settecento. La Chiesa del Purgatorio o della Madonna del Rosario, conserva un artistico quadro della Madonna di Costantinopoli tratto dall’omonima cappella, andata in rovina. Della chiesa oggi dedicata alla Vergine del Rosario di Pompei s’ignora la data di costruzione: si ritiene, però, che questa risalga ai primi anni della fondazione di Maschito e possiede le reliquie di Fratello Rosario Adduca, un servo di Dio originario di Maschito. La Chiesa Madre di Sant’Elia, ha un’unica navata, decorata in stucco. Contiene due tele ad olio del Cinquecento, e il quadro della Madonna dei sette veli, ritenuto miracoloso e perciò assai venerato. Edificata nel 1698 ad opera degli albanesi residenti. Da vedere anche le numerose fontane e fontanili esterni situate su slarghi e piazzole, erano considerati luoghi pubblici e di piacevole conversazione. Le abitazioni, infatti, non disponevano di acqua potabile. Per le esigenze di cucina e familiari, le donne andavano a prendere l’acqua nelle fontane servendosi di brocche. Una fontana pubblica era un luogo importante per la soddisfazione delle esigenze delle famiglie. Ed era in uso erigere fontane monumentali ad onore e gloria dei capi delle comunità amministrate. Nel 1879 – come attesta la lapide ricostruita dal Comune – fu eretta, ad opera dei cittadini e con l’aiuto del Comune, la Fontana Skanderbeq. Le altre fontane presenti sul territorio sono: Fontana Carrozz, situata in via Venosa; Fontana Boico, situata in via Venosa; Fontana della Noce, situata nella Contrada della Noce; Fontana Cangad, situata in via Venosa.

Il toponimo

Almeno tre le possibili origini del nome:

·il presunto “Ratto delle donne venosine” da parte dei profughi in gran parte di sesso maschile, immigrati nel secolo XV, dall’Epiro.

·l’attributo di origine latina “masculetum”, come terra di viti maschie, cioè di Aglianico che produce il pregiato vino a denominazione di origine.

·l’omonimia con un paese balcanico che gruppi di immigrati qui stanziatisi avrebbero dato alla terra maschitana.

Un po’ di storia

Maschito fu in epoca romana una fortezza militare, ma dopo un terremoto nel XIV secolo il paese fu abbandonato. Maschito sorse verso il 1467 sotto Ferdinando D’Aragona, quando Giorgio Skanderbeq gli mandò truppe per combattere gli Angioini pretendenti al trono di Napoli. Dopo la presa di Croia da parte dei turchi, si ebbe, tra il 1478 e il 1479, una prima emigrazione di albanesi in Basilicata. Più tardi, nel 1533, quando la conquista dell’Albania fu definitiva, si aggiunsero, ai primitivi albanesi, dei coloni greci-albanesi provenienti da Corone. Col trattato di pace tra Carlo V e il sultano Solimano I, firmato a  Costantinopoli nel 1533, la piazzaforte di Corone veniva consegnata ai turchi a condizione che gli abitanti, disposti a lasciare la città, si imbarcassero su di una flotta e si rifugiassero in Italia. In tal modo i coronei si dispersero in varie località dell’Italia meridionale. A Maschito si conservò, nei primi due secoli, il rito greco-ortodosso ma dopo fu accettato, a causa alle pressioni del vescovo Deodato Scaglia, il rito latino. Nel settembre 1943, una sommossa popolare antifascista dette origine per poche settimane alla Repubblica di Maschito, la prima Repubblica libera italiana emersa dalla Resistenza.

Le tradizioni

Anche se un po’ in declino, l’uso della lingua Arbëreshë domina ancora nel parlato quotidiano, nei detti, nei proverbi e nelle filastrocche, che derivano prevalentemente dalla tradizione rurale a cui era legato il paese.

Numerose sono anche le superstizioni: i contadini credevano nella presenza di spiriti buoni o cattivi, i quali avevano vari poteri, come Scorzamuriiell, lospirito-folletto con in testa un berretto rosso, indispensabile poiché conferiva allo spirito tanta allegria, che si trasformava in lacrime e disperazione, qualora qualcuno glielo portasse via, o le Majare, streghe dispettose che vagavano di notte e si infilavano, misteriosamente, nelle famiglie presso cui c’era un neonato e, una volta lì, lo prelevavano dalla sua culla e lo nascondevano in qualche angolo della casa, di solito sotto il letto o nella madia. Per contrastare questi spiriti esistevano numerosi "scacciaspiriti", tra i quali l’”abitino”, piccolo oggetto di devozione costituito da due quadratini di stoffa, sovrapposti e cuciti insieme, contenenti un’immagine sacra oppure una piccola croce e un pezzo di fettuccina nera, che solitamente si appendeva al collo dei bambini e molte volte veniva portato di nascosto anche dalle persone adulte vicino a un indumento intimo. malocchio. Quest’ultimo, poi, era un fluido magico negativo che scaturiva dallo sguardo cattivo ed invidioso di alcune persone, causando malessere. Il malocchio – che si manifestava con i sintomi ben precisi di un fortissimo mal di testa e mal d’occhi – poteva essere eliminato solo con oggetti magici, formule e preghiere. Le stesse preghiere, on qualche variant, in base al tipo di aiuto richiesto, venivano utilizzate per curare altre comuni malattie: mal di piedi, morbillo, fuoco di Sant’Antonio.

Tanti i buoni motivi per una visita

Fuochi di San Giuseppe: 19 marzo.

Venerdì Santo:rappresentazione della Via Crucis con personaggi viventi.

Retna (Cavalcata degli Angeli):ultimo sabato di aprile, processione dedicata alla Madonna Incoronata; i fedeli allestiscono dei carri sui quali personaggi viventi rappresentano le Sacre immagini di Maria e San Michele.

Festa in onore della Madonna Incoronata:seconda domenica di maggio.

Festa del Corpus Domini:domenica dopo la Festa della Trinità.

Sacro Cuore di Gesù:ultimo venerdì di giugno, la processione si snoda per le strade di Maschito di sabato sera. Per l’occasione le vie sono cosparse di petali di fiori, i balconi addobbati da coperte e ghirlande di luci. In alcuni angoli di strada vengono allestiti altari con personaggi viventi.

Festa in onore di Sant’Elia Profeta:il 20 luglio si celebra la festa piccola, così denominata perché vi è solo la processione.

"La Retnes": 1 e 2 agosto. La manifestazione è una rievocazione in costume Arbëreshë della compagnia d’arme di stradioti del Capitano Lazzaro Mathes. Nel XVI secolo alcuni soldati mercenari albanesi fondarono la comunità di Maschito. I soldati erano di provenienza diversa, dividendosi così in due fazioni: la prima si chiamava Majzor (in dialetto maschitano Majsor) proveniente da Corone (nel Peloponneso, in Grecia), mentre l’altra, i Qëndërnjan (in dialetto maschitano Cndrgnan), proveniente da Scutari (nel nord dell’Albania). Essi convivevano nella stessa comunità, divisi in due zone: nella parte superiore del paese vivevano i Majzor mentre in quella inferiore i Cndrgnan, guidati entrambi dal Capitano Lazzaro Mathes al quale avevano giurato fedeltà.

Festa patronale in onore di Sant’Elia:seconda domenica di agosto, (festa grande), dura 3 giorni. È la festa patronale, caratterizzata, oltre che dalla processione, dalle luminarie e dalle esibizioni di cantanti di musica leggera.

Festa della Madonna dei Sette Veli:15 agosto, processione per le vie del paese.

I sapori

La cura dei vigneti, il rispetto della tradizione nella coltivazione e le peculiarità pedoclimatiche regalano ai vini di Machito caratteri decisi e corposi. Oltre alla pregiata produzione dell’Aglianico del Vulture Superiore Docg e dell’Aglianico del Vulture Doc, meritano un assaggio i fragranti e profumati pane, taralli e biscotti, preparati secondo metodi di lavorazione tramandati da generazioni, e gli originali piatti della cultura albanese come le “tumaz ma druda” (tagliatelle con mollica e noci) della domenica delle Palme, le “laganelle” con latte, zucchero e cannella  del giorno dell’Ascensione, le “rictell cu lu gallucc ripieno” (orecchiette al ragù di gallo con ripieno di frattaglie, mollica di pane e zucchero) della  festa patronale di Santa Elia, i “cauciungiëll cu la ricotta”, il “senapiello” (verdura fritta con sgombro) della vigilia di Natale, i “khmigl” (lumachine con sughetto di pomodoro e origano), i “cuscini” di marmellata e castagne e la crostata di sanguinaccio. 

Info: www.comune.maschito.pz.it

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